A Trasparenze Festival 2021, nel borgo di Gombola, il Teatro dei Venti ha presentato con successo Passione e Polittico della felicità, entrambi con la regia di Stefano Tè. Recensione
Lasciar andare gli occhi, seguire con lo sguardo l’Iscariota che corre in mezzo ai coltivi della campagna, si inerpica un passo dietro l’altro fino in cima alla collina, si vede scomparire poco a poco, un punto bianco nel verde tutto attorno; se ne conosce la sorte, se ne conosce la colpa. Eppure è una sorpresa, poco dopo, l’immagine apicale della figura appesa all’albero più alto, poco più avanti, sulla medesima collina; è una sorpresa perché la storia, anche la più nota, ha bisogno del gesto – o meglio, più in assoluto, del teatro – per farsi ogni volta nuova, estendersi oltre i confini del cono visivo, oltre il limite di quanto si credeva, prima, che ci appartenesse.
È una duplice rinascita che sintetizza al meglio la Passione che il Teatro dei Venti ha condotto nel paese di Gombola, teatro della seconda parte di Trasparenze Festival 2021, con la regia di Stefano Tè e protagonisti – assieme ad alcuni attori tra cui Davide Filippi e Vittorio Continelli – gli abitanti del borgo e dei paesi attorno, anima di questo Appennino modenese che cova nella propria operosità più di una risorsa.
Il primo atto è quello di restituire a una comunità una tradizione storica: la rievocazione della Passione di Cristo che fin da tempi più antichi veniva rappresentata, con forse l’intenzione di auspicare il sacro, affidarsi alle parole e alle azioni come lasciarsi trasportare dall’acqua di torrente; il secondo atto è invece rivitalizzare un territorio disabitato, disanimato dallo spopolamento e dalla recente pandemia, condensando tramite il gesto artistico la funzione sociale in una avventura conoscitiva. Perché questo avvenga, Teatro dei Venti persegue il progetto necessario di creare una comunità di Abitanti Utopici, formata da chi abbia nel cuore il senso della cura per la relazione, la trasmissione, l’appartenenza, l’ascolto. E, da osservatori che attraversano le pratiche artistiche nel luogo dell’utopia – il teatro – ci pregiamo di esserne parte.
La forza di immagini sontuose, magniloquenti, che scavano ricchezza espressiva nel silenzio, impone sugli uomini in ascolto l’altezza di sentimenti evangelici e ridefinisce per ognuno i concetti di dignità e di depravazione, di colpa e di perdono, aggiungendo al mistero del sacro il mistero della rappresentazione. Perché questo avvenga, la muta – immutata – maestosità del paesaggio si staglia come un fondale prescritto; gli alberi della campagna, il tramonto alle spalle della collina, le pietre degli edifici, il campanile che suona un tocco minaccioso durante il pestaggio, l’acqua che scorre sull’erta del Calvario e purifica il cammino verso il sacrificio, tutto esplicita il borgo come un perfetto contesto non decorativo ma intimamente coinvolto nella vicenda del Cristo, nelle sue parole che il vento trascina tra l’erba falciata e le fronde, nel suo dolore sanguinante che si intride tra gli interstizi del legno scheggiato, la sua croce.
n ideale continuità il Teatro dei Venti ha presentato nella Chiesa di Gombola anche Polittico della felicità, sempre con la regia di Stefano Tè ma con il testo di Azzurra D’Agostino e la musica originale, suonata in scena, di Andrea Biagioli. Si tratta di un’opera immaginata “a cerniera”, divisa in scomparti legati assieme proprio come il polittico dell’arte pittorica, che identifica nell’epoca dello smarrimento le quattro virtù cardinali – Prudenza, Fortezza, Giustizia, Temperanza – in grado di illuminare la tortuosa strada per la felicità.
Nella suggestiva chiesa del borgo, l’immagine si carica di senso ed esibisce controllo ed equilibrio tali da rendere sempre più evidente il talento visivo di Stefano Tè; la coordinazione con i versi poetici di Azzurra D’Agostino, se inizialmente pone dubbi di estroflessione o sovrabbondanza, trova invece una misura stilistica proprio nella duplice formulazione lirica, grazie soprattutto alla cellula ideata da Biagioli che con il piano cuce un tessuto leggero ma consistente, capace di chiudersi attorno ai quadri e farli contemporaneamente dialogare.
Le quattro virtù – interiorizzate da quattro attori: Oxana Casolari, Francesca Figini, Davide Filippi, Antonio Santangelo – si articolano attraverso immagini suggestive che affondano concettualmente nel sacro e nell’antichità, declinate attraverso un delicato gioco di opposizioni: è un uomo oracolare, quindi affacciato verso il futuro, che apre il primo dei quadri, la Prudenza (Santangelo); Fortezza (Figini) è una donna con l’armatura che si domanda quale sia il confine tra la paura e il coraggio; Giustizia (Casolari) comprime la libertà in una partitura gestuale invece fissa, corpo di donna imprigionato nella caotica essenza del giudizio; Temperanza (Filippi) è una figura angelica che giace a terra, caduta da un cielo che non la possiede, che sgretola la linea di confine tra umano e sovrumano, ne svelle il segno in un calice di vino che torna costantemente all’anfora in cui era contenuto, ma ogni volta qualche goccia cade a terra, ai piedi così sanguinanti di un angelo che, in Terra, cerca di nuovo il cielo.
Simone Nebbia
PASSIONE
Con le cittadine e i cittadine di Gombola e Polinago e gli attori del Teatro dei Venti.
Drammaturgia di Vittorio Continelli e Stefano Tè.
Regia Stefano Tè.
Produzione Teatro dei Venti con il sostegno della Regione Emilia-Romagna.
Il percorso di prove è realizzato con il sostegno dalla Fondazione di Modena all’interno del progetto “Abitare Utopie”.
POLITTICO DELLA FELICITÀ
con Oxana Casolari, Francesca Figini, Davide Filippi, Antonio Santangelo
Testi Azzurra D’Agostino
Musica dal vivo Andrea Biagioli
Regia Stefano Tè
Teatro dei Venti
Sfoglia la fotogallery. Foto di Davide Mari