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Ricucire. Infinito presente ai Teatri della Cupa

Al festival I Teatri della Cupa nella Puglia salentina, giunto alla VII edizione, la parola chiave è “ricucire”: legami interrotti, vita strappata che solo l’arte può riavvicinare. Qui alcuni degli spettacoli visti e qualche spunto di riflessione.

Ph. Eliana Manca

Ricucire. Modo infinito. Tempo presente. Di un verbo è importante il significato, ma anche la forma che lo conduce alla comprensione. Se il modo è infinito, vuol dire che quel significato non si esaurisce ma si estende; se il tempo è presente, vuol dire che si esplicita proprio qui e ora, quando serve, quando la sua eco deve farsi più forte e chiara. Ricucire perché qualcosa si è strappato e tocca all’arte trovare il modo di rimettere insieme i lembi, condensare i pensieri, raffinare i materiali perché le estremità – ciò che si è sciolto – torni a essere unito. Lo hanno compreso a fondo a I Teatri della Cupa, festival salentino tra i paesi di Campi Salentina, Novoli e Trepuzzi ideato da Factory Compagnia Transadriatica e Principio Attivo Teatro, identificando nel legame, nella coesistenza dei corpi in uno stesso luogo quella missione assolta dal teatro di convocare a un nuovo, atteso incontro.

Ph. Stelvio Attanasi

Come un’invasione, il teatro si è espanso tra le vie e le piazze principali dei tre paesi, confluendo nel Teatro Comunale di Novoli come luogo di appartenenza elettivo; non a caso dunque un teatro classico all’italiana mentre tutti gli altri spettacoli erano in luoghi non convenzionali, abitati solo quella sera, per apparizione del teatro dove passano le persone, il potenziale pubblico, chi cioè dovrà comprendere la portata di quella invasione. E sembra questo il tema di riflessione più ampio che il festival dovrà analizzare: la volontà di mettere in relazione, “ricucire”, come suggerisce appunto il titolo di questa edizione, necessita di un filo doppio, ancor più spesso della matassa da cui sono state dipanate le varie trame, perché non si sciolgano i nodi e restino, non asole, ma solchi ben evidenti nel tessuto.

Ph. Eliana Manca

Il fascino dell’immagine, della parola, delle storie, della relazione, passa da uno spettacolo all’altro con una fluidità che solo un festival sa produrre, un’onda che si allarga e si restringe, ma che fa parte dello stesso mare. Resta negli occhi Un peep show per Cenerentola, pensato dal Teatro La Ribalta di Torino; la regia di Antonio Viganò, con il testo di Paola Guerra, coinvolge in una scatola circolare dei desideri, attrae dietro al vetro verso corpi difformi, non conformi, sfidando la riconoscibilità di una perfezione inarrivabile per alcuno, facendo affiorare con delicatezza e con violenza sibillina quella macchia di omologazione che la storia di Cenerentola si porta sul vestito da ballo. Gli occhi seguono i corpi, creano una relazione morbosa e lontana, sotterranea si avverte la ripulsa del gesto meschino, l’autoistigazione al dominio subito ricacciata indietro in un agio conformista. Ma noi chi siamo? Principi o voyeurs? Nel magnetismo che si installa tra la postazione osservante solitaria e la galleria offerta dall’immagine coreografica (guidata da Michela Lucenti), sta buona parte del divario tra onestà e corruzione dello sguardo, retaggio che asseconda una versione della storia in cui giustificato è il senso del possesso, il connivente delirio di subordinare l’etica non all’estetica, ma all’ossessione.

Ph. Stelvio Attanasi

Nel giardino alberato di Trepuzzi, Michele Losi (Pleiadi e Campsirago Residenza) coinvolge piccoli e grandi bambini nel boschetto degli Alberi maestri kids; si tratta di una performance itinerante, pensata per accompagnare un viaggio nei segreti della natura e farsi complici della trasformazione, lenta e inesorabile, degli elementi della Terra. Losi – anche drammaturgo assieme a Sofia Bolognini – in un giardino probabilmente poco conforme al luogo originale in cui è stata ideata la performance, così che se ne nota l’incongruenza spaziale, conduce come un Virgilio sussurrante, per non disturbare ciò che si compie sotto e attorno a noi; è una fiaba coinvolta – solo alcune tra le immagini sono d’uso più convenzionale – che prende vita attraverso il camminamento e la stimolazione bi-neurale dei suoni in cuffia, un mistero che si rivela immergendosi nelle parole della creazione e uscendone con la speranza di una maggiore consapevolezza, una volta consegnati i semi di ciò che crescerà soltanto con il nostro impegno e la nostra protezione.

Ph. Eliana Manca

Sono invece due le regie firmate da Tonio De Nitto, entrambe in scena nel Teatro Comunale di Novoli: Paloma – ballata controtempo e Il fantasma di Canterville, liberamente ispirato all’omonimo racconto di Oscar Wilde. Quest’ultimo, il cui testo e l’interpretazione sono di Angela De Gaetano, è immaginato in una atmosfera noir elettrizzata dalla minaccia – vera o presunta? – di un fantasma nella casa appena acquistata da una famiglia americana che, si dia per assodato secondo costume, crede a tal punto nello sviluppo progressivo e tecnico dell’evoluzione umana da non badare a questi antiquati pregiudizi. È un horror di nero e luce fioca che all’inquietudine spesso fa seguire una componente comica, in bilico tra caratterizzazione bizzarra e macchiettismo un po’ di maniera; Angela De Gaetano è abile nel portare su di sé tutti gli elementi scenici ed extrascenici – tra cui le luci sinistre di Davide Arsenio e le musiche insinuanti di Paolo Coletta – perché i suoi personaggi possano esplodere tutti i loro vizi e – solo una, Virginia, dolce e coraggiosa di fronte al fantasma che soffre da vivente – le virtù. La regia di De Nitto, pur concedendo talvolta il fianco ad immagini stereotipate, gioca di continuo tra il brivido e l’humor, esprimendo ognuna delle possibilità per convogliare le sensazioni tra sorprese continue e suggestivi pericoli di apparizioni spettrali: un rumore di catene chiassose, una macchia di sangue che sempre riappare, nulla che un buon prodotto ben pubblicizzato non sappia risolvere.

Ph. Eliana Manca

L’atmosfera di Paloma non è meno caratterizzata, ma decisamente di altra ambientazione: siamo – nell’idea dell’autrice e attrice Michela Marrazzi – in una dimensione che tiene insieme sogno e realtà, la cristallina purezza della memoria e la desolata deriva del presente; Paloma è una donna anziana, Paloma è una bambola: Paloma è il tempo differente di entrambe, la donna è stata bambola, ma le bambole non invecchiano. La suggestione qui discende da una forte aderenza all’immaginario della musica del centro e sud America, precisamente tra le note dolorose cantate da Chavela Vargas, calibrate dalla voce dell’attrice sulla melodia soffusa della fisarmonica, suonata dal vivo, di Rocco Nigro. La marionetta di gommapiuma che le vive di fianco, ma forse meglio è dire “dentro” – agita con cura da Michela Marrazzi che porta a fondo la propria suggestione –, dispiega dalla valigia di ricordi e fotografie dimenticate le piccole cose da cui separarsi: quel disegno di bambina con il volto di una mamma sorridente, le piume nel vecchio baule, bianche come ora i suoi capelli, come la nuvola che copre il suo cielo; le feritoie della memoria scoprono una Paloma vestita di stracci e vezzi bambineschi, dal gioco al sonno la sua infanzia si rivela in un corpo segnato dal tempo, forse incongruente, forse invece – controtempo, è la ballata del titolo – è quel delicato sgambetto dell’età, di farsi breve quando è più lunga. Emozionante e poetico, il respiro di Paloma si fa via via pesante, il cuore dello spettatore misura i battiti del suo, finché scompare, nel buio, lasciando incancellabile ombra di sé stessa sul tempo successivo, perché le storie, ci dirà, fanno vivere in eterno, se c’è qualcuno che continua a raccontare.

Simone Nebbia

UN PEEP SHOW PER CENERENTOLA
di/Von Paola Guerra e Antonio Viganò
Regia/Regie: Antonio Viganò
Scrittura coreografica/Choreografie: Michela Lucenti
Scene/Buehnenbild: Roberto Banci
Costumi/Kostüme: Elena Beccaro
Attori e danzatori: Jason De Majo, Paolo Grossi, Maria Magdolna Johannes, Mirenia Lonardi, Stefania Mazzilli Muratori, Sara Menestrina, Michael Untertrifaller, Rocco Ventura

ALBERI MAESTRI KIDS
soggetto e regia Michele Losi
drammaturgia Sofia Bolognini e Michele Losi
soundscape e musiche Luca Maria Baldini e Diego Dioguardi
costumi Stefania Coretti
sculture in scena Elena Brambilla e David Zuazola
supervisione alle azioni Anna Fascendini
supervisione al testo Claudia Saracchi
il main theme musicale è di Michele Losi
in scena Anna Fascendini, Sofia Bolognini, Michele Losi, Arianna Losi, Noemi Bresciani produzione Pleiadi, Campsirago Residenza

IL FANTASMA DI CANTERVILLE
liberamente ispirato all’omonimo racconto di Oscar Wilde
di e con Angela De Gaetano
regia di Tonio De Nitto
Musiche originali Paolo Coletta
VoiceOver Roberto Latini
Scene Porziana Catalano
Assistente scenografa Silvia Giancane
Luci Davide Arsenio
Costumi Lapi Lou
Collaborazione al movimento Annamaria De Filippi
Produzione Factory compagnia transadriatica

PALOMA, BALLATA CONTROTEMPO
di e con Michela Marrazzi
musica Mattia Manco/Rocco Nigro
drammaturgia e regia Tonio De Nitto
cura dell’animazione Nadia Milani
puppet Michela Marrazzi
elementi di scena Simone Tafuro
costumi Lilian Indraccolo

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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