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Tiresias. La vita è un super potere, tra un sesso e l’altro

Tiresias diretto da Giorgina Pi, con Gabriele Portoghese, visto a Epica Festival. Sarebbe dovuto andare in scena al Teatro India di Roma, è stato annullato a causa dello sciopero. Recensione

Due volte ho dovuto incontrare Tiresias, due volte ho dovuto scontrarmi con quell’adolescente che, cuffie in testa, cerca di resistere agli sguardi e ai sorrisetti dei coetanei, prima che il corpo gli esploda trasformandosi più volte: la vita è lunga e il maschile e il femminile si alternano in quel corpo come terremoti trasformativi. Ho incontrato la scrittura di Kae Tempest prima nel giardino dell’Angelo Mai, la scorsa estate, in quella finestra in cui sembrava possibile un ritorno alla normalità, in realtà ancora non sapevamo che da lì a poco la pandemia ci avrebbe lasciati lontani dai teatri e dagli spettacoli dal vivo per altri sei mesi. Poi ho ritrovato quasi un anno dopo lo spettacolo diretto da Giorgina Pi, con la traduzione di Riccardo Duranti a Epica Festival, tra gli alberi di Villa Salina, a Castel Maggiore, in uno dei luoghi scelti da Elena Di Gioia per comporre un nuovo festival che vede il proprio tratto caratteristico proprio nell’attraversamento dei luoghi, piccoli comuni a qualche decina di minuti da Bologna che per qualche giorno sono stati collegati da racconti e pensieri, sopra e sotto al palco. Un festival che si è caratterizzato anche per il tentativo di riflettere su ciò che hanno rappresentato i mesi passati; una serie di incontri tra critici, artisti e studiosi ha infatti animato le mattine.

ph Paolo Cortesi

Giorgina Pi quando si innamora di un’autrice o di un autore lo fa in maniera totalizzante dal punto di vista produttivo, scavando nell’opera e nelle mappe che emergono, nei riverberi. Di Tempest è stata la prima a mettere in scena qualcosa in Italia: Wasted, un testo per certi versi generazionale centrato sull’amicizia, tema tipico di certa drammaturgia anglosassone che poi però cortocircuitava attraverso il lirismo del giovane poeta.

In Tiresias è proprio Tempest della “spoken word” ad esplodere: è un poemetto dedicato alla vita di un essere umano che si ritrova in dono la possibilità di essere alternativamente uomo o donna, vivendo così anni in un genere biologico o nell’altro. Perché è questo ogni volta che accade: una sorta di mutazione, come fosse una forza sovrumana che da dentro cambia a partire da un’esplosione cosmica nel basso ventre.

«[…]
Il suo corpo risponde a qualcosa che lo trascende.
Dove prima c’erano cavità nascono gonfiori.
Una contrazione di muscoli, i fianchi
si aprono, le ossa ruggiscono,
sotto, la sua adolescenza si ritira, sprofonda all’interno.
Non pensa a niente.
Sente scorrere nuovo sangue.
Strusciando le caviglie per terra
la sua forma si agita
il corpo si riversa in pozze.
Scosso da spasmi.
Risulterà più della somma delle sue parti. […]»

Ecco allora che questo cambiamento ogni volta che arriva, e accade più volte con tutta la sua magnifica teatralità, porta con sé sconvolgimento e dolore ma porta anche una sorta di superpotere. Il Tiresia di Tempest potrebbe trovare spazio in una nuova mitologia, in quanto ha potuto attraversare la sessualità nella sua estensione. Il superpotere è quello del piacere assoluto: Zeus e Era litigano tra fulmini e saette, la disputa (qui l’efficace riscrittura sul mito sferza la società contemporanea con uno sguardo ironico) riguarda la capacità di provare piacere. Zeus finirà per accecare Tiresias, quando questi rivelerà l’attitudine femminile nel provare un maggior godimento, per poi donargli i poteri da veggente.

«Mentre ci costruiamo online
e fissiamo i nostri telefonini
tu resti luminoso e terrificante,
in fiato e carne e ossa.
Tiresia – insegni a noi tutti
cosa significa restare sé stessi.»

foto Paolo Cortesi

Ora, è facile ritrovare nel poemetto di Tempest un evidente riferimento autobiografico, però l’efficacia in realtà si misura proprio nell’esperienza finzionale che attraverso il paradigma mitologico tenta di metterci di fronte a una realtà evidente: esiste un’umanità al di là dei sessi e allo stesso tempo, nel bel mezzo dei percorsi, tra un sesso e l’altro, esiste la vita. In tutto il suo splendore, in tutta la sua incoerenza e disperazione.

Giorgina Pi nelle parole del poeta non binary londinese ha scavato un solco nel quale entrare e trovare un proprio spazio di movimento e ricerca. A Epica, nella placida ambientazione nel Giardino degli anziani di Pieve di Cento, la regista ha disegnato una piccola mappa di Tiresias in cui dallo spettacolo si dispiegavano altri satelliti, una versione filmica, Hold your own /Tiresias, B side e un percorso di ascolto, Nata vicino ai fantasmi. Nata tempesta.

Sul palco c’è uno dei migliori attori tra i trenta e i quaranta per pastosità vocale, presenza scenica e naturalezza: Gabriele Portoghese colpisce per assenza di artificiosità nonostante una tecnica sopraffina percepibile. Il suo è un dire nobile, arricchito da certe consonanti arrotate e un timbro inconfondibile: come ultimamente gli capita di fare (si veda pure il Pasolini di Fabio Condemi) si carica lo spettacolo sulle spalle. Il microfono è il suo compagno, al quale a un certo punto si aggiunge una chitarra elettrica. Portoghese la imbraccia e suona dal vivo tirando fuori anche una voce da rocker (prima di cominciare con qualche anno di ritardo la Silvio D’Amico, suonava in una band). Qui è protagonista, narratore e in qualche modo primo spettatore di uno spettacolo che probabilmente andrebbe visto almeno un paio di volte per apprezzare appieno la scrittura lirica e debordante di Tempest filtrata attraverso lo sguardo di Giorgina Pi e della sua vocazione musicale. È in fin dei conti un concerto, non solo per l’utilizzo del microfono da parte di Portoghese o per l’assolo di chitarra, ma anche per la composizione di un immaginario sonoro che trova tra l’altro evidenza in una scelta artigianale: l’incisione dei vinili da parte della compagnia. Wu Tang, Wagner, Nena Venetsanou, Bob Dylan, Led Zeppelin, fin proprio alla voce precisa e quasi geometrica di Kae Tempest.

Tiresias sarebbe dovuto andare in scena di nuovo anche a Roma e questo pezzo sarebbe dovuto uscire qualche giorno fa, in concomitanza delle due repliche al Teatro India; naturalmente non ci sono state, come altri spettacoli annullati o festival che cercano ricollocazioni a causa dello sciopero del sindacato Libersind (che dura da quasi un mese). Verrebbe da pensare che Tiresias è stato accecato un’altra volta, come al solito si asciugherà il sangue dalle pupille per vederci meglio di prima. E noi? Saremo in grado di resistere alla cecità e al silenzio di questa città immobile?

Andrea Pocosgnich

4 Giugno 2021, Epica Festival, Villa Salina Malpighi, Castel maggiore (Bo)

Tiresias
Bluemotion/Giorgina Pi

un progetto di BLUEMOTION
da Hold your own/Resta te stessa di Kae Tempest
traduzione di Riccardo Duranti
regia Giorgina Pi
con Gabriele Portoghese
una produzione Angelo Mai/Bluemotion

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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