Recensione. Sun & Sea, l’opera-performance vincitrice della Biennale Arte di Venezia del 2019, è andata in scena al Teatro Argentina di Roma.
Di fronte alla visione della platea del teatro Argentina di Roma inondata di sabbia si resta perlopiù a bocca aperta, raggiunti immediatamente da una luce calda e da un’immagine quantomeno insolita all’interno di un teatro tradizionale quale è la storica scena romana di largo Argentina. Nonostante l’assenza di vero sole e sciabordante acqua salata, l’opera-performance Sun & Sea di Rugilė Barzdžiukaitė, Vaiva Grainytė e Lina Lapelytė ci immerge, con tutti i sensi, in un qui e ora che ricrea in vitro il madido bagliore dell’estate. È una preziosa occasione, dunque, quella di poter assistere a questa opera a Roma, dopo la vittoria come Migliore Partecipazione Nazionale e il Leone d’Oro a La Biennale Arte di Venezia del 2019.
All’arrivo del pubblico disposto nei palchetti che sovrastano lo spazio circolare della platea, i performer, già presenti sulla scena-arenile, indossano costumi da bagno e “abitano” la loro speciale spiaggia con risoluta calma e serenità, offrendo agli spettatori e alle spettatrici una condizione emotiva omogenea e, probabilmente, condivisa. I loro corpi esprimono, sottolineata dalla visione dall’alto, una consapevolezza nonchalante dell’essere guardati che restituisce all’ambiente circostante una pacifica serenità.
Ognuno può dunque sentirsi al proprio posto, in Sun & Sea, nella coscienza della performance come momento non solo di presentazione di un concetto che si fa azione e movimento, ma anche di condivisione performativa, spaziale ed emotiva tra due gruppi distinti – osservatori e osservati – i cui confini sembrano essere, durante tutta la durata dello spettacolo, sempre sul punto di venire meno. Canonicamente posizionati su sdraio e teli mare colorati, e poco importa se adulti o bambini, i performer-bagnanti sono dotati del classico nécessaire dell’intrattenimento da spiaggia: qua e là compaiono racchette da badminton, carte da gioco, libri, qualcosa con cui spezzare la fame e vari altri oggetti che richiamano o attivano azioni che rientrano nell’immaginario comune del tempo spensierato e ozioso trascorso al mare.
Spazio d’interni e luogo dell’interiorità per eccellenza, attraverso il canto il teatro viene qui interamente orientato, o per essere forse più precisi “interessato” al e dal fuori, un esterno-mondo che si infiltra progressivamente nell’edificio teatrale e, proprio qui, trova il modo di far ascoltare la propria voce. Una voce che, di questi tempi, altro non può essere che un lamento, un canto dolente e angosciato. I bellissimi canti del libretto di Sun & Sea a cura di Vaiva Grainytė e composti da Lina Lapelytė, disponibili in traduzione dal lituano per il pubblico italiano, si levano dalla comunità sulla spiaggia come un piacevole ascolto che copre una gamma di narrazioni: si va dal “micro” delle esistenze private al “macro” del pianeta ferito. E possono pure suonare allegri, i canti dei performer che si susseguono via via, ma il loro contenuto è soprattutto mortifero; un canto del cigno terrestre ed umano che mappa i diversi modi attraverso cui la presenza delle persone è ormai tossica per la Terra.
La chiave di volta dell’opera-performance sembra giocarsi sul contrasto tra una fruizione che, nonostante l’originalità della spiaggia allestita dentro il teatro, rimane tradizionale e l’assenza di un piano di pura rappresentazione. Il fatto che l’opera-performance non sia nata per spazi convenzionalmente teatrali passa in secondo piano, pur essendo un dato di fatto. La continuità che quella umanissima malattia terrestre cantata dai performer intesse con il mondo esterno è, di fatto, la realtà stessa dello spettatore, ovvero il mondo che il pubblico porta con sé e che, attraverso la propria presenza, rappresenta. In un certo senso, anche la temporalità circolare senza inizio né fine di Sun & Sea spiega l’assenza di rotture tra il racconto veicolato dai canti e la narrazione visiva che si compone negli occhi di chi partecipa e osserva. Si determina così una diretta correlazione tra opera e pubblico, un’orizzontalità dell’opera-performance che è perpendicolare allo sguardo dall’alto del pubblico, che osserva dai palchi ciò che accade in basso. E quando arriva il momento di andare, su invito di una maschera che un palco dopo l’altro annuncia le disposizioni d’uscita, lo sguardo si ritrae verso il fuori e non sente di uscire davvero da quel canto.
Al contrario, il mondo fuori è una sorta di botola nella quale si ricade, forse un po’ più consapevoli, dopo un’esperienza che arriva al cuore come un sogno lucido. In questa geografia di linee di sguardi e di posture, tra piani orizzontali e verticali di visione e movimento, le sottolineature dei testi emergono con forza ancora maggiore e acquisiscono l’autorevolezza necessaria per parlare di tutti e tutte, di noi.
E come canta la cantautrice Cristina Donà in Distratti, traccia contenuta nel suo nuovissimo album deSidera: “Altro che aperitivo, ci siamo bevuti il pianeta”. In fondo è proprio questa la sintesi di un mondo su cui ormai, nonostante tutta l’umanità che siamo e che rivendichiamo, si intuisce come sia ormai più semplice vedersi rappresentati come tossine che come nutrimento.
Gaia Clotilde Chernetich
SUN & SEA
22 giugno – 4 luglio 2021 Teatro Argentina, Roma
tour producer Aušra Simanavičiūtė
tour manager / direzione di scena Erika Urbelevič
direzione tecnica Lique Van Gerven
Visual identity Goda Budvytytė
suono Romuald Chaloin Galiauskas
live soundtrack Salomėja Petronytė
foto di Andrej Vasilenko
produzione esecutiva Neon Realism
co-produzione Nida Art Colony of Vilnius Academy of Arts, Akademie Schloss Solitude Goethe-Institut, Münchner Kammerspiele, National Gallery of Art in Vilnius, Staatsschauspiel Dresden, The Momentary, Arkansas, Teatro di Roma – Teatro Nazionale
con il sostegno di Istituto di cultura lituano, Lithuanian Council for Culture, Ministry of Culture of the Republic of Lithuania, Laurenz Foundation in Basel, Vilnius City Municipality
Sun & Sea (Marina) per Biennale di Venezia 2019 è stata commissionata d Rasa Antanavičiūtė
sponsor JCDecaux