È scomparsa Maria Grazia Gregori, giornalista, critica teatrale e docente Storia del Teatro e della regia alla Scuola d’Arte drammatica “Paolo Grassi” di Milano, firma dell’Unità e poi di Delteatro.it. Nel 2019 aveva vinto il Premio Ubu Franco Quadri. Pubblichiamo un ricordo di Rossella Battisti.
E così, nell’inverno della nostra dissolvenza, è scomparsa un’altra preziosa anima del teatro: la penna di Mgg si è fermata per sempre. Siglava e si “sintetizzava” in tre lettere, Maria Grazia Gregori, presenza familiare nelle platee di tutta Italia, infaticabile esploratrice delle scene e critica appassionata per le pagine dell’Unità e non solo. Era uno spirito di fuoco, una “salamandra” rapida ad accendersi con quel suo sguardo scuro e penetrante, il caschetto alla Louise Brooks (un tempo, anche quello nerissimo come il carbone), senza mai un capello disposto a concedersi una vacanza. La parlata veloce, a cascatella con quell’inflessione milanese da noblesse oblige ma anche da zia bonaria che ti dà uno scappellotto affettuoso se sbagli qualcosa.
Non mi intimoriva, Mgg, quando feci i miei primi passi critici all’Unità. Non quanto Aggeo Savioli, almeno, che con numinose parole poteva gelarti, quando all’improvviso si manifestava in redazione con la sua nuvola bianca di capelli. Maria Grazia, invece, capitava di rado nella redazione romana. Il nostro era il più delle volte un contatto telefonico, condito con quella goccia d’ansia che era l’ingrediente immancabile assieme all’ironia delle sue conversazioni e al resoconto privato di certi spettacoli, indicibile sulla carta stampata… Le occasioni per vedersi dal vivo erano d’estate, tra festival e rassegne, dove ogni tanto ci incrociavamo con grande complicità.
Maria Grazia viveva del teatro e per il teatro. Intorno al Piccolo di Milano aveva le sue fondamenta. Lì aveva conosciuto Italo Gregori, diventato suo marito e accompagnatore stabile nelle sue peregrinazioni di scena in scena. Insegnava anche alla Paolo Grassi, crescendo generazioni di giovani. Soprattutto poi, amava e seguiva il lavoro di Luca Ronconi, del quale è stata ammiratrice e amica fin dagli inizi. Ed era, naturalmente, una colonna portante degli Spettacoli all’”Unità”.
Non è mai riuscita a a rassegnarsi alla chiusura di quello che è stato il nostro giornale per tanti anni. Un dolore che nel giro di un lustro si era sommato alla scomparsa di Luca Ronconi nel 2015, a quella di Italo poco dopo e infine alla chiusura dei teatri per la pandemia. Ha fatto appena in tempo a chiudere l’infinito diario di memorie del suo regista d’elezione: Luca Ronconi. Prove di autobiografia, uscito poco prima dello scoppio del Covid all’inizio del 2019.
E Ronconi è stato anche all’origine di uno dei nostri ultimi incontri, a giornale chiuso. Mgg mi aveva procurato i biglietti al Piccolo per Lehman Trilogy, fluviale regia che Luca dedicava a un giovane autore in ascesa, Stefano Massini. Ci siamo sedute per un tè al bar del teatro assieme a Susanna Battisti, amica e collega, ma non riuscivo a intrattenere una conversazione intelligibile. Avevo la febbre a 39, non volevo perdermi lo spettacolo e rifiutavo gli inviti di “zia” Mgg a tornarmene in albergo. Ricordo tutto come una lunga, magnifica esperienza di trance (del resto, lo spettacolo durava sei ore). Qualcosa di esoterico, in fondo, c’era: Ronconi morì una settimana dopo, con grande sconforto di Maria Grazia.
Se qualcosa – oggi che anche lei se n’è andata – mi consola, è proprio questo: immaginarla mentre va a vedere i nuovi lavori che Luca ha allestito di là. Con Italo nella poltrona accanto e Titania, la bella micia siamese, in braccio.
Rossella Battisti