Intervista a Marina Petrillo e Beatrice Sarosiek, a Genova è partito il progetto della Fondazione Luzzati Teatro della Tosse chiamato Theatre Sharing che coinvolge i cittadini di Voltri e il Teatro del Ponente
La Fondazione Luzzati Teatro della Tosse grazie al sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo attraverso il bando Open2Change, promuove Theatre Sharing, un progetto “collettivo” che coinvolge strutturalmente e attivamente il Teatro della Tosse di Genova nel processo di gestione condivisa con i cittadini di Voltri del Teatro del Ponente. La sperimentazione prevede che la comunità possa contribuire alla definizione della proposta culturale della sala teatrale. Ne parliamo con la curatrice e responsabile Marina Petrillo e la project manager Beatrice Sarosiek.
Come è nato il progetto e come si inserisce all’interno della direzione del Teatro della Tosse come Tric?
Marina Petrillo: Theatre Sharing è nato in risposta a una call della Fondazione Compagnia di San Paolo nata all’interno del bando Open2Change che si proponeva lo sviluppo della domanda culturale concentrandosi sul pubblico, nello specifico sul rapporto tra organizzazione culturale e territorio. Il progetto si è presentato come risposta alla domanda del Teatro della Tosse relativa alla volontà di operare su un territorio nuovo: il Teatro del Ponente è infatti la quarta sala gestita dal nostro Tric e situata a Voltri, a circa una ventina di chilometri di distanza da Genova, che per una geografia come la nostra significa una distanza molto ampia dal capoluogo. Il nostro sarà un dialogo tra luoghi e contesti totalmente diversi, tanto dal punto di vista demografico che culturale.
Beatrice, qual è il ruolo da lei ricoperto e, all’interno della sua carriera, come si configura questa esperienza?
Beatrice Sarosiek: Mi occupo di progettazione culturale nell’ambito dell’audience development e audience engagement e di welfare culturale. Sono stata selezionata come innovatore dalla Compagnia di San Paolo nell’ambito di Open2Change dove io e Marina siamo state invitate a lavorare in coppia. La mia esperienza di studio il mese precedente a Lisbona in cultural democracy sull’apertura delle istituzioni europee a progetti dedicati ai cittadini e maggiormente audience centered ha incontrato quindi la mission della direzione del Teatro della Tosse. Questa sinergia ha generato riflessioni ulteriori amplificando quelle fatte finora singolarmente e a queste si è aggiunta la storia del Teatro del Ponente, nato negli anni Settanta per volontà dei cittadini e sostenuto da loro stessi.
Che tipo di attivazione territoriale e culturale necessita il luogo e la comunità in cui sorge il Teatro del Ponente?
Beatrice Sarosiek: Nato dalla necessità del Teatro della Tosse di entrare in relazione con il territorio e gli abitanti del quartiere, il progetto si presenta come una proposta di condivisione e di gestione del Teatro del Ponente. È già stata fatta una mappatura delle realtà interessate a partecipare e che sono già attive sul territorio. L’obiettivo principale è quello di raccogliere le energie che offre questo contesto e porsi come collettore di un fermento esistente, affinché da questo si possa generare un movimento ulteriore.
Marina Petrillo: Voltri non è propriamente un quartiere né una periferia, è un luogo specifico con una propria identità che definirei “multianime” cioè plurale e variegata. Si contraddistingue per un’anima “alta”, colta e illuminata, e un’altra più popolare, di operosità proletaria. L’attivazione culturale dovrà quindi rispettare questo contesto e presentare un’offerta che si aggiunga, come a integrare le eccellenze e a colmare le mancanze dovute all’impoverimento e alle assenze di questo ultimo anno. Qui l’urgenza culturale è ora molto sentita, ed è cresciuta negli anni, prima per il crollo del ponte Morandi, poi per la mareggiata del 2018 che ha distrutto parte della passeggiata a mare ed infine per la pandemia. La comunità, e la vita della comunità, sarà alla base del nostro operato perché, soprattutto in contesti di dimensioni ridotte rispetto alle grandi città, ci si sente maggiormente isolati nell’isolamento generalizzato.
Quale sarà l’offerta culturale che caratterizzerà l’identità di Theatre Sharing?
Marina Petrillo: La nostra è un’idea utopica, vorremmo fare un lavoro che possa sostenere la comunità determinando che sia la comunità stessa a scegliersi una propria offerta culturale elaborando proposte, rispondendo a dei bisogni specifici e che sia capace di sostenersi nel tempo. Se in futuro il Teatro del Ponente continuerà ad avere bisogno di una guida artistica, questa dovrà rispettare la propria poetica tenendo conto della specificità e autonomia del luogo nel quale opera.
Beatrice Sarosiek: Nelle prime riunioni abbiamo chiesto ai partecipanti quali fossero per loro delle parole chiave sulle quali lavorare, tra queste spiccano “inclusione”, “resistenza”, “memoria” e anche la tensione a guardare alla cultura come bene primario, per la sua capacità di emozionare, formare e condividere. Vorremmo infatti che fosse il processo da noi innescato a definire l’identità di questa programmazione artistica e che questo teatro, come tutti gli altri ancora chiusi, possa essere un luogo d’incontro per la collettività e strumento atto a recuperare le relazioni dopo la pandemia.
La risposta dei cittadini, tra partecipazione e iniziativa.
Marina Petrillo: Il primo passaggio necessario da compiere è la costituzione di un board e lo stiamo creando adesso attraverso la partecipazione di nove associazioni del territorio più la presenza del Municipio, quindi per il momento ci stiamo confrontando con la parte istituzionale e con qualche singolo soggetto. Una volta determinato il board, partirà di conseguenza un’azione più diffusa alla totalità della cittadinanza. Siamo ancora in una fase empirica rispetto alla quale non conosciamo quali potrebbero essere i limiti di questa gestione condivisa, finora stiamo osservando e vagliando le potenzialità.
Beatrice Sarosiek: Abbiamo fatto tre incontri online e il prossimo sarà ancora online purtroppo per via delle regole relative alla zona arancione. Le associazioni fra di loro già si conoscevano e quindi abbiamo deciso di lavorare sia sugli obiettivi condivisi che su necessità e risorse che ciascuna realtà ha bisogno di soddisfare e vuole mettere in campo. Chi partecipa ha bisogni diversi, per questo è in un tale contesto che si possono esercitare pratiche di cittadinanza attiva attraverso le quali dimostrare il proprio talento (ad esempio nella danza, nel fumetto, nel rispetto del patrimonio culturale, nelle pratiche di inclusione…), alimentare la propria creatività e sviluppare competenze finalizzate alla creazione di un evento collettivo. Anche secondo le neuroscienze, progettare in collettività aumenta il benessere… Il Municipio, a tal proposito, ha deciso di partecipare a questa fase affinché possa conoscere in maniera più diretta i bisogni del territorio e delle persone che lo abitano.
All’indomani dell’insediamento del nuovo Governo Draghi, attraverso quali cambiamenti dovrebbero evolvere i modelli gestionali di organizzazione e direzione teatrale in Italia? Servono nuovi profili e nuove competenze?
Marina Petrillo: Da lavoratrice nel teatro da circa trentacinque anni, posso dire che le nuove competenze sono sempre necessarie, questo significa che chi si occupa di teatro deve occuparsi del “nuovo” e di conseguenza modificare le norme desuete. Credo che le istituzioni dovrebbero insistere per un costante e continuo aggiornamento e che la formazione dovrebbe essere un capitolo trattato con grande attenzione. Il lavoro è sempre più articolato e multidisciplinare, aperto alle normative europee e ai cambiamenti globali, per questo abbiamo bisogno di un linguaggio che sia formato rispetto ai nuovi termini dell’economia dei beni comuni, coi quali ci confrontiamo quotidianamente quando ci riferiamo a audience development e engagement, ai concetti di policy culturale, di legacy, di scalabilità e replicabilità dei progetti.
Beatrice Sarosiek: a mio parere in Italia soffriamo la mancanza di uno sguardo strutturale riguardante l’innovazione e lo sviluppo. La pandemia lo ha reso purtroppo evidente: non siamo abituati a cambiare. Il sistema culturale italiano si dimostra molto rigido.
Marina Petrillo: In un orizzonte di grande incertezza, la cultura ha grande responsabilità e non pensare a una rivoluzione strutturale del settore cultura nel nostro paese significa venire meno ai propri doveri, è come un professore che non insegna, è uno sforzo vanificato. Abbiamo bisogno quantomai con urgenza di un cambiamento che sia paradigmatico e valoriale.
Parliamo di welfare: Theatre Sharing si doterà anche di clausole relative al sostegno e alla tutela degli artisti come lavoratori?
Marina Petrillo: Sicuramente. La Fondazione Luzzati Teatro della Tosse si pone da sempre questo problema e cerca di rispondervi rendendo la struttura più agile e facendo lavorare l’organico il più possibile con le risorse che abbiamo e grazie alle sovvenzioni che riceviamo, senza correre il rischio di buchi in bilancio. Gli artisti portano fuori l’immaginario e noi siamo, e dobbiamo essere, a loro servizio. Come esserlo è molto difficile e il periodo storico non ci aiuta. Bisognerebbe ripensare a un sistema di welfare equilibrato che permetta da un lato di avere un organico stabile e tutelato senza che tuttavia questo diventi un limite o un appiattimento della produzione artistica che per sua stessa natura ha bisogno di essere continuamente rigenerata.
A un anno dall’inizio della pandemia e considerato che il progetto precede il 2020, vi sono state apportate delle modifiche e che significato ha poterlo portare a termine ora?
Beatrice Sarosiek: Gran parte del processo, quello svolto finora, si è spostata interamente online e la fase dal vivo si renderà presto necessaria, salvo ulteriori restrizioni. Se non nell’operatività, è cambiata sicuramente la valutazione del senso che ora ha acquistato il progetto di Theatre Sharing. Purtroppo, quest’anno ci ha insegnato forse, e a malincuore lo abbiamo constatato, che si può vivere senza teatro e allora perché è necessario farlo lo stesso? Stiamo costruendo questa risposta giorno dopo giorno insieme al board e stiamo ragionando quanto la giornata dell’apertura sarà ancora più significativa perché accadrà in un momento determinante sia per il Teatro della Tosse che per la comunità tutta. Non ci sono modifiche pratiche quindi ma, rispetto al senso, è indubbio che questo abbia acquistato più forza.
Marina Petrillo: Il processo interno di capacity building è iniziato esattamente a febbraio 2020 e ci ha tenuto insieme lungo tutto questo difficile anno. Theatre Sharing è stata una rete solidale, consolidatasi in base a degli obiettivi e a un decalogo di formule di rispetto che ci hanno permesso e ci permetteranno di lavorare in modo assembleare. Abbiamo fatto degli importanti esercizi di comunità e nei prossimi mesi saremo pronti a iniziare.
Lucia Medri