Quinta di copertina è la rubrica in cui presentiamo nuovi volumi dedicati al teatro e alle arti performative. Qui La malattia che cura il teatro, curato da Andrea Porcheddu e Cecilia Carponi per Dino Audino Editore.
Ho avuto modo di lavorare a fianco ad Antonio Viganò in un progetto teatrale dedicato trasversalmente a una comunità composta da richiedenti asilo e rifugiati studenti della scuola di italiano di Asinitas Onlus – all’interno della quale insegno italiano – e alla comunità tutta. È in questo contesto che ho fatto esperienza diretta della poetica e dell’estetica del regista della compagnia Teatro La Ribalta – Accademia Arte della diversità di Bolzano, (qui, un’intervista), pratica teatrale che vede il teatro come un atto politico, e che si interroga sulle domande che muovono il testo La malattia che cura il teatro. Esperienza e teoria nel rapporto tra scena e società, curato da Andrea Porcheddu e Cecilia Carponi.
Il volume raccoglie gli interventi di numerosi voci che danno anima alla scena teatrale italiana, chiamati da Viganò stesso a confrontarsi in un convegno/incontro a Bolzano nell’ottobre del 2019 su un’inversione di prospettiva, su la malattia che cura il teatro, appunto; questa “la porta stretta” attraverso la quale passare, come la chiama Andrea Porcheddu nell’introduzione, per provare a intraprendere un processo trasformativo del teatro.
Nel rifiutare la prospettiva caritatevole, quella rassicurante e altruista del teatro nel sociale, il coro di interventi gode di una prospettiva che prova a guardare più lontano del testo stesso. Lasciandosi alle spalle le diatribe sulla nomenclatura, sull’utilità o meno di usare il teatro in determinati contesti, il testo prova a teorizzare e a mettere in crisi il senso del teatro stesso e i passi successivi da compiere per rendere il teatro sisma e sismografo sociale.
Questo avviene, dopo l’introduzione del curatore e un prezioso dialogo con Viganò che fa da bussola iniziale alla quale più volte si ritorna, secondo due linee. Una prima parte all’interno della quale Piergiorgio Giacché, Guido Di Palma, Fabrizio Fiaschini, Stefano Masotti, Olivero Ponte di Pino e Andrea Porcheddu stesso si confrontano in maniere diverse con lo sguardo sull’arte teatrale, la pedagogia e la cura, sviscerando con illuminate forze uno o più vertici di questo delicato triangolo, ognuno dal proprio punto di vista. E una seconda parte, il teatro nella pratica, che prima di tutto è un’antologia di vocazioni nella quale il lettore gode del pensiero che solo l’esperienza può dare.
La sensazione, sfogliando avidamente il testo, è davvero quella di entrare in una casa nella quale il pensiero si forma per assonanza o opposizione, ma pur sempre in relazione alla ricerca degli altri. Così, pratiche, persone e pensieri scardinano l’idea di alterità quale “merce strana a buon mercato” e tentano di riscattare il teatro e la persona, passando per la qualità e l’accessibilità del teatro, i suoi processi e i risultati, le funzioni ma, soprattutto, per il suo senso, forse il più difficile, essere in noi stessi l’altro.
Essere facili, confortevoli, accoglienti, graditi e nello stesso tempo chiamare in causa l’alerità, malessere e disagio, secondo me è tradire il presupposto poetico che motiva l’essenza della relazione con l’alterità: noi dobbiamo essere alterità per lasciare che la bomba esploda” (Alessandro Garzella, pag.130).
Luca Lotano
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La malattia che cura il teatro
Esperienza e teoria nel rapporto tra scena e società
a cura di Andrea Porcheddu e Cecilia Carponi
Dino Audino Editore
Ricerche, n. 40
2020, pp. 176
ISBN: 9788875274290
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