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L’amore a due teste

Recensione. La Piccola Compagnia Dammacco presenta questo nuovo testo: Spezzato è il cuore della bellezza, al Festival Primavera dei Teatri 2020. Con Serena Balivo.

Foto Angelo Maggio

Raramente si indaga l’amore per il senso paradossale che esso si porta in seno: il concetto si afferma universale, agito in una profondità coltivata in astratto, palpitante in un cuore che tuttavia si esibisce in un tracciato di battiti più che altro metaforici, mentre poi nel campo del concreto si trasforma, esaurendo tale universalità nel confine della coppia, non intesa come limite ma come perimetro entro cui sperimentarne una forma solida. La coppia è dunque un nucleo d’indagine importante se si vuole porre sotto esame cosa sia diventato, oggi, l’amore. E di coppia si interessa la Piccola Compagnia Dammacco, in scena sul palco del Teatro Sybaris di Castrovillari per il festival Primavera dei Teatri 2020 con Spezzato è il cuore della bellezza, testo firmato da Mariano Dammacco, che cura anche la regia, al servizio di una sempre più sorprendente attrice: Serena Balivo.

Foto Angelo Maggio

C’è una prospettiva simmetrica ad accogliere lo sguardo: due bianchi sgabelli posti su altrettanti basamenti nel semibuio – compatte e avvolgenti le luci di Stella Monesi; alle spalle un cuore stilizzato, griffato rosso su fondale nero. È la storia di una coppia a due teste, due donne che si contendono un uomo attraverso il racconto delle loro due storie parallele, che si incrociano in più punti e si manifestano lungo gli accadimenti di una vicenda amorosa. Due monologhi dunque si frammentano lungo due due pareti della scena, veicolando il loro messaggio d’amore pur in una situazione diametralmente opposta: l’una cinica ma furente, appena abbandonata dopo anni dall’uomo che aveva scelto come compagno di una vita futura, l’altra accogliente e in apparenza mite, capace fino allo sfinimento di accettare l’attesa perché il suo uomo, da poco conosciuto, possa liberarsi dal tormento della rivale.

Foto Angelo Maggio

Serena Balivo incarna entrambe, cambiando abiti e parrucca – mora la prima, bionda la seconda – ma non cambiando l’intenzione di indagare i risvolti dell’amore negli atti di maggiore connotazione: l’inizio e la fine – capovolti – la fine e l’inizio. La donna che sfoga la propria sofferenza lo fa rivolgendosi direttamente all’uomo, usa la seconda persona, mentre la donna che cerca di guardare avanti, verso una vita altra, usa la più anonima terza persona di un racconto che dunque si presenta più esteriore. Ognuna delle due storie si interrompe in un punto per riprendere dallo stesso, dopo che un ennesimo cambio d’abito ha riconsegnato Balivo ora all’una ora all’altra donna; nell’intermezzo la danza di uomini mascherati (lo stesso Dammacco con la giovane attrice Erica Galante), elaborazione forse mentale della percezione che le due donne hanno dell’uomo a cui entrambe aspirano. Già, perché nel racconto ciò che manca è proprio il vertice del triangolo, accennato nelle sagome tratteggiate della loro comune – ma opposta – lamentazione. E l’assenza – fisica come di decisione – è quanto mai evidente, come se poi la sua reale presenza, nella loro percezione amorosa, non contasse ormai più di tanto.

Foto Angelo Maggio

Tra le due donne c’è una differenza soprattutto di tensione: se la prima è riversa nel proprio dolore, affrontato anche attraverso l’ironia più sferzante, l’altra è rivolta verso note più remissive, sviluppando alcuni caratteri comici utili a modulare questa sempre meno comprensibile attesa d’amore. La scrittura di Dammacco non è priva di afflati poetici, così come Serena Balivo sa compiere la scelta di pochi precisi elementi attoriali, funzionali alla correlazione dei due personaggi. Eppure, in uno spettacolo ugualmente di qualità che si fa carico di affondare a piombo nell’astratto senza perderne mai la rotta, qualche severità in più avrebbe contenuto il rischio di verbosità e lunghezza, così come non sembrano completamente risolti da un lato la simmetria – troppo appare sbilanciato il racconto verso le sofferenze della donna abbandonata – e dall’altro l’interdipendenza delle due vicende, non del tutto definita da appuntamenti limpidi e decisi.

Simone Nebbia

Ottobre 2020, Teatro Sybaris, Primavera dei Teatri 2020, Castrovillari

SPEZZATO È IL CUORE DELLA BELLEZZA

ideazione, drammaturgia e regia Mariano Dammacco

con Serena Balivo

e con Mariano Dammacco, Erica Galante

disegno luci Stella Monesi

produzione Piccola Compagnia Dammacco / Infinito srl con il sostegno di Mibact e di L’arboreto-Teatro Dimora | La Corte Ospitale ::: Centro di residenza Emilia-Romagna, Centro di residenza della Toscana (Armunia-CapoTrave/Kilowatt) e con la coproduzione di Operaestate Festival Veneto

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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