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A Gorizia una giostra per il teatro da tavolo

Una panoramica dall’Alpe Adria Puppet Festival organizzato dal CTA Centro Teatro Animazione e Figure di Gorizia

Si è svolta dal 25 al 30 agosto scorso, a Grado a Nova Gorica, la 29^ edizione dell’Alpe Adria Puppet Festival organizzato dal CTA Centro Teatro Animazione e Figure di Gorizia. Nel dépliant del festival si nota subito il ritornare più e più volte degli stessi titoli e attira l’attenzione l’intestazione «La giostra. Maratona di teatro d’oggetti da tavolo». Nel fine settimana di Gorizia, ad animare il festival troviamo, infatti, dodici piccoli spettacoli, tutti compresi tra i 10 e i 30 minuti, che si ripetono fino a quattro volte nel corso della giornata e che sono dislocati in sei diverse piazze della città, più Piazza Transalpina a Nova Gorica (Slovenia).

La programmazione, mi spiega il direttore del CTA Roberto Piaggio, deriva dall’attività svolta dal centro durante i mesi di quarantena: «Durante il lockdown ci siamo chiesti come poter rimanere in contatto con il nostro pubblico. Abbiamo proposto ai nostri collaboratori di lavorare liberamente su un racconto o storia e di farne un breve contenuto video per la fruizione online. Il filo conduttore sarebbe stato l’utilizzo di un tavolo e dei tipici oggetti di casa, in modo da proporre al nostro pubblico, oltre che un contenuto artistico autonomo, anche una sorta di esercizio da poter mettere in pratica. L’iniziativa online ha avuto molto più successo di quanto ci saremmo aspettati, per cui abbiamo deciso di continuare, fino ad avere una dozzina piccoli video. Con l’arrivo dell’estate, e la graduale ripartenza dell’attività teatrale, si è prospettato il problema di come realizzare la nuova edizione del festival districandosi tra le normative e le disposizioni, ma anche facendo i conti con esigenze nuove e inedite difficoltà nel rapporto con il pubblico».

Il desiderio di tornare ad agire nella e con la comunità, per riscoprire – dopo l’isolamento dei mesi passati – un modo festoso e spensierato di stare insieme, ha portato all’idea della giostra: «volevamo dare il segnale che, in reazione a tutto questo, non dobbiamo limitarci e ridurci, bensì passare al contrattacco con il supporto delle nostre pratiche artistiche. Per questo abbiamo immaginato la giostra, una specie di luna park del teatro dove lo spettatore fosse libero di crearsi un proprio percorso di visione». L’obbligo di avere sempre un numero limitato di spettatori per volta si è sposato, durante il festival, con la decisione di basare tutto su formati brevi e sulla ripetizione.

«Così abbiamo deciso di riutilizzare i contenuti creati durante l’inverno, mantenendo l’elemento del tavolo come “contenitore” e filo conduttore, ma, contemporaneamente, teatralizzandoli, rafforzando quindi, innanzi tutto, il rapporto con lo spettatore».

A Grado, il cui centro è più piccolo e compatto, il tutto ha funzionato come una grande giostra, con un pubblico itinerante e coinvolto. A Gorizia, essendo le distanze maggiori e più numerose le piazze da coprire, la logistica è stata decisamente più complessa. Tuttavia, seguire i piccoli eventi del festival ha permesso allo spettatore di attraversare la città quasi fosse un turista: dal centro, con i giardini comunali, al torrione del castello, fino a passare il confine per ritrovarsi in Slovenia. Qui, ad esempio, il guarattelaio Luca Ronga (per “guarattelle” si intende burattini dalla testa più piccola, tipici dell’area campana) sperimenta una versione inedita di burattini senza baracca. Con Storie e avventure di un burattino ripropone alcune gag e scene tipiche del personaggio di Pulcinella. Con Piccolo piccolo, invece, in scena è un burattino larvale – un neutro, come per le maschere – in un viaggio di scoperta delle emozioni. In entrambi i casi, ogni magia appare svelata: non più nascosto il burattinaio, dei movimenti, della mimica e della tecnica di animazione ora è tutto visibile e dichiarato. Non esistono scenografie o luci di ribalta: rimangono a colmare la piazza il corpo del burattinaio, un tavolo dove i burattini stanno appesi a testa in giù e il burattino. L’aspetto di maggiore fascino di quest’insolita versione della farsa di Pulcinella è, senz’altro, quanto il burattinaio stesso, pur esplicitandosi nel rapporto anche diretto con il burattino, scompare inevitabilmente di fronte all’oggetto animato: la nostra attenzione, complice la direzionalità che Ronga conferisce alle proprie intenzioni, è rapita dal movimento preciso e minuzioso del piccolo burattino.

Per gli artisti che hanno partecipato a quest’edizione del festival – come conferma lo stesso Ronga – questa è stata un’affascinante occasione di mettersi alla prova e di sperimentare in una situazione anomala, inedita e ricca di possibilità inesplorate. «C’è molto da lavorare, tante cose da correggere», conclude Roberto Piaggio, «ma abbiamo intenzione di approfondire le possibilità di questo formato». Al mattino, in un incontro aperto al pubblico, avevamo chiacchierato con il professore e critico Alfonso Cipolla (Direttore dell’Istituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare di Grugliasco) dell’incontro – sempre più intenso negli anni recenti – tra teatro di figura e nuove generazioni, e di cosa sia necessario al teatro di figura italiano, oggi, per potersi innovare e per darsi nuove spinte. In questo senso, avevamo sostenuto come fosse evidente la necessità, per il teatro di figura, di aprirsi nei confronti degli altri settori dello spettacolo, di spingersi verso un confronto più continuativo e coraggioso. Per farsi conoscere, certamente, ma anche per poter assorbire stimoli ed energie. Non a caso negli ultimi anni – complici i corsi di formazione come Animateria e L’Atelier delle Figure – le nuove compagnie nascono non da una formazione tradizionale, “di bottega”, bensì dall’incontro prolifico con la figura, spesso arrivando da ambiti più decisamente legati alla prosa o alla danza.

In questo senso, girovagando per le piazze di Gorizia, si percepisce la necessità del teatro – forse del teatro tutto – di non chiudersi in sé stesso ma di andare, lui stesso, dal proprio spettatore, di intercettarlo e catturarlo. Così come quella di spingersi oltre gli apparenti limiti delle proprie tecniche, per esplorare nuove dimensioni di performatività.

Ne è stato un esempio lo spettacolo che ha chiuso la giornata di sabato 28 agosto, presso il Kulturni Center Bratuz: Il bacio di una morta, regia di Alfonso Cipolla, con Paola Roman e Oliviero Pari.  Lo spettacolo è il riadattamento di un’operazione artistica curata dal CTA più di quindici anni fa, e si presenta come un divertissement in grado di mettere insieme, nello stesso palcoscenico, elementi disparati e apparentemente inconciliabili. Il testo è quello dell’omonimo romanzo di Carolina Invernizio: donna affascinante, amatissima scrittrice di feuilleton nella seconda metà dell’Ottocento. “Un’onesta gallina della letteratura popolare”, secondo la definizione di Antonio Gramsci; in ogni caso, autrice di circa 130 romanzi, i quali ebbero un successo editoriale strepitoso. Umorismo inconsapevole, atmosfere gotiche e intrighi amorosi di grande complessità; nella forma di un linguaggio pomposo, spesso affettato e fuori misura, ricco di aggettivi. Una recitazione potente, quella di Paola Roman, la quale si destreggia tra gli infiniti personaggi del romanzo mentre al pianoforte, Oliviero Pari, accompagna il racconto e sé stesso mentre interviene con arie d’opera, spezzoni di recitativi e passaggi da Verdi, Ponchielli, Puccini… Nel frattempo, ad illustrare personaggi e situazioni, scorrono sul fondo del palco, cubitali, i disegni originali di Francesco Tullio Altan: come sempre irriverenti, dal tratto deciso e poco inclini alla metafora, diventano strumento decisivo della parodia. Un divertimento fuori del seminato, certo anche fuori misura ma piacevole, con una grande carica umoristica e – perché no – satirica nei confronti di un mondo dimenticato.

Angela Forti

IL BACIO DI UNA MORTA
tratto dall’omonimo romanzo di Carolina Invernizio
drammaturgia di Antonella Caruzzi
musiche di Giuseppe Verdi, Amilcare Ponchielli, Giacomo Puccini e
altri
con Paola Roman (voce recitante) e Oliviero Pari (canto e
pianoforte)
immagini di Francesco Tullio Altan
regia di Alfonso Cipolla
coproduzione CTA Gorizia / Istituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare –
Grugliasco

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Angela Forti
Angela Forti
Angela Forti, di La Spezia, 1998. Nel 2021 si laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo presso La Sapienza Università di Roma, con un percorso di studi incentrato sulle arti performative contemporanee. Frequenta il master in Innovation and Organization of Culture and the Arts all’università di Bologna. Nel 2019 consegue il diploma Animateria, corso di formazione per operatore esperto nelle tecniche e nei linguaggi del teatro di figura. Studia pianoforte e teoria musicale, prima al Conservatorio G. Puccini di La Spezia, poi al Santa Cecilia di Roma. Inizia a occuparsi di critica musicale per il Conservatorio Puccini, con il Maestro Giovanni Tasso; all'università inizia il percorso nella critica teatrale con i laboratori tenuti da Sergio Lo Gatto e Simone Nebbia e scrivendo, poi, per le riviste Paneacquaculture, Le Nottole di Minerva, Animatazine, La Falena. Scrive per Teatro e Critica da luglio 2019. Fa parte della compagnia Hombre Collettivo, che si occupa di teatro visuale e teatro d’oggetti/di figura (Casa Nostra 2021, Alle Armi 2023).

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