Roberto Biselli dirige Todi Off 2020, dal 3 al 6 settembre 2020. Un’intervista per scoprire l’importanza di questa proposta, la necessità del territorio e la richiesta di spettacoli contemporanei. Materiali creati in Media Partnership.
Qual è il ruolo di Todi Off all’interno del Todi Festival?
Todi Off è un’idea per mettere insieme, nel programma del Todi Festival, spettacoli di diversa natura, facendo letteralmente inciampare il pubblico in lavori più sperimentali, con ingresso gratuito, alle ore 19, prima dello spettacolo delle 21. In Italia è raro trovare questa opportunità che mescola due diversi mondi – in genere i festival che si occupano di teatro d’autore sono più specializzati – Todi Off ha questa caratteristica che ha funzionato perché il pubblico è sempre presente.
Considerando l’esperienza maturata in questi anni, su un piano espressivo ed estetico cosa aggiunge il programma più contemporaneo al festival?
Viviamo in una realtà in cui la qualità e l’offerta al pubblico devono per forza mescolarsi, nonostante poi la circuitazione ancora premia di più la tradizione che le proposte innovative. Tuttavia quel che noto, nel programma Off, è questa richiesta continua da parte del pubblico di fare esperienza di contatto, quella dimensione di coinvolgimento fisico che è propria di uno strumento così potente come il teatro che, se non muove alla partecipazione, è perfettamente inutile e resta soltanto come ripetizione di un rito. Ce ne accorgiamo da esperienze inclusive come quelle di teatro in carcere ad esempio, dove l’alta richiesta è data soprattutto da un maggiore bisogno che il teatro lì esista, sia necessario – così come lo dicono in molti scritti Brook o anche Grotowski – e permetta così alla spettatore di crearsi uno stato d’animo.
Proprio in tema di contatto fisico, com’è cambiata l’edizione di quest’anno tenendo presente la nuova situazione di emergenza in cui siamo coinvolti?
In un primo momento avevamo pensato di evitare l’edizione di quest’anno, per solidarietà alla condizione di tanti lavoratori dello spettacolo che non sono stati coinvolti dalla riapertura promossa dal Governo a inizio estate. Quando poi abbiamo deciso di fare il festival, il problema che ci siamo trovati di fronte era gigantesco perché il Teatro Nido dell’Aquila perde molti posti e da 280 si riduce a un centinaio. Quello che ci ha convinto è la necessità di salvaguardare la nostra formula, perché fosse in grado di fare comunità: ci saranno gli studenti delle masterclass ad assistere a tutti gli spettacoli e avranno quindi la possibilità di integrare concretamente il lavoro laboratoriale con la visione degli artisti in scena.
Qual è stato il criterio di scelta artistica per gli spettacoli in cartellone e per gli artisti coinvolti nelle masterclass?
Sicuramente il primo criterio è la stima che ho per certi artisti: ad esempio Nicola Russo è secondo me un ottimo attore e scrittore, che però non ha l’attenzione che meriterebbe; c’è poi questa produzione di Barletti/Waas con Simona Senzacqua, un gruppo storico che ho piacere debutti da noi. Un altro tipo di scelta è stato individuare spettacoli che si legassero un po’ ai temi delle nostre masterclass: per esempio il lavoro di Phoebe Zeitgeist, ideato con un notevole uso delle nuove tecnologie, ben si lega al laboratorio di Lino Strangis, dedicato a questa nuova attenzione per il virtuale che permette di creare secondo elementi di un linguaggio diverso, tecniche che non hanno ancora una nomenclatura ben definita. Poi c’è la scrittura drammaturgica di Letizia Russo, Elena Bucci che è una delle muse del teatro contemporaneo, infine Michele Sinisi che è uno dei registi più attivi e ricchi di vitalità del panorama attuale in Italia. Peraltro, altra cosa molto importante, tutte le masterclass di quest’anno saranno in un unico spazio, Palazzo Francisci che ha avuto alle spalle una brutta storia per un incendio e che dunque ora sarà restituito con un nuovo valore alla città.
Come si situa Todi Off nel panorama dei festival italiani?
Noi in Umbria siamo nella provincia dell’impero, ma abbiamo anche una eccellenza come il Festival dei Due Mondi di Spoleto con cui vorremmo iniziare a dialogare, in virtù anche del cambio recente alla direzione. Se Spoleto fosse capofila di un circuito virtuoso, in grado così di fare rete con altre realtà come la nostra, sicuramente l’intero movimento di spettacolo, di centri di produzioni, di centri di residenza, gioverebbe di essere inserito in un progetto di inclusione.
Redazione
La rassegna avrà luogo dal 3 al 6 settembre 2020. Qui tutte le info