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Pagliai e Gassman, gli amanti di Verona

Recensione del Romeo e Giulietta di Babilonia Teatri, con Ugo Pagliai e Paola Gassman. Visto al Teatro Romano di Verona per Estate Teatrale Veronese.

Foto Andrea Bianco

Moon River, fiume della luna, mondo vagheggiato di altri mondi, vita di là dal confine, tempo progressivo che non ammette limiti. La sostanza dei sogni shakespeariani risuona dolcemente tra le note di questa canzone nota ai più per essere tra le labbra di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany (1961), divenuta poi un brano di culto per più di una generazione, così capace di interpretare il desiderio d’amore, la tensione verso il futuro, verso ciò che non è stato ancora e tanto si vorrebbe sia. Non è forse il tema musicale più adatto per risarcire di nuove speranze Romeo e Giulietta? Devono averlo pensato, chissà, i veronesi Valeria Raimondi ed Enrico Castellani, Babilonia Teatri, mentre preparavano la loro versione del capolavoro di William Shakespeare, presentata in anteprima per l’Estate Teatrale Veronese al Teatro Romano di Verona, città degli amanti, sfondo impossibile di un amore intriso di sangue, impedito di futuro.

Il teatro scende dalle più alte gradinate a semicerchio fino al palco, privo o quasi di fondale, animato proprio da un fiume alle spalle, l’Adige, che fa da cornice irripetibile alla storia, o meglio, alle storie: Romeo e Giulietta, giovani amanti della Verona cinquecentesca, si specchiano in una coppia di attori d’eccezione, Ugo Pagliai e Paola Gassman, addensati da un’esperienza di vita insieme e di teatro lunga 50 anni e, per la prima volta, alle prese con questi due personaggi cardine della storia teatrale di sempre. Il corto circuito che si esplicita al confronto dell’età tra i giovani personaggi e gli attori è il primo punto di interesse dell’opera, ideata da Babilonia Teatri come una sequenza di frammenti dal testo classico, da interpretare con linguaggi diversi – dalla prosa al playback musicale, dal circo all’aneddotica – e da discutere attraverso il meccanismo dell’intervista, che spezza l’opera nei suoi nodi cruciali con le domande poste agli attori direttamente da Castellani, regista mobile che interagisce in voce amplificata dalla platea.

Foto Andrea Bianco

La binomia tra attori e personaggi è, proprio in virtù del suo presentarsi come improbabile, particolarmente acuta nell’offrire una lezione di ciò che il teatro può innescare e alimentare nella vita di ognuno: dalle prime rappresentazioni con Luca Ronconi, più di tutte lo storico e innovativo Orlando Furioso (1969), fino ai racconti più personali sulle percezioni da dentro il palco, sulle difficoltà di interpretazione, sulle sfide cui la scena chiama volta per volta, Ugo e Paola si fanno tramite di una ispirata e profonda riflessione sul ruolo dell’attore in una società, del teatro nella vita comunitaria. Pagliai e Gassman, con una crescente sensazione che rimanda al Ginger e Fred di Federico Fellini, descrivono la propria relazione di vita in filigrana rispetto al teatro interpretato in tanti anni, si divertono e divertono il pubblico di certo disabituato a vederli in un contesto così sperimentale, in una scena spoglia che accoglie nella creazione anche i paramenti strutturali del montaggio, i momenti di apparente vuoto, i fuoriscena fintamente improvvisati, tutto ciò che pur non sembrando teatro, nell’accezione più classica, non può non esserlo nel momento in cui accade in teatro e, quindi, esprime una possibilità di lettura, di codifica, di acquisizione sensibile.

Foto Andrea Bianco

Nell’idea destrutturata di Babilonia Teatri, già Leone d’Argento alla Biennale di Venezia 2016, ogni elemento classico, talvolta stereotipato, finisce per essere ridiscusso nella forma e quindi nella funzione scenica; ecco dunque che il balcone è una struttura tubolare, la morte giovane emerge nel playback di una canzone di Sergio Endrigo, mentre la violenza serpeggiante tra le famiglie veronesi diventa un’estremizzazione comica, demandata a Francesco Scimeni con la collaborazione del terzo elemento della compagnia Luca Scotton, in cui i due attori sono bersaglio di un lanciatore di coltelli che poi si diletta in giochi di prestigio. La composizione frammentata e indefinita è un’operazione coraggiosa che, dopo questa anteprima all’aperto, finirà nel chiuso dei teatri e sarà curioso capire in quale forma; pur con tutti i rischi del caso, tuttavia, Babilonia Teatri dimostra una volta di più la volontà di avvicinare il pubblico al contesto artistico contemporaneo, affrontando schemi e preconcetti della prosa perché siano discussi attraverso un linguaggio del tutto nuovo.

Foto Andrea Bianco

Con il procedere dello spettacolo, come forse è naturale che sia, i due attori si fondono con i personaggi, nel loro dialogo iniziano ad apparire involontarie forme che rimandano alla vicenda; ma allo stesso tempo sono gli stessi Romeo e Giulietta che, in molti punti dell’opera, sembrano improvvisare giochi teatrali con i quali sussurrare il loro amore. L’Adige, sul fondo, sembra un altro personaggio, segue un corso tutto suo e soccorre il movimento della scena, procede senza mai fermarsi nonostante i morti, le violenze, l’odio, gli equivoci, i tradimenti; il fiume è il più violento di tutti, misconosce la vicenda perché di cose umane non si cura, glaciale fa il suo corso e ignora ogni occasione perduta. Questa, però, vuole essere una storia d’amore, a tal punto da inventare un sesto atto in cui Romeo e Giulietta, con le stesse parole di Shakespeare disperse già nell’opera, possano tornare in vita e celebrare il matrimonio di fronte a un ufficiale (un assessore del Comune di Verona, in questo caso), proprio come fossero loro, i personaggi, a fare teatro uscendo dal proprio testo universalmente noto. L’intimità dell’autobiografia degli attori, talvolta goliardica, prende questa identità stratificata e sovrapposta, è quello il momento del travaso completo e Pagliai e Gassman lasciano dunque a Romeo e Giulietta, nell’ultima scena, di farsi attori e raccontare il loro amore che (non) sarà stato.

Simone Nebbia

Settembre 2020, Teatro Romano, Verona (Estate Teatrale Veronese)

Prossime date in calendario tournée

3, 4 maggio | Teatro Concordia, San Benedetto del Tronto
6 maggio | Teatro Pasolini, Cervignano del Friuli
7 maggio | Teatro comunale di Casalmaggiore
10, 11 maggio | Lac, Lugano
12, 13 maggio | Teatro Sociale di Bellinzona
17 maggio | Teatro Apollo, Lecce
19 maggio | Teatro Flavio Vespasiano, Rieti
21 maggio | Teatro Fellini, Pontinia

Romeo e Giulietta

idi Babilonia Teatri
da William Shakespeare
con Paola Gassmann, Ugo Pagliai, Enrico Castellani, Valeria Raimondi, Francesco Scimemi e Luca Scotton
produzione Teatro Stabile Di Bolzano – Teatro Stabile Del Veneto
fotografie Eleonora Cavallo

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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