Durante la due giorni di Terreni Creativi dal titolo Scàmpati, Maniaci D’Amore presenta il debutto di Siede la Terra. Recensione
Non prediligo le citazioni ma a volte queste affiorano quasi naturalmente, palesandosi e trovando parole che spesso non si sanno dire e a quelle stesse aggiungono altro. A tal proposito, vi è una dichiarazione di un eclettico, forse pure antipatico e saccente Aldo Busi che viene in aiuto: «la gente che trova le parole già pronte non sa che avrà i pensieri già fatti». Appena la scrivo, mi rendo conto inoltre del suo meta-significato e ciò mi convince a perseverare nel non abbandonarla. Stanchi e sfatti da questi mesi di isolamento in cui siamo giunti a una esasperazione delle opinioni e a una loro implosione, abbiamo a più riprese sperato in una collettiva afasia del linguaggio comune al fine di ottenere ciò che ci è più mancato nonostante l’isolamento casalingo, e cioè il silenzio. Il silenzio della, e dalla, gente.
Tuttavia siamo stati capaci di superare l’asfissiante refrain del “già detto”, “già fatto” e “già pensato”, siamo sopravvissuti all’overdose di retorica, siamo andati oltre l’impossibile e siamo, decisamente, Scàmpati. Almeno per il momento. E a noi, a loro, che Maurizio Sguotti, Tommaso Bianco e Alex Nesti di Kronoteatro hanno dedicato il titolo del festival Terreni Creativi, che, dopo aver celebrato nella scorsa edizione il suo decennale, si sono ritrovati, come altri, questa primavera a difendere strenuamente l’edizione 2020 e alla fine a confermarla nonostante le note difficoltà. I primi di giugno, in un’intervista, Sguotti anticipava che sarebbe stata «una bella battaglia» e così è stata, come dimostra anche l’immagine simbolo scelta: un guantone da boxe rosa acido su sfondo nero, a campeggiare sulle magliette di tutto lo staff che, con premura, ha reso possibili le due serate di festival nello scorso primo weekend di agosto nell’Azienda Agricola Biologica BIO VIO di Albenga. Per entrambe le serate, protagoniste la musica, nelle note del pianista e compositore Luigi Ranghino e nei suoni fusion e psichedelici del gruppo milanese Magical Faryds, e la danza. Espressione sinestetica e in divenire quella di Porpora, appunti d’azione coreografica di Simona Bertozzi, un bozzetto, un paesaggio di gesti che è quasi una preghiera coreutica per questi tempi d’affanno, propedeutica al debutto che sarà in ottobre a TorinoDanza Festival. Danza ferina e primordiale quella di Manfredi Perego che con Primitiva ha presentato un modesto solo di posture archetipiche nella loro semplicità di composizione, inizialmente introspettive e chiuse nel loro carattere terrigno, poi amplificate in slanci aperti: un moto animale andante verso le altezze del progresso e le bassezze di un ritorno alle ingenuità più remote e ancestrali.
Ma in questa “bella battaglia” chi abbiamo preso a pugni? Il KO da chi è stato segnato? Siamo così sicuri che qualche destro e sinistro non sia arrivato inavvertitamente anche a noi stessi? Ritenerci poi così tanto distanti dalla stessa comunità pregiudiziosa intonante moniti, complottista e ingenuamente confusa, ci ha fatto fare più fatica del dovuto, ribadire una distanza sociale di pensiero ci ha stancato; dovremmo allora rassegnarci a osservare con più attenzione questa collettività e scoprire poi quanto non siamo così diversi. «Look closer» consigliava alla fine degli anni Novanta un celebre film rispetto alle nevrosi del ceto medio americano, invitando a soffermarsi sui suoi dettagli, sulle imprevedibili circonvoluzioni isteriche della sua bellezza…
Guardiamo allora da vicino lo spettacolo protagonista della seconda serata, e rappresentante insieme a Calcinculo di Babilonia Teatri la proposta teatrale del festival. In scena, Teresa e Clarice. Figlia e madre, sono abitanti di un fantomatico Sciazzusazzu di Sopra, un paese probabilmente siciliano, intuibile dal dialetto delle due. La prima, la figlia, gravida e a gambe aperte, scomposta e sboccata, irrefrenabile lingua che non teme omertà alcuna; l’altra, la madre, gambe accavallate, serrate, braccia strette in grembo, anche lei irrefrenabile lingua dotata al contrario di alcuna sincerità. Entrambe sono allegorie spaventose di un intelligente e liberatorio libello teatrale scritto dai due Maniaci D’Amore, Luciana Maniaci e Francesco D’Amore. Siede la terra è il titolo di questo ultimo lavoro della compagnia, ma è anche una citazione, un’altra, portatrice di un’ingombrante eredità letteraria: «Siede la terra dove nata fui» è Francesca dall’Inferno di Dante, nel V Canto della Divina Commedia, a parlare al sommo poeta della sua terra natale, Ravenna. “Siede” anche la terra di Teresa e Clarice. Là dove sorge un villaggio, vi si struttura una comunità, in cui le persone vivono e nei cui microcosmi familiari ci si “protegge” indossando maschere da maiali per un casalingo teatro degli orrori, fatto di abusi e maldicenze. Un lavoro pensato espressamente per Terreni Creativi, contesto in cui lo spettacolo ha debuttato e che ha visto anche la collaborazione alle luci di Alex Nesti, e nella scena finale di gruppo anche degli organizzatori Bianco e Sguotti, quasi a ribadire che la comunità di cui sono rappresentanti Teresa e Clarice potrebbe essere quella sfidata da Kronoteatro, e da noi tutti. Grazie a una scrittura agevole e pignola, si costruisce una gabbia drammaturgica all’interno della quale i dialoghi sferzanti tra madre e figlia, alternati a monologhi e a parte, somministrano pillole di esilarante realismo volte a mettere in luce le brutture della collettività. Sembrerebbe quasi, soprattutto nelle battute iniziali, di ripercorrere alcuni passaggi della retorica che ha infarcito, anche coi suoi pretestuosi “fuoriluogo teatrali”, questi mesi di lockdown: Teresa e Clarice sono personaggi grotteschi che su di un palco e nel pieno della stagione estiva, ci raccontano con perizia quasi scientifica del carnevale dialettico di questa comunità allo sbando. Tra verità brutali e menzogne palliative, assistiamo al dispiegarsi di paradossi socio-comunicativi; le risate piegano la platea che si riconosce in quell’assurdo e che, con pudore, si azzittisce quando affiora la tragedia in alcuni passaggi, quando il danno del “già detto” assume contorni imprevedibili, perché gli uni sono legati agli altri in un ipertesto drammaturgico.
«Perché, malgrado l’insofferenza, l’indignazione e a volte la vergogna, noi apparteniamo a queste comunità, e non solo i nostri vulnerabili corpi, ma anche i nostri cuori poggiano qui […]» dichiarano nelle note di regia i Maniaci D’Amore, e ciò che commuove dell’orrore provato è la sua violenta bellezza ed è a lei che è indirizzato Siede la terra; una dedica, più che un’accusa. Dopo aver steso a terra l’avversario, si aspetta che questo si rialzi, come una comunità ferita che nonostante gli impedimenti ha risposto alla chiamata di Kronoteatro e ha preso parte a questa speciale edizione del festival, rispettando le regole, seguendo le indicazioni, confidando in coloro che l’hanno scampata. Perché l’abbiamo scampata insieme.
Lucia Medri
Terreni Creativi Festival, Albenga – agosto 2020
PORPORA – APPUNTI D’AZIONE COREOGRAFICA
di e con Simona Bertozzi
musiche Brian Eno, Gustav Mahler
organizzazione Monica Aranzi
ufficio stampa Michele Pascarella
produzione Nexus 2020
con il contributo di Mibact – Regione Emilia Romagna
con il sostegno di Almastudios – Bologna
Progetto appositamente realizzato per Terreni Creativi 2020
PRIMITIVA
coreografie/danza Manfredi Perego
musiche Paolo Codognola
luci Giovanni Garbo
produzione TIR Danza
in coproduzione con Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza
in collaborazione con Centro Nazionale di Produzione della
Danza Scenario Pubblico CZD, Teatro delle Briciole/Solares Fondazione
delle Arti, MP.ideograms, ResiDance XL, Artista Associato
presso il Centro Nazionale di Produzione della Danza Scenario Pubblico/CZD
SIEDE LA TERRA
di e con Francesco d’Amore e Luciana Maniaci
oggetti di scena e costumi Francesca Marsella
disegno luci Alex Nesti
produzione Maniaci d’Amore / Kronoteatro
Progetto appositamente realizzato per Terreni Creativi 2020
“… eclettico, forse pure antipatico e saccente Aldo Busi”: ma perché saccente? perché non è ‘umile’, come tutti gli stupidi fanno finta di essere per raccogliere i favori di chi è più stupido di loro? E poi, ‘antipatico’ per chi? Boh…