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Si gioca alla fine del mondo. Kollaps del Mulino di Amleto

Recensione. Nella rassegna estiva Summer Plays del Teatro Stabile di Torino, al Teatro Carignano, è andato in scena Kollaps di Philipp Löhle a cura della Compagnia Il Mulino di Amleto e con la regia di Marco Lorenzi.

Foto Andrea Macchia

Quando l’individuo è stanco nel lavoro o raggiunge un carico di tensione altissimo, la sua reazione tipica consiste nel divertimento e nel gioco. La risposta ludica può assumere forme o rilassate, come accade quando ci si distende davanti alla televisione o può al contrario portare alla liberazione di un’energia persino maggiore rispetto a quella consumata nell’attività seria. In quest’ultimo caso, ciò può essere il segno che il carico di responsabilità/lavoro che gravava sul singolo era innaturale ed eccessivo. Il gioco esplode con tale intensità – a volte con delle sfumature di violenza – per compensare la frustrazione accumulata nel lungo termine.

Se applichiamo questo principio dall’individuo alla comunità, abbiamo una sintesi perfetta di Kollaps di Philipp Löhle, di recente messo in scena dalla compagnia Il Mulino di Amleto e la regia di Marco Lorenzi. Il testo immagina, infatti, che arrivi all’improvviso la fine del mondo civilizzato, a causa di un blackout di rete telefonica e internet, e pone allo spettatore un interrogativo. Come reagirebbe la nostra umanità, stanca di perenni rinunce e sacrifici per sopravvivere a un futuro incerto, se quella civiltà di colpo finisse? La risposta è, appunto, che si metterebbe a giocare irresponsabilmente: tirato un gran sospiro di sollievo, essa sfogherebbe la tensione o le frustrazioni represse nel tempo compiendo atti folli e senza senso. Kollaps ipotizza però anche che questa apocalisse sia apparente, perché nello spazio di un solo giorno luce e internet tornano a funzionare perfettamente. A quel punto, compiute le loro follie, gli esseri umani tornano a condurre le loro vite serie e composte, mentre il disastro mancato viene ora ricordato come una turbolenta notte di carnevale.

Foto Andrea Macchia

Ora, la rappresentazione de Il Mulino di Amleto, pensata al’interno della stagione estiva dello Stabile di Torino, Summer plays, enfatizza questa intuizione di Löhle del carattere “ludico” della fine del mondo. Come scrive Lorenzi nelle note di regia, la sua versione dell’«apocalisse sgangherata» di Kollaps è una sorta di «mockumentary» – un finto documentary che registra e insieme deride (mock) i comportamenti che assumeremmo noi umani in tale situazione-limite. Ne deriva la costruzione del ritmo scenico e della recitazione degli attori volutamente sopra le righe, spesso sullo stile slapstick comedy, che evidenzia il grado estremo della follia a cui sono giunti i personaggi. Abbiamo la rappresentazione dei coniugi Becker (interpretati da Barbara Mazzi e Raffaele Musella) che, ammiccando a una telecamera con un largo sorriso, alternano il racconto della fine del mondo mancata con la barzelletta o l’aneddoto. O ancora, vediamo la goffa follia di Sven Seeger nell’interpretazione di Angelo Maria Tronca, che si improvvisa rapinatore di banche senza saper tenere un fucile in mano e ignorando che i soldi non servono più a nulla quando il mondo finisce. Infine, Ronny Bruer e Verena Schütz (rispettivamente incarnati dall’attore Yuri D’Agostino e dall’attrice Roberta Calia) che, da composti imprenditori professionisti, si trasformano in teppisti che intendono far tornare il mondo alla natura liberando tutti gli animali dello zoo comunale. Intanto, sullo sfondo di queste tre vicende, i video di Eleonora Diana e gli effetti sonori di Gianmaria Ferrario danno uno squarcio della restante parte degli esseri umani, che distruggono negozi, picchiano a sangue i passanti e compiono altri atti di violenza gratuita. In questo scenario impietoso, si ride quindi del rumore che l’umanità fa quando abbandona ogni freno e del suo grottesco ritorno alla precedente “normalità”.

Foto Andrea Macchia

Fin qui si potrebbe pensare che questo Kollaps sia solo una satira corrosiva della stoltezza umana, satira che potremmo collocare all’interno della tradizione di alcuni dialoghi di Luciano di Samosata o dell’operetta Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam. Il gioco che è qui rappresentato nasconde anche altro, che la regia di Lorenzi fa emergere attraverso la creazione sulla scena di vuoti e silenzi. Lo schermo comico serve a fare da paravento a tragedie invisibili, che accadono quasi senza far rumore: delle autentiche apocalissi di piccoli mondi individuali dentro l’apparente fine del mondo globale. Esempio lampante è l’abbandono in casa dei figli piccoli dei coniugi Becker, i quali prendono tale decisione per liberarsi da ogni responsabilità e partecipare alle risse violente nelle strade. Ma più in generale, il disastro mancato evidenzia che alla civiltà odierna basti un niente per precipitare nel caos e che, dietro la compostezza dei nostri comportamenti, si nasconda un animale pronto ad attaccare il vicino, quando i freni sociali vengono di colpo meno. Da qui segue un ultimo inquietante interrogativo. Se l’umanità manifesta tanta violenza di fronte a un pericolo apparente, cosa potrebbe emergere di fronte a un’apocalisse reale?

Foto Andrea Macchia

Il mondo civile dunque non finisce e ci si fa una grande risata. Contemporaneamente ci si impietosisce, di fronte allo spettacolo della morte sommessa dell’amore filiale, delle gioie del matrimonio e del naturale vincolo di affettività dell’uomo verso l’uomo. Ci si impaurisce al pensiero che la civiltà è appesa a un equilibrio precario e può piombare in un secondo giù dentro l’abisso. L’umanità fittizia di Löhle e del Mulino di Amleto che gioca sull’orlo del precipizio, disposta ad abbandonare i propri figli, che dimentica secoli di civiltà per abbandonarsi alla violenza informe, tra qualche anno potrebbe benissimo essere la nostra.

Enrico Piergiacomi

28 lug – 2 ago 2020. Teatro Carignano, Torino

KOLLAPS (Collasso)
di Philipp Löhle
con (in ordine alfabetico) Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Raffaele Musella, Angelo Tronca e Gianmaria Ferrario (contrabbasso, pedaliera, distorsioni e effetti sonori) / regia Marco Lorenzi
TPE – Teatro Piemonte Europa / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale in collaborazione con Il Mulino di Amleto

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Enrico Piergiacomi
Enrico Piergiacomi
Enrico Piergiacomi è cultore di storia della filosofia antica presso l’Università degli Studi di Trento e ricercatore presso il Centro per le Scienze Religiose della Fondazione Bruno Kessler di Trento. Studioso di filosofia antica, della sua ricezione nel pensiero della prima età moderna e di teatro, è specialista del pensiero teologico e delle sue ricadute morali. Supervisiona il "Laboratorio Teatrale" dell’Università degli Studi di Trento e cura la rubrica "Teatrosofia" (https://www.teatroecritica.net/tag/teatrosofia/) con "Teatro e Critica". Dal 2016, frequenta il Libero Gruppo di Studio d’Arti Sceniche, coordinato da Claudio Morganti. È co-autore con la prof.ssa Sandra Pietrini di "Büchner, artista politico" (Università degli Studi di Trento, Trento 2015), autore di una "Storia delle antiche teologie atomiste" (Sapienza Università Editrice, Roma 2017), traduttore ed editor degli scritti epicurei del professor Phillip Mitsis dell'Università di New York-Abu Dhabi ("La libertà, il piacere, la morte. Studi sull'Epicureismo e la sua influenza", Roma, Carocci, 2018: "La teoria etica di Epicuro. I piaceri dell'invulnerabilità", Roma, L'Erma di Bretschneider, 2019). Dal 4 gennaio al 4 febbraio 2021, è borsista in residenza presso la Fondazione Bogliasco di Genova. Un suo profilo completo è consultabile sul portale: https://unitn.academia.edu/EnricoPiergiacomi

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