Michele Sinisi presenterà al Todi Off 2020, dal 3 al 6 settembre 2020, un workshop di formazione dedicato all’attore. Iscrizioni fino al 24 agosto 2020. Materiali creati in Media Partnership.
Qual è il valore che ha per te la trasmissione delle pratiche teatrali?
Per me il valore della trasmissione è rendere liberi gli altri, tanto quanto cerco di esserlo io. È importante trasmettere – in senso artigianale e professionale – la possibilità di comunicare, declinandola in ogni forma linguistica; tenendo presente questo, io cerco di rendere ognuna delle persone con cui mi trovo a lavorare a tal punto emancipata da sfruttare tutte le tecniche che ci sono date per farlo. Questo è importante anche in senso politico: tra tanti che partecipano ai laboratori c’è anche chi non vuole fare questo di mestiere nella vita, ma vuole magari fare un’esperienza di comunità; fornire loro gli strumenti, i segreti per farlo pienamente, gli permette di vivere al meglio anche in altri ambiti. Dal punto di vista poetico invece, proprio per questo, è meno facile, perché ho con il teatro un legame funzionale al farsi comunità, all’essere collante e non servire sé stesso; pertanto, se ogni tempo ha il suo linguaggio, le domande che si trasportano nelle diverse epoche si somigliano tra loro, quindi poi le tecniche di trasmissione sono quelle che vengono in aiuto nel desiderio di comunicare con gli altri.
Quali sono gli aspetti su cui vorresti soffermarti e quali ne saranno gli strumenti?
Ci troviamo in un tempo di grande cambiamento, di linguaggio, nella trasformazione dei supporti tecnici, in cui il teatro perde i propri confini abituali e lo spettacolo stesso è la scena madre di un progetto fatto di persone. Questo appuntamento di formazione sarà la possibilità, quasi maieutica, di poter capire in modo concreto e artigianale qual è il nostro ruolo, dove ci mettiamo oggi per continuare a svolgere quella funzione di raccontare storie, qual è il tempo della costruzione, quali sono i segni che dovrebbero intervenire per creare il corpo del racconto, per essere pronti a interpretare la condizione attuale o quella che verrà, cambiando ancora.
Parlando di strumenti, l’approccio che adotto da un po’ di anni è ragionare continuamente sul senso dell’opera, attraverso una riflessione politica e filosofica, ma anche ironica; e senza mai dimenticare di stare all’aperto, stare nella vita reale, con tutte le sue problematicità.
Quale valore ha una esperienza collettiva di ricerca teatrale in un periodo come quello che stiamo vivendo?
Questo presente, molto intenso nella sua fragilità, ha però una grossa concretezza proprio nei processi, nelle tappe di formazione attorno ai progetti di scena. Stiamo definitivamente guardando in faccia un cambiamento che era già in atto e che era molto più denso di quanto riuscissimo a raccontare in teatro. E quella concretezza, che è insieme civile, politica, teatrale, ci era molto mancata negli anni precedenti. È come se avessimo sbattuto la testa contro un muro che è la realtà mai così complessa e trasformata.
Potessi pronunciare una frase per convincere un potenziale partecipante al laboratorio cosa diresti?
Gli direi che a me interessa stare assieme, non capire ma vivere delle esperienze umane e artistiche, fare delle cose che nella vita normale non potremmo fare, perché il teatro deve essere sempre quello spazio in cui si fanno cose entusiasmanti, in cui anche raccontare una storia di estrema inquietudine deve essere una grande possibilità di divertirsi. E poi che alla fine di ogni giornata di lavoro andiamo a prenderci un gin tonic…
Redazione
La masterclass avrà luogo dal 3 al 6 settembre 2020. Qui tutte le info