Un episodio, il 60°, di Teatro in Video dedicato a Franca Valeri, scomparsa il 9 agosto del 2020. Qui la visione de La cantatrice calva di Eugène Ionesco.
Risaputo: la vita è una questione di tempi. Molti hanno quelli sbagliati, pochi quelli giusti e alcuni sono capaci di un’alternanza di recupero. Lapalissiano: la vita è una questione di tempo. C’è chi ne ha diverso, chi non ne ha abbastanza, chi se lo guadagna, chi lo butta, chi pensa di averne troppo e chi, alacremente, semplicemente, lo usa. Oggi, una decina di giorni dopo averne festeggiato il centenario di nascita, pare evidente a tutti che Franca Valeri, di tempo, ne abbia avuto tanto, per imparare i tempi giusti e sbagliati, per guadagnarsi il recupero. Perché in fondo quasi a nessuno succede di potersi concedere la celebrazione di un compleanno a tre cifre e poi salutare in contropiede, lasciandoci con poco altro da dire.
Milanese, trapiantata poi in territorio romano, da figlia di padre ebreo ha conosciuto nemmeno troppo di sbieco la ferocia delle persecuzioni razziali prima di dedicarsi alle esperienze attorali nel contesto universitario, prima di iniziare a scrivere pezzi propri. Quando alla fine dei Quaranta col Teatro dei Gobbi (insieme a Vittorio Caprioli e Alberto Bonucci, poi Renato Salce) si sposta a Parigi e porta in scena Carnet de notes n . 1 e Carnet de notes n. 2 si ritrova a dividere un palcoscenico del quartiere latino con Marcel Marceau, a imparare le regole dello sketch così caro al varietà, impiantando una struttura da plasmare e declinare in una postura specifica e personale che la renderà popolare e riconoscibile anche al grande pubblico. Senza mai sconfessare l’acume garbato e inclemente da cui un certo tipo di comicità dipende per ontologia, negli anni Cinquanta arriva l’esordio cinematografico ne Le luci del varietà di Federico Fellini codiretto da Alberto Lattuada e poi un’altra lunghissima sequela di titoli, da Totò a Colori a Il Vedovo, da Il segno di Venere a I motorizzati, da Gli onorevoli a Nel giorno del Signore, da Non ti conosco più amore a C’est pas moi, c’est lui, …
Personaggio radiofonico, attrice di prosa e varietà, interprete cinematografica, doppiatrice, scrittrice di commedie e libri, sceneggiatrice, regista d’opera, si è detto molto in questi giorni della sua indipendenza di donna e di artista, della sua indefessa autonomia di pensiero e di osservazione, la stessa che nel 2011 la porta a intervenire sul palcoscenico del Teatro Valle durante l’occupazione o a sostenere quella dell’ex Cinema Palazzo di Roma. A rendere familiare quel volto da non bellona, da non maggiorata, da non patinata platinata a partire dagli anni Sessanta ci pensa la televisione, soprattutto con programmi come Studio Uno e Sabato Sera, così la Signorina Snob si sdogana dalla radio e le telefonate alla madre della Sora Cecioni diventano quasi un topos. Ma anche con serie e sceneggiati: è del 1967 questa versione Rai per la regia di Josè Quaglio de La cantatrice Calva, opera di Eugène Ionesco (del 1950) tra i capisaldi di quanto verrà definito teatro dell’assurdo, descritta dall’autore come un’«anticommedia, cioè veramente la parodia di una commedia, una commedia nella commedia» per la sua volontà di decostruire o negare di tutti i canoni di senso e linguaggio, di mimesi dello spazio-tempo propri di una pièce del secolo scorso, minandoli nell’apparente conservazione strutturale.
Non sempre, forse, non subito. È solo questione di tempo, è solo questione di tempi.
Marianna Masselli
Qui il video su RaiPlay (clicca sull’immagine, la visione è gratuita ma è richiesta la registrazione al sito RaiPlay)
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