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Lucido il sogno, confusa la realtà

A Torino va in scena Summer Plays, rassegna estiva dello Stabile al Teatro Carignano. Tra i tanti spettacoli ecco Lucido di Rafael Spregelburd, per la regia di Jurij Ferrini. Recensione.

Foto Teatro Stabile Torino

Un’emozione compressa. Un po’ come fosse la prima volta. Tornare a teatro dopo la pandemia (ammesso che si possa parlare, ancora, di un dopo) si carica di un senso più profondo, un magnetismo che forse fa recuperare il motivo di una scelta antica o, forse, della disponibilità ad essere scelti dal teatro. Perché non esiste teatro senza relazione, questo lo confermano sia l’esperienza che l’etimologia, e la relazione non è certo univoca ma bidirezionale: teatro è la forma più alta e profonda di incontro sensibile, contemplazione di sé stessi da parte degli occhi riflessi dal palco. E allora non serviva che un’occasione, per tornare a farne esperienza. L’ha offerta Summer Plays, ossia le sere d’estate (fino a settembre) che il Teatro Stabile di Torino ha pensato di portare tra le poltrone del Teatro Carignano. Teatro, è scritto fuori. Teatro, si agisce (e agisce) dentro. In questo caso per una versione tutta italiana del Lucido firmato da Rafael Spregelburd, testo del drammaturgo argentino già Premio Ubu 2011 e qui diretto da Jurij Ferrini in una produzione TPE – Teatro Piemonte Europa.

Foto Teatro Stabile Torino

In una scena fissa d’interno casa, una parete rettangolare in carta da parati celebra il tempo informe e assiste alla vicenda, incistata nel passato, di una famiglia che sembra priva di qualunque misura: Tetè è una madre confusa (ricca e multiforme l’interpretazione di Rebecca Rossetti), sbaglia continuamente i dati della memoria propria e degli altri, mescola i presupposti reali in una perenne riformulazione della certezza, fino a perderne continuamente il riferimento stabile; l’arrivo in casa di una figlia, Lucrezia (Agnese Mercati), assente da 15 anni, sposta un equilibrio già di per sé non chiarito, sconvolge la vita di quella casa dove a fatica, ogni giorno, cerca di superare i propri complessi anche Luca (Federico Palumeri) che vive un rapporto conflittuale con la madre; c’è un padre lontano, scomparso fin da quella prima separazione 15 anni prima, c’è un nuovo ipotetico compagno della madre, Dario (lo stesso Ferrini), che cerca di interagire con una situazione in divenire prima che esploda del tutto. E c’è un antefatto: Lucrezia, da bambina, ha “prestato” un rene per un trapianto al fratello Luca. Torna ora, in apparenza, convinta a riaverlo indietro per il marito malato.

Foto Teatro Stabile Torino

È in questo contesto, disegnato da Spregelburd attraverso una scrittura ipertrofica, surreale fino a disarcionare i confini della credibilità, che la situazione dall’assurdo pian piano si posa e si prende lo spazio del concreto, del possibile. Ciò avviene grazie alla cura di una regia attenta che riesce a tenere in equilibrio la reiterazione dell’ironia, sospinta ma mai ingombrante, che non elude la forte drammaticità della storia, ricca di brusche accelerazioni e repentine sospensioni, capaci di inarcare un ritmo fluido, ondulato, dei dialoghi. La comicità, talvolta nera, di Spregelburd è un manto tutto attorno al tragico sommerso in questa commedia; la qualità maggiore della regia è tenerlo lì tutto il tempo, perché emerga solo alla fine con un colpo di scena decisivo.

Lucido. È un aggettivo privato del suo sostantivo. A tal punto espressivo da non aver bisogno di un nome per appoggiarsi, rifugiarsi in una cellula di senso definita. Sfugge, anzi, proprio la definizione perché lucido è il sogno ad occhi aperti, quindi una dimensione ibrida tra il reale e l’onirico, perverso meccanismo che mescola i dati conosciuti in una inedita, ignota altra forma. Ma ad essere determinante, in questa smarginatura dell’individuo in una corporeità che perde i contorni, è la possibilità inaudita di restare svegli nel sonno, poter intervenire sulla vicenda in trasformazione, dominare quindi le paure più dense che nel sogno si sprigionano. E se dunque il sogno notturno continua in altra forma la vita diurna, è desolante ma accorato avvertire il sogno come ennesima nuova possibilità, rifarsi i ricordi attraverso un dosaggio al presente delle emozioni rimosse, surfare la spuma sulla cima di un’onda che arriva da un mare lontano. E però si rompe, anch’essa, sulla riva e torna indietro.

Simone Nebbia

Teatro Carignano, Torino – Luglio 2020

LUCIDO
di Rafael Spregelburd
regia Jurij Ferrini
con Rebecca Rossetti, Agnese Mercati, Federico Palumeri, Jurij Ferrini
traduzione Valentina Cattaneo e Roberto Rustioni
luci e suono Gian Andrea Francescutti
assistente alla regia Andrea Peron
produzione TPE – Teatro Piemonte Europa / Progetto U.R.T.

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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