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A Laramie, nelle viscere dell’odio

Debutta al Napoli Teatro Festival 2020 la compagnia del Teatro dell’Elfo con Il seme della violenza – The Laramie Project, testo di Moisés Kaufman. Recensione.

Foto Laila Pozzo

La storia è un grande equivoco, agisce per e dentro il proprio stesso paradosso: è percepita come inesorabile e sentenziosa, ma allo stesso tempo si compone di eventi, punti fissati nella memoria, accadimenti che definiscono ogni volta un prima e un dopo; e tali eventi non hanno motivo di esistere se non esercitati da e per gli uomini. La storia è dunque una sequenza nella continuità, un tragitto condizionato dalle occasioni che la determinano; la stessa ciclicità dei suoi ritorni tra tradizione e avanguardia, che ormai si manifesta per assodata, è frutto di un movimento compiuto verso il divenire, verso dunque un ambito che supera l’umano, seguendo però una scansione per eventi proprio determinati dall’uomo.

Foto Laila Pozzo

È in tale contesto che si inseriscono alcuni fatti di cronaca esemplari, accaduti in luoghi mai prima pronunciati o toccati da interesse mediatico, di colpo assunti come foglio lucido che in trasparenza mostri i segni dell’evoluzione. Tra di essi è un evento tragico avvenuto nell’Ottobre 1998 in USA, a Laramie, nel Wyoming: l’aggressione e l’omicidio di Matthew Shepard, studente di 22 anni brutalmente e deliberatamente ucciso in virtù del suo orientamento sessuale. A tale tragico evento (che dà nome all’omonima “Legge Shepard” federale contro i “crimini per pregiudizio”, approvata dall’amministrazione Obama e ancora assente in Italia) si lega Il seme della violenza – The Laramie Project, testo di Moisés Kaufman e del Tectonic Theater Project, adattato e diretto da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia per la compagnia del Teatro dell’Elfo, in scena nel Cortile d’onore del Palazzo Reale al Napoli Teatro Festival 2020.

La scena si compone in una disposizione prospettica, circolare, di banchi scolastici dietro i quali sono tutti gli attori; lo spazio d’azione di ognuno, oltre che al proprio posto, è appena nei dintorni o a centro scena, in dialogo con gli altri; alle loro spalle uno schermo fa da contrappunto per immagini alla vicenda che si articola attraverso un meccanismo istruttorio e che procede a ritroso o, forse meglio, in un ritmo ondulatorio: dalla ricerca di informazioni che la compagnia teatrale newyorkese di Kaufman ha svolto proprio sul campo a Laramie, attraverso interviste e soprattutto conquistando la fiducia della comunità al centro di uno scandalo forse più grande della stessa, fino alla vicenda giudiziaria che ha condannato all’ergastolo due ragazzi locali, in virtù del palese crimine commesso. Tale struttura compositiva fa sì che la drammaturgia sia interamente veicolata dagli attori: con pochi elementi di differenza, interpretano ognuno un alto numero di personaggi, fino alla difficile ma compiuta sfida di far parlare tutti i protagonisti della storia.

Foto Laila Pozzo

Per due ore di spettacolo gli attori, guidati in scena dallo stesso Bruni e tra i quali si segnalano una convinta e convincente Marcela Serli e giovani d’avvenire come Marta Pizzigallo e Umberto Petranca, danno consistenza alla narrazione seguendo schemi fissi che abbiano nella voce, nei gesti, nelle intenzioni, i caratteri da affidare all’uno o all’altro; tale buon uso del comparto attoriale, solo in alcuni casi un po’ smaccatamente stereotipo ma corale come spesso nelle produzioni dell’Elfo, se da un lato permette di identificare una linea espressiva nitida, dall’altro seguendo i fatti si raffigura soltanto attraverso il canale dell’istruttoria, che poco varia e che non si produce in un, forse benefico, afflato poetico. Tra i pochi elementi di diversità è la divisione della vicenda tra rappresentazione e narrazione, la prima agita attraverso un abbozzo di situazione scenica, la seconda evocata nelle parole al passato dei protagonisti che evidenziano certi punti utili a ricomporre la sequenza dei fatti. Ne consegue che l’impianto scenico quanto quello retorico non sviluppano particolare profondità e restano fermi a una sola dimensione, decisamente ben delineata e rimarchevole di uno stile documentario – moderno e internazionale – che imprime le informazioni con decisione e abilità, ma allo stesso tempo priva di un livello espressivo ulteriore.

La ricerca della compagnia teatrale di New York, assimilata interamente dall’Elfo non solo nelle competenze formali ma nelle intenzioni più universali, rivela allo stesso tempo la difficoltà di penetrare la coltre di una comunità radicata, quando nelle sue viscere si sviluppa un evento la cui risonanza esplode i confini territoriali, ma anche più a fondo la contraddizione tra coscienza e civiltà, indagata con il fine di rintracciare quel seme primo e scatenante di una violenza inspiegabile, clandestina nell’animo buio di una società apparentemente pacifica. Laramie non è “il caso Laramie”, continuamente la gente del posto cerca di esprimere questo concetto che l’impianto mediatico deve invece inquadrare attraverso un codice riconoscibile; ed è qui che si incaglia la contraddizione, è qui che la coscienza dell’individuo, quando cerca la strada dell’uniformità collettiva di giudizio e indignazione, si stratifica e fallisce. Suona Amazing Grace, solenne gospel di John Newton entro cui trapela la storia del giovane Shepard: “I once was lost, but now am found, was blind but now I see”, queste parole scavano nella profondità di ogni spettatore, ricavano nel silenzio di un viaggio intimo una necessità urgente di cambiamento endemico della società, ben prima che Matthew Shepard, George Floyd, Rosa Parks, Stefano Cucchi, i tanti, troppi nomi ricordati da vicende di sopraffazione civile, diventino simboli di lotta e di una – troppo facile a chi resta – redenzione.

Simone Nebbia

Palazzo Reale, Napoli Teatro Festival – Luglio 2020

IL SEME DELLA VIOLENZA
The Laramie project
di Moisés Kaufman e dei membri del Tectonic Theater Project
traduzione di Emanuele Aldrovandi
regia di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
luci Michele Ceglia, suono Giuseppe Marzoli
con Ferdinando Bruni, Margherita Di Rauso, Giuseppe Lanino, Umberto Petranca, Marta Pizzigallo, Luciano Scarpa, Marcela Serli, Francesca Turrini
produzione Teatro dell’Elfo e Fondazione Campania dei Festival
in collaborazione con il Festival dei Due Mondi Di Spoleto

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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