La prossima riapertura del 15 giugno e la conferma o meno dei festival estivi muovono a una serie di interrogativi. Una riflessione, condivisa.
«Avrei preferito non arrivare mai a questa sorta di “ansia da prestazione”. Da meridionale, credo nella pazienza dell’otium, da teatrante e operatore peserei con cura – come ho fatto personalmente – questa pausa, per avere più tempo da dedicare alla riflessione e alla risoluzione di tutte quelle problematiche nodali di questo settore finora trascurate. Ora siamo ripartiti di nuovo all’arrembaggio e ciò andrà a nostro discapito. Dovranno essere preparati in poco tempo i bandi, programmati i festival nell’incertezza e gli artisti saranno costretti ad adattarsi a condizioni misere…Tutto ciò non doveva accadere». È Dario De Luca a rispondermi, regista, autore e attore della compagnia Scena Verticale e direttore del festival Primavera dei Teatri che sarebbe dovuto iniziare lo scorso 27 maggio a Castrovillari, in provincia di Cosenza e ora rimandato, forse, in autunno. La sua è tra le voci gentili ma distanti, preoccupate, in bilico tra una stasi spinta all’operatività ma senza protezione e la nostalgia di un mestiere che inevitabilmente sta cambiando, anzi, è già cambiato.
La volontà di dialogo testimonia premura e cautela ma anche il bisogno di manifestare una presenza politica, per la polis appunto, che possa attraverso un gesto all’avanguardia (nell’accezione di qualcosa che vada oltre il limite), imporre la propria fattibilità in un momento in cui sembra difficile adattarsi alla realtà che ci circonda, ancora di più rispetto a ciò che è stato vissuto durante il fermo della lunga quarantena. Abusato e osannato, il termine “ripartenza” ha acquisito per i lavoratori dello spettacolo un valore di ritrovata prospettiva, di orizzonte quantomeno, nonostante quello che si apre davanti sia complesso, imprevedibile e, ammettiamolo senza timore, estremamente difficile perché non protetto. Si lavora, si pensa, si progetta, si programma una futura stagione dei festival estivi che appare ad oggi come la più grande scommessa del settore, il cui riavvio è legittimato da un decreto che non tiene affatto conto della pluralità della nostra geografia teatrale nazionale e che rischia di creare un gap ancora più profondo tra coloro i quali potranno permettersi una riapertura e quelli che saranno costretti a fare un passo indietro.
«Non sappiamo cosa succederà, e la tensione è palpabile. Ci troviamo in una situazione che potrebbe rivelarsi molto positiva per chi decide di osare, la cui “prepotenza” potrebbe risultare quasi funzionale. Organizzare e confermare questa edizione potrebbe rappresentare una sperimentazione interessante che dia però garanzie agli artisti, offra biglietti ridotti, se non addirittura omaggio, per spettacoli rimodulati in micro performance all’aperto». Tiziano Panici, direttore artistico di Dominio Pubblico, così presenta il possibile festival, ancora in attesa dell’ufficialità da parte del Teatro India (Teatro di Roma), per quanto riguarda gli spazi esterni, del Comune di Roma e della Regione Lazio che dovrebbe giungere a fine giugno per tutti gli eventi dell’Estate Romana. Scelta di azione che potrebbe riportare dunque al centro della collettività l’importanza di un comparto che si è sentito a più riprese non considerato adeguatamente dagli ultimi provvedimenti governativi. A tal proposito è indicativo il pensiero di Settimio Pisano, direttore insieme a De Luca di Primavera dei Teatri: «dovremmo chiederci quanto pesiamo realmente per la comunità per poter essere in grado di ricollocare la considerazione del nostro settore all’interno della società; che questo implichi un ripensamento dei fondi pubblici, che riconsideri ruolo e funzione di ognuno di noi. Questa crisi ci ha fatto rendere conto di quanto non dobbiamo dare per scontato di avere un’importanza imprescindibile».
Stiamo muovendoci verso nuove modalità di socializzazione e condivisione dell’esperienza artistica e in questa fase così delicata sono proprio le piccole comunità a non dover essere lasciate sole dalle istituzioni, dai sostegni regionali e comunali. Angela Fumarola e Fabio Masi, direttori e curatori artistici di Inequilibrio Festival, invitano a non cedere alla fretta: «Questo rimane un tempo sospeso, non dobbiamo avere l’urgenza della ripartenza, abbiamo la necessità di fare le cose con garbo, nella sicurezza dei luoghi, degli artisti e del personale. Consapevoli più di prima del nostro ruolo, stiamo immaginando un festival a settembre per il quale il dialogo con gli artisti deve essere continuo, non possono essere lasciati soli in questo momento e ci stiamo impegnando a preservare questa relazione, non vogliamo spostare o riadattare opere piuttosto le rimanderemo al 2021. Ripartiremo innanzitutto dalle residenze artistiche perché sono vitali, creano relazioni e processi».
Questioni sensibili, presupposti di lavoro fondamentali rispetto ai quali artisti e operatori si aspettano maggiori tutele e risposte, le stesse reclamate a gran voce all’indomani della manifestazione #Convocatecidalvivo. Nonostante ciò «potrebbe essere una bella battaglia» rivendica Maurizio Sguotti della compagnia Kronoteatro che organizza da dieci anni ad Albenga il festival Terreni Creativi: «la programmazione pensata è stata stravolta e il nostro festival subirà modifiche specie per quanto riguarda l’aspetto relativo alla convivialità del cibo. Abbiamo ponderato a lungo se farlo o meno per evitare di snaturarlo ma abbiamo deciso alla fine di esserci, per dare un segnale che riteniamo importante». Dello stesso avviso è anche Stefano Té, direttore artistico del Teatro dei Venti e di Trasparenze Festival che da maggio e a Modena sembra forse, ancora non è ufficiale, potrà trasferirsi nel borgo di Gombola nell’ultimo fine settimana di luglio e nei primi due di agosto. Consapevole di quanto questa sia «un’accelerazione senza pensiero» afferma tuttavia che sarà «un’edizione manifesto di resistenza per opporsi alla depressione, un pretesto per reincontrarsi e prendere forza attraverso un programma ufficiale e uno sommerso che animerà di nuovo le strade del borgo nel rispetto dei protocolli ma senza fermarsi».
Termoscanner, distanziamento di un metro per ogni sedia, dpi a disposizione, applicazione del PSA (piano strategico anticontagio), live streaming degli spettacoli e trentotto gli spettacoli garantiti con palchi all’aperto e nei chiostri, per i quali la capienza sarà ridotta a circa ottanta posti: la diciottesima edizione di Kilowatt Festival, dal titolo Viaggio al termine della notte, è confermata a Sansepolcro dal 20 al 26 luglio e avrà come padrino Roberto Latini. Luca Ricci, il direttore artistico, non ha infatti alcuna remora e si assume la responsabilità di un’edizione che non vuole fermarsi: «il dialogo con gli artisti è continuativo e necessario da mesi e sempre in aggiornamento, garantiremo loro spazi in sicurezza, accessi contingentati, biglietteria online e l’offerta spettacolare non sarà incompleta ma mirerà a soddisfare il pubblico, mentre per ciò che accadrà in scena confidiamo nel rispetto delle regole di distanziamento da parte delle compagnie e degli artisti coinvolti». Tra la conferma della presenza politica e la scelta dell’assenza per un’attesa che sia riparatrice, i festival italiani ridisegnano così ciascuno il proprio ruolo e, nel tentativo di non snaturarsi, cercano di rispondere coi mezzi a loro disposizione a una normativa che in realtà non fornisce risoluzione alcuna e, a seconda delle direzioni artistiche, intendono dimostrare vicinanza agli artisti, i quali ad oggi non hanno ancora la possibilità di provare e montare adeguatamente i propri lavori…
Nel mese di aprile, quando come di consuetudine si svolgeva la conferenza stampa, Romaeuropa Festival ha deciso di pubblicare il programma online al quale aveva lavorato fino a quel momento con gli artisti ribadendo «Non sappiamo se e come riusciremo ad accogliere e presentare quest’anno tutti i progetti e gli spettacoli previsti […] Questo è prima di tutto il tempo della solidarietà. Ci ritroveremo, per la trentacinquesima volta il prossimo autunno, forse in maniera diversa, ma con lo stesso desiderio di essere insieme». Confermata per il mese di luglio anche l’edizione del Napoli Teatro Festival in spazi all’aperto con oltre cento spettacoli e divisa in due parti: la prima più nazionale e la seconda, a settembre, che darà spazio, salvo cambiamenti, alla dimensione internazionale. Salta invece nel mese di giugno, la 25° edizione del Festival delle Colline Torinesi in lavorazione e rimandata a data ancora incerta, nelle parole del direttore Sergio Ariotti la rassegna manterrà la propria natura di vetrina aperta alla multidisciplinarietà e al confronto internazionale: «agli spettatori, agli artisti chiediamo di aspettarci con fiducia». Anche Centrale Fies conferma «non un festival, ma un allenamento collettivo al pensiero, all’azione, all’adesso» nel nuovo formato XL pensato per i 40 anni di Drodesera e i 20 anni di Fies strutturato in una programmazione in progress fino a dicembre: «Qualsiasi cosa ancora accada – sostiene il Presidente di Centrale Fies Dino Sommadossi – cercheremo di preservare il circolo virtuoso della cura e dell’attenzione che in tutti questi anni ha guidato ogni azione del centro, e adesso verrà chiesto a soggetti molteplici di fare lo stesso, di avere cura di un pezzo di ecosistema attraverso azioni reciproche». Anche l’edizione di Ipercorpo Festival internazionale delle arti dal vivo da maggio è stata rimandata a settembre e suddivisa in due parti come afferma il direttore Claudio Angelini: «il festival, il cui tema di quest’anno è il Tempo reale, vivrà il cambiamento come un’opportunità per produrre e veicolare nuovi format e significati».
E la critica? Prendere parte alla restituzione di un processo che inevitabilmente ha subìto un mutamento dall’idea iniziale, “ferito” dalla stasi di questi mesi, implicherà la messa in discussione della solita postura: l’empatia di una comprensione maggiormente legata tanto alla sfera individuale che al contesto. In bilico tra molti timori e aspettative, tenendo presente lo sforzo che stanno compiendo gli artisti, immaginiamo allora come il concetto di festa teatrale possa attualizzarsi ed essere davvero una festa sì, ma per tutti. Attraverso le parole di Daniela Nicolò di Motus che quest’anno dirige insieme a Enrico Casagrande il cinquantenario di Santarcangelo Festival, auspichiamo che si possa davvero provare a vivere e concretizzare il prossimo futuro: «il nostro Futuro Fantastico è la volontà di non rinunciare all’immaginazione. Sono molto preoccupata ma credo che non dobbiamo smettere di pensare a soluzioni fantascientifiche, che vadano cioè oltre il reale e possano piantare semi per scongiurare la paura».
Lucia Medri
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