M.A.P.P.A. è un progetto di ricognizione e mappatura internazionale sulla critica dedicata alle performing arts. Abbiamo intervistato giovani giornalisti, osservatori e critici provenienti da tutta Europa.
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Clàudia Brufau vive a Barcellona dove si occupa di danza indipendente, combinando giornalismo culturale su diversi media online e cartacei con la gestione della comunicazione. Attualmente lavora per la piattaforma di danza europea Aerowaves e collabora con istituzioni private e pubbliche come L’Estruch (centro di creazione di arti dal vivo) o private come Fundació “la Caixa” (programmando eventi di danza sullo schermo). Scrive per Revista Musical Catalana, Núvol e coordina la sezione danza dei Critici delle arti dello spettacolo in Catalogna (Recomana). In precedenza, ha lavorato come sceneggiatrice in programmi musicali della televisione pubblica catalana (TV3). Si è formata come ballerina all’Institut del Teatre, ha conseguito una laurea in filologia inglese presso l’Università di Barcellona (Erasmus al Goldsmith’s College) e un master in Studi teatrali (UAB) e in Giornalismo culturale (UPF).
Oriol Puig Taulé è giornalista freelance e critico teatrale. Ha conseguito una laurea in Storia dell’arte presso l’Università Autònoma di Barcellona (Erasmus presso “La Sapienza”, Roma) e un master in Studi teatrali (UAB e Institut del Teatre). È direttore della sezione Teatro di Núvol e scrive su altri media online. Ha scritto in teatro negli ultimi vent’anni, su riviste accademiche come Assaig de Teatre o Estudis Escènics, e su media culturali come Time Out, Entreacte o Barcelona Metròpolis. Tiene regolarmente conferenze per la piattaforma di critica d’arte Recomana o l’associazione culturale Agost Produccions, e intervista regolarmente i drammaturghi che debuttano alla Sala Beckett-Obrador Internacional de Dramatúrgia. Cura una rubrica di storia del teatro per l’emittente radio Rac1.
Quali misure sono state prese a sostegno dei lavoratori dello spettacolo in Spagna?
Claudia: Il governo spagnolo sta organizzando la riapertura (desconfinamiento) in quattro fasi, cominciate il 4 maggio scorso e spalmate fino al 21 giugno (Barcellona e Madrid sono in fase 2 dall’8 giugno, ndr), con una differenziazione regione per regione. Per quanto riguarda le arti performative, l’azione intrapresa dal governo centrale è carente a fronte del fatto che la maggior parte degli artisti e delle compagnie non avrà lavoro per tutto il 2020. Il 5 maggio è stata approvata una legge (Real Decreto-ley 17/2020) per alleviare l’impatto finanziario della crisi sui lavoratori del settore, fondamentalmente un’indennità di disoccupazione. Ma, da quello che percepisco dagli amici attori e danzatori, non è facile compilare le carte. Alcuni di loro chiederanno piuttosto il reddito di base garantito del governo catalano, il che significherebbe svolgere qualunque lavoro di cui ci sia necessità al momento, a patto di essere qualificati. Un orizzonte piuttosto complesso.
Quali sono le misure previste riguardo alle riaperture dei teatri?
Claudia: In termini di riapertura ci sono festival come il Grec Festival che ha riformulato la programmazione in versione molto locale, per supportare le aziende locali. Si manterranno le distanze secondo normativa tra gli spettatori, quindi si venderanno molti meno biglietti. Il problema per le compagnie che si esibiranno in questo festival (che si svolgerà a luglio) è trovare luoghi dove fare le prove (gli spazi pubblici per le prove sono ancora chiusi) e trovare le modalità giuste per creare in queste circostanze, che certamente influenzeranno molto la produzione. Altri festival sono stati cancellati come Fira Tàrrega (che si svolge ai primi di settembre), il più grande festival all’aperto in Catalogna, poiché sarebbe troppo complesso e pericoloso controllare la folla per le strade. Oriol forse può farci qualche altro esempio…forse la sala Beckett è aperta per testare le misure di sicurezza? Ho tralasciato qualcosa?
Oriol: sì, la sala Beckett è un teatro semi-pubblico di Barcellona, noto come “la casa della drammaturgia contemporanea”. Siccome è per lo più finanziata dalla Municipalitat, il direttore Toni Casares ha annunciato pubblicamente che la Sala sarebbe stato il primo spazio teatrale di Barcellona a riaprire le porte. Lo scopo è proprio quello di testare e implementare le nuove norme concernenti i tecnici, gli artisti e il pubblico. La Sala è tra l’altro un’importantissima scuola di drammaturgia, che ha proseguito finora l’attività didattica via Zoom, ma che prevede di attivare una modalità mista fra presenza e attività virtuali sin da luglio.
Il periodo del lockdown ha visto molti teatri e compagnie pubblicare su internet parte dei loro archivi. Molte sono anche le performance nate online, così come si parla sempre più di residenze digitali. Persino i festival, luoghi di incontro per eccellenza, stanno proponendo un cartellone digitale. Come vi relazionate a queste modalità di fruizione?
Claudia: Il Mercat de les Flors, un importante spazio per la danza a Barcellona, ha programmato un “menù coreografico” con tre “portate” a settimana. Fondamentalmente ogni teatro pubblico in possesso di fondi importanti e di un buon archivio digitale ha riempito la propria piattaforma digitale di contenuti. Lo stesso hanno fatto i festival, andando in scena su Youtube o altri social media nei giorni in cui sarebbero stati programmati. Personalmente, sono molto favorevole alle sperimentazioni digital per disseminare le live arts, sebbene non intenda mai queste pratiche come un sostitutivo. Le istituzioni che ricevono fondi pubblici devono, in ogni caso, continuare ad erogare un servizio, trovando il modo di commissionare nuovi lavori e pagare gli artisti. Il loro lavoro deve essere riconosciuto in quanto tale, non solo come intrattenimento.
Oriol: Il Teatro Nazionale di Catalogna (TNC) non ha condiviso le sue produzioni, ma ha dato accesso gratuito a centinaia di testi che hanno pubblicato nella loro storia. Il Teatre Lliure ha commissionato una speciale programmazione virtuale, con letture e streaming radiofonici, nonché brani audiovideo per bambini basati su spettacoli storici (da Lorca, Guimerà, Sophocles, Shakespeare).
Quali sono state le pratiche performative più interessanti durante i giorni del lockdown dal vostro punto di vista?
Oriol: Devo confessare che durante questa confusione non ho visto tanti spettacoli online quanto i miei colleghi. Nella mia vita “normale” vado a teatro almeno quattro volte alla settimana, mentre durante questo periodo sono stato più concentrato sulla lettura di libri e sulla visione di film, a cui normalmente non posso dedicare molto tempo. Nonostante ciò, mi è piaciuto guardare “Frankenstein” e “Un tram chiamato Desire”, due produzioni del National Theatre (NT Live), la trasmissione radiofonica “El Gegant del Pi” di Pau Vinyals (Teatre Lliure) o “Al baile”, uno spettacolo di danza di Juan Carlos Lérida (Mercat de les Flors).
Claudia: Forse la pratica alternativa più coinvolgente durante il lockdown per me è un festival della cui squadra faccio parte… quindi non sono imparziale. Lavoro per Aerowaves, una piattaforma europea che crea opportunità per i coreografi di diverse nazionalità, supportati da Creative Europe. Il festival annuale itinerante quest’anno avrebbe dovuto svolgersi a Fiume, ospite del Centro culturale croato. Quando il rinvio apparve inevitabile, il direttore, John Ashford, capì subito che dovevamo escogitare una versione online, quindi ha inventato Spring Forward 2020 – The show must go on line (parte della campagna #CreativeEuropeAtHome), un’edizione virtuale in cui abbiamo proiettato spettacoli e organizzato colloqui con gli artisti, condotti dagli autori di Springback. Questi contenuti sono stati intercalati da brevi video girati a Fiume, in cui un conduttore introduceva balli e canti locali, rendendo il festival online un vero incontro virtuale. Ci siamo riusciti perché Aerowaves ha sperimentato modalità digitali per anni: una piccola squadra televisiva era già formata dalle edizioni precedenti, quindi eravamo preparati. il nostro direttore è sempre stato un pioniere. Sono molto fortunata a lavorare in questa organizzazione.
Credete che questa crisi cambierà profondamente i linguaggi, gli spazi, i temi delle arti performative?
Claudia: Di sicuro la crisi influenzerà i temi, e sono molto curiosa dei risultati
Oriol: Ci sarà un tempo, diciamo un paio di stagioni, in cui gli artisti evocheranno questi temi nei loro lavori. Ma credo che si tratterà solo di un trend, che presto sarà sostituito da altri. Pensiamo agli ultimi anni: abbiamo visto spettacoli sui rifugiati, sui temi femministi, sul cambiamento climatico…Il virus è solo un’altra voce da aggiungere alla lista.
È possibile vivere del mestiere del critico in Spagna?
Oriol: Oggi essere un critico è un lavoro da combinare con molti altri. Mi piace descrivermi come un “pensatore teatrale”, perché tutto ciò che faccio è legato al racconto e alla riflessione sulle arti dal vivo. Questo significa scrivere recensioni, ovviamente, ma anche tenere conferenze e seminari, interloquire con gli artisti dopo gli spettacoli o parlare alla radio della storia del teatro.
Claudia: quello del critico è un “lavoro serale”, di certo non ci si fa uno stipendio. I critici sono di fatto giornalisti, figure accademiche o manager del settore culturale. Devo dire che nonostante non ne abbia mai guadagnato granché, scrivere di danza mi ha portato altre opportunità molto proficue. Si tratta comunque di un ruolo in pericolo, per la società il nostro non è un vero lavoro…
Che cosa vi manca di più della dimensione live delle arti performative?
Claudia: L’energia e l’atmosfera, l’emozione unica del qui e ora.
Oriol: Mi manca la parte collettiva e rituale. Quando sei seduto tra il pubblico e lo spettacolo è valido, si respira tutti allo stesso ritmo. Di questi tempi le nostre esperienze culturali sono individuali: quello che mi manca di più è il gruppo. Le persone.
Based in Barcelona, Clàudia Brufau is a freelance dance writer who combines cultural journalism in several online and paper media with communication management. Currently she works for the European dance platform Aerowaves and collaborates with private and public institutions such as L’Estruch (live art creation factory) or private ones such Fundació ‘la Caixa’ (programming series of dance on screen). She writes for Revista Musical Catalana, Núvol, and coordinates the dance section of the Performing Arts Critics in Catalonia (Recomana). Previously, she worked as a reporter and screenwriter in musical programs of the public Catalan Television (TV3). She trained as a dancer at Institut del Teatre and holds a degree in English Philology by the University of Barcelona (Erasmus at Goldsmith’s College). She holds a master’s degree in Theatrical Studies (UAB) and in Cultural Journalism (UPF).
Oriol Puig Taulé is a freelance journalist and theatre critic. He holds a degree in Art History by Universitat Autònoma de Barcelona (Erasmus at “La Sapienza”, Rome), and a master’s degree in Theatre Studies (UAB and Institut del Teatre). He is the editor of the Theatre section at Núvol, and writes in other online media. He has written on theatre for the past twenty years, in academic magazines such as Assaig de Teatre or Estudis Escènics, and cultural media such as Time Out, Entreacte or Barcelona Metròpolis. He regularly gives lectures with the Art Critics Platform Recomana or the cultural association Agost Produccions, and also interviews all the playwrights that premiere or teach at Sala Beckett / Obrador Internacional de Dramatúrgia. Lately, he has a section on Theatre History at the radio station Rac1.
What are the measures overtaken by the Spanish government, or by the local institutions, in support of the theatre workers?
Claudia: The Spanish government is organizing the unlock down (desconfinamiento) in four different phases, starting from May, the 4th up to June, the 21st (Barcelona and Madrid are in phase 2 since June the 8th, ed). As regards the performing arts there’s little action taken from the Central government considering that most of the artists and companies will not work during 2020 at all. On the 5 of May, a law has been enacted to palliate the economic effect on performing arts companies and individuals. Basically, an unemployment benefit. But, from what I perceive from friends who are dancers or actors… it is not that easy to do this paperwork. Some of them, they will ask for the guaranteed basic income of the Catalan government instead, which means if there’s an opportunity to fill in a vacancy from any other field, as long as you’re qualified enough to cover it, you must do so. Therefore, it might be quite tricky.
What are the measures concerning the reopening of theatres?
Claudia: There are festivals like Grec Festival that will go ahead but in a very local way to support the local companies. They’ll keep the normative physical distance amongst the audience, therefore they will sell many fewer tickets. The problem many of the companies that will perform in this festival (which takes place in July) have is finding places for rehearsals (most of the public rehearsal spaces are still closed) and also finding a way to create under these circumstances. I’m sure this will profoundly affect their production. Other festivals or fairs have been canceled such as Fira Tàrrega (takes place in early September), the biggest outdoors festival in Catalonia, since it is too complex and dangerous to control crowds in the streets. Oriol can give you perhaps more examples. Oriol, is Sala Beckett opening to test theatre venues? Is there something about the governmental measures that I’m missing?
Oriol: Sala Beckett is a semi-public theatre in Barcelona, known as “the House of Contemporary Dramaturgy”. As it is mainly funded by the city hall, its director Toni Casares publicly announced that Sala Beckett would be one of the firsts theatres in Barcelona to open its doors. The aim is to test and complete all the regulations concerning audience, workers, and artists. Sala Beckett is also a very important Dramaturgy School, and while during the lockdown, workshops and seminars have been held via Zoom, the aim of the theatre is to combine physically attended with virtual activities since July.
During the lockdown many theatres and companies published part of their archives on the Internet. Also, we have been watching many digital performances, as well as there has been an intensive talking about “digital residences”. Even the festivals, that can be seen as the most evident meeting places, are proposing a digital billboard. How do you relate to this way of enjoying the performing arts?
Oriol: The National Theatre of Catalonia (TNC) has not shared its productions, but yet focused on giving free access (via its web page) to dozens of texts they have published during their history. Teatre Lliure has commissioned a special virtual program, with readings and radio plays, as well as audio-visual pieces for children based on historical plays (by Lorca, Guimerà, Sophocles, Shakespeare).
Claudia: Mercat de les Flors (a relevant dance venue in Barcelona) has been programming a “choreographic menu” with basically 3 different features each week. Basically, all the public venues with an important budget and a good digital archive have been able to fill digital platforms with content. Some festivals have offered videos of the companies programmed via Youtube or other social media during the days they had to take place. I’m very much in favor of experimenting with digital platforms to disseminate live arts –although this is never a substitute for me. However, institutions with decent budgets and aimed as a public service must find a way to commission and pay artists for their work. A balance must be found and their work must be valued not only as “entertainment” but as a job.
The most interesting alternative theatrical practices you have experienced in these days
Oriol: I must confess that during this isolation I have not seen as many plays as much of my colleagues. In my “normal” life I attend at least to four shows a week, whilst during this period I have been focused on reading books and watching films, things that normally I cannot dedicate much time to. Despite this, I enjoyed watching “Frankenstein” and “A Streetcar named Desire”, two productions of the National Theatre (NT Live), the radio play “El Gegant del Pi” by Pau Vinyals (Teatre Lliure) or “Al baile”, a dance show by Juan Carlos Lérida (Mercat de les Flors).
Claudia: Perhaps the most engaging alternative theatrical practice I have experienced during the lockdown is a festival in which I’m part of the team… so I’m not impartial. I work for Aerowaves, a European platform that creates opportunities for choreographers across borders with the support of Creative Europe. The annual festival is itinerant, and this year had to take place in Rijeka being hosted by the Croatian Cultural Centre. When the postponement was inevitable the director, John Ashford, knew at once that we had to come up with an online version. So he created Spring Forward 2020 – The show must go online ( part of the #CreativeEuropeAtHome campaign), a virtual edition of the event in which we screened full-length performances and organized talks with the artists conducted by the Springback writers, all glued together with short videos filmed in Rijeka which made of the online festival a real virtual gathering. We were able to succeed because Aerowaves has been testing and experimenting with digital ways to present the festival for years: a small broadcast team was already formed from previous editions, so we were prepared, and our director has always been a pioneer. I’m very fortunate to work in such an organization.
Do you think the current state-of-things will affect the language, the topics, the space of the performances etc…in deep?
Claudia: Yes, I’m sure it will affect the topics performing arts artists tackle in their work. I’m very curious.
Oriol: Indeed, there will be a time, let’s say one or two seasons when many creators will talk about this topic in their works. But I think it will be it, a trend that will be soon replaced by another one. Just think of the last years: we have seen shows about the refugees, feminist issues, climate change… Coronavirus is just one more topic to add to this list.
What is the labor framework of the performance art criticism in Spain?
Oriol: Nowadays being a critic is a “side job”, that you have to combine with many others. I like to describe myself as a “theatre thinker” because everything I do is related to telling and reflecting on live arts. This means writing reviews, of course, but also giving lectures and workshops, doing after-show talks with the artists or talking on the radio about theatre history.
Claudia: Performance arts critics is an “evening job”, you cannot make an income out of it. Performing arts critics are basically journalists, academics, or cultural managers as well. I must say that despite of not being very well paid or not paid at all writing about dance led to other opportunities that panned out very well. The role of the art critic is always at stake however, amongst society is not considered as a serious job…
What do you miss most from live performances and plays?
Claudia: The energy and atmosphere, the unique thrill of here and now.
Oriol: I miss the collective and ritual part of it. When you are sitting amongst the audience, and when the show is good, you all breathe at the same rhythm. In times when all our cultural experiences are individual, the group is what I miss the most. The people.