Il 59° appuntamento di Teatro in video è dedicato ad Antigone del Living Theatre, che ha debuttato nel 1967 in Germania. Qui il video integrale di una replica del 1980, al Petruzzelli di Bari.
«È durante il viaggio ad Atene del 1961 che Julian Beck e Judith Malina si imbattono nell’Antigonemodell 1948 di Bertolt Brecht». Così, come un racconto, si apre il volume di Eva Marinai, Antigone di Sofocle-Brecht per il Living Theatre (ETS, 2014), una lettura importante per addentrarsi nella comprensione di Antigone, definito da De Marinis «lo spettacolo più noto e celebrato del Living». L’esordio avverrà sei anni più tardi, il 18 febbraio 1967 a Krefeld, in Germania.
La scelta del verbo “imbattersi” suggerisce la casualità della genesi, alla quale corrisponde però, negli anni successivi, una metodica rielaborazione del mito di Sofocle, già filtrato dalla riscrittura poetica di Hölderlin e dalla versione di Brecht. Quest’ultimo incentra la tragedia sul movente economico dello scontro tra Argo e Tebe (il possesso di una miniera d’oro che sostituisce il motivo della sepoltura) e sulla fatalità del ritardo con il quale le azioni dei protagonisti si compiono, determinando la catastrofe. Beck e Malina conservano questa matrice, tipica delle profezie tragiche, e l’espediente narrativo della miniera, rendendolo però funzionale a una meditazione non sul denaro ma sulla volontà di dominio.
Il passaggio dal desiderio di possesso al desiderio di potere si accorda al carattere di esemplarità ricercato dalla riscrittura di Malina che si sofferma sulla ricerca espressiva del «tema del mostruoso insito nell’uomo» e convoca il pubblico all’implicita assunzione di un ruolo scenico (quello degli Argivi, mentre gli attori sono i Tebani, infine sconfitti) e, insieme, di una profonda responsabilità morale che fa risuonare, negli applausi finali, il fragore di un’aggressione.
Il video integrale dello spettacolo registrato al teatro Petruzzelli di Bari nel 1980 permette di misurare l’evoluzione, la tenuta e l’aggiornamento del linguaggio del Living attraverso un decennio molto significativo. Sul finire degli anni ’60, infatti, l’esperienza di Paradise Now segna il cedimento di un’utopia e, da parte del gruppo di lavoro, un ripensamento radicale (ma senza ritrattazione) del proprio agire, sociale e artistico. La decisione di dividersi in quattro cellule (una parigina, una berlinese, una londinese e una indiana) impegnate in altrettante azioni dirette di attacco del sistema, “al servizio dell’emergenza” si pone, almeno negli intenti, come un prolungamento della Bella Rivoluzione Anarchica e Non Violenta avviata, nelle pratiche, da Paradise Now.
Le repliche di Antigone del 1980 appaiono dunque, allo sguardo odierno, la reprise d’une reprise – quella di una ricerca iconografica e corporale avviata anni prima, applicata a una “maschera tragica” della classicità – ma anche un momento programmatico, di misurazione della propria vocazione e della propria denuncia, nel tempo doloroso che segue la rivoluzione.
Ilaria Rossini
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