Quinta di copertina. Teatro del Pratello. Venti anni tra carcere e società. Testi processi spettacoli a cura di Massimo Marino, edito da Titivillus, raccoglie storia, memoria e materiali sul lavoro di Paolo Billi coi giovani dell’IPM bolognese
Se a Bologna si dice Pratello, l’immaginario subito si biforca in proiezioni complementari: la via di circoli culturali e locali notturni, e l’Istituto Penale Minorile. L’ultimo si affaccia sulla prima con un’anonima facciata moderna, oltre un pesante cancello. Di qua, un ghetto dato all’appetito nottambulo della comunità universitaria espansa fino ai margini della generazione Y; di là, un “luogo chiuso delimitato da muri e da sbarre”. Con questa ulteriore biforcazione dello sguardo, Massimo Marino apre il volume edito da Titivillus Teatro del Pratello. Venti anni tra carcere e società. Testi processi spettacoli, accompagnandoci nell’Istituto Penale Minorile “Pietro Siciliani”. Prima il luogo, l’ambiguità del muro che isola e protegge; poi la ventennale storia di teatro in carcere fatta da Paolo Billi. Regista e drammaturgo, per Bologna uno di quei nomi che accompagnano immancabili il ritmo annuale dell’agenda culturale.
Dalla compenetrazione “tra carcere e società”, conquistata giorno dopo giorno tra diffidenze istituzionali, tagli di fondi, problemi legati alla transitorietà degli attori etc. la città e il carcere sono usciti trasformati. Chi negli anni ha avuto opportunità di dialogare coi giovani attori, dopo gli spettacoli fra gli spazi del carcere e dell’Arena del Sole, lo sa: l’ha sperimentato nella nascita di un pubblico, e dunque di uno sguardo. Teatro del Pratello è il diario di questa trasformazione, ma è anche molto altro.
Incroci fra laboratori di scrittura, scenografia e coreografia attraverso cui ogni lavoro al Pratello è messa in causa integrale dei giovani detenuti, del loro corpo, del loro immaginario, senza mai farsi didascalia della reclusione. Verso un lavoro artistico, mai dilettantistico, attraverso le “pedagogie impossibili” del carcere: impossibili a priori per l’ideologia funesta della reclusione, ma anche per i materiali letterari scelti. Da Rabelais a Nietzsche, da Jarry a Tasso, parole caustiche, sfide da digerire e da pronunciare per quegli attori non conformi. “Mi piaceva questa lingua detta male” dice Billi in un’intervista riportata: la subalternità sociale produce eccentricità culturale, ma in questo scivolamento Billi trova una centralità nuova, per un linguaggio teatrale che nasce politico, inclusivo, sognante ma non trasognato.
Teatro del Pratello è una trama complessa, mai complicata: la penna di Marino vibra di prossimità emotiva, ma le fughe riportano puntualmente ai testi degli spettacoli, in stralcio o interi. Così muovendosi, si compone una polifonia (dove i movimenti sostituiscono i capitoli) in cui lo storico cede la voce allo spettatore implicato, e viceversa. Articoli di giornale, interviste, frammenti da Il Patalogo, fotografie tracciano peraltro la storia parallela del modo di guardare e raccontare il teatro in carcere, in un processo di maturazione storico della spettatorialità e della critica stessa.
P.s.: questa lettura ci riporta all’emergenze nell’emergenza di chi fa laboratori in carcere, nell’evidente difficoltà a proseguire pratiche di cura e di arte a distanza di sicurezza. Con la grazia dello spirito patafisico, “scienza delle soluzioni immaginarie” evocata quale spirito guida in esergo al libro stesso, confidiamo che questa nicchia continui a godere oggi del supporto dei suoi spettatori e soprattutto delle istituzioni.
Andrea Zangari
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Teatro del Pratello. Venti anni tra carcere e società. Testi processi spettacoli.
a cura di Massimo Marino
Editore: Titivillus
Collana: Altre visioni
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 30 dicembre 2019
Pagine: 336 pp, ill.
EAN: 9788872184530