Quinta di copertina. È uscito, per Dino Audino nella collana Ricerche, Leggere uno spettacolo multimediale, di Anna Maria Monteverdi.
«Potenzialità, tematiche e ragioni drammaturgiche». Nella premessa metodologica che apre il suo nuovo lavoro, Leggere uno spettacolo multimediale (edito a febbraio scorso da Aduino), Anna Maria Monteverdi individua in queste tre classi di elementi gli oggetti primari di analisi. La ricognizione e la ricerca da un medesimo assunto: l’apparato digitale, pur essendo portatore di un proprio linguaggio, si pone al servizio della creazione, e non viceversa.
La prima sezione del volume è dedicata a una selezione di “performance interattive”, elaborate tra gli anni ’80 e oggi: il 1985 è l’anno di Prologo a diario segreto contraffatto di Studio Azzurro / Giorgio Barberio Corsetti, spettacolo che vale come “sineddoche” di una stagione pionieristica di ricerca; il teatro digitale degli anni ’90 è ricostruito per fasi: la nascita della New Media Art, la funzione multimediale che evolve dalla funzione dello schermo a quella dell’ologramma, fino alla creazione di “ambienti sensibili”. L’ultimo ventennio è preso in esame attraverso la ricognizione delle esperienze drammaturgiche che indagano la “relazione pericolosa” tra teatro e cinema, dai lavori di Agrupación Señor Serrao e Katie Mitchell, a quelli di Motus, fino al «realismo globale» di Milo Rau. Lo studio si articola attraverso alcune periodizzazioni (delle tecniche di videomapping, degli utilizzi di motion capture, fino agli orizzonti aperti dalle intelligenze artificiali) che, attraverso il raffronto delle singole performance, delineano, accanto alla diacronia, un’inedita mappatura internazionale.
Altro grande pregio di questa disanima è il fatto di far interagire fonti diverse: la pagina in cui alcune alterazioni prospettiche del videomapping vengono raffrontate alle “visioni ineffabili” del Cinquecento rimanda a una bibliografia che tiene insieme studi di robotica e nozioni di una teoria dell’immagine provenienti dalla trattatistica rinascimentale.
Un’operazione del genere stabilisce, all’interno di un discorso sulla cultura visuale, una fondamentale interattività tra il nostro patrimonio figurativo e il nostro patrimonio espressivo.
All’eterogeneità delle declinazioni della tecnologia e delle funzioni messe in campo corrisponde un’eterogeneità di sguardi che si occupano della loro analisi. La seconda sezione del volume presenta sei interventi critici firmati da altrettanti studiosi che offrono punti di osservazione specifici sulla scena multimediale. Tra questi spicca quello di Giacomo Verde (purtroppo appena scomparso)– al quale lo studio di Monteverdi è dedicato – che consegna la particolare prospettiva di un videoartista, osservatore a distanza di anni, del proprio lavoro. Si tratta di una sorta di “memoir analitico”, oggi ancora più prezioso, consacrato alle possibilità di forzare le macchine in termini creativi e a fissare la qualità più importante che la tecnologia è tenuta a conservare sulla scena: una presenza allusiva e mai agonistica o sovrastante nei confronti della performance.
Un catalogo di brevi schede, dedicate a “opere tecnoteatrali emblematiche” (corredate di hashtag che ne fissano i lemmi chiave), chiude il volume, confermando, in conclusione, l’inaggirabile primato, anche in sede di analisi, della concretezza dell’atto scenico sulla magnificenza della possibilità tecnologica, che si traduce in fenomeno solo nel momento della sua applicazione.
Ilaria Rossini
LEGGERE UNO SPETTACOLO MULTIMEDIALE
di Anna Maria Monteverdi
collana Ricerche
contributi di Ilaria Bellini, Antonio Pizzo, Simone Arcagni, Giacomo Verde, Vincenzo Sansone, Liliana Iadeluca
edizione Dino Audino editore, 2020
ISBN 978-88-75274-46-7
prezzo € 19,00
pagine 158
Leggi altre QUINTE DI COPERTINA