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Gabriele Vacis: “riaprire i teatri e tenerli aperti tutto il giorno”

Pubblichiamo la lettera di Gabriele Vacis con la quale il regista lancia una serie di idee per la riapertura dei teatri

Qualche giorno fa, il 28 aprile, Gabriele Vacis pubblicava attraverso i social media una lettera aperta in cui sottolineava la possibilità di far ripartire gli spazi teatrali grazie a una serie di misure (apertura giornaliera, posti in piedi, sanificazione, misurazione temperatura), è uno scritto in cui il regista immagina il teatro come servizio sociale, «come la metropolitana e l’acqua potabile». La lettera è stata interpretata anche da l’attore Natalino Balasso in un video. Abbiamo chiesto a Vacis la possibilità di farla leggere anche  su Teatro e Critica per alimentare così il dibattito sul presente e sul futuro delle arti sceniche dal vivo.

Gabriele Vacis è regista e direttore della scuola per attori del Teatro Stabile di Torino e dell’Istituto di Pratiche Teatrali per la Cura della Persona.  (redazione)

Aggiornamento, leggi anche Gabriele Vacis e le precisazioni sulla riapertura dei teatri

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riAPRIRE i teatri
Un’idea per riaprire il Teatro Carignano di Torino e tutti gli altri teatri d’Italia, specialmente quelli storici: aprirli e tenerli aperti tutto il giorno e, venerdì e sabato, anche la notte. Aprirli veramente. Finora i teatri erano chiusi per la maggior parte del tempo, si aprivano al pubblico soltanto per le due o tre ore dello spettacolo.

Apriamoli sempre!

Gli spettatori potranno entrare ad ogni ora del giorno. Naturalmente non si potrà entrare in più di cento o duecento per volta. Ma l’estensione del tempo d’apertura permetterà d’incrementare le presenze. Gli spettatori troveranno la platea sgombra. Via le poltrone, perché all’inizio, nel settecento, le poltrone non c’erano. Torniamo alle origini. Così si potrà rispettare la distanza tra le persone.

Sui palchetti il problema non c’è: uno spettatore per palchetto o gruppi di “congiunti” che possono stare vicini. Si potrebbe addirittura ripristinare la vendita dei palchetti alle famiglie. Prenoti on line, come nei musei e paghi dieci euro. Ti misurano la febbre quando entri e nel foyer si potranno ritirare degli sgabelli pieghevoli per chi vorrà sedersi in platea, alla giusta distanza. Le maschere saranno addestrate alla sanificazione che potrà avvenire periodicamente nell’arco della giornata: i teatri sono già attrezzati per le luci ad ultravioletti che sanificano gli ambienti. Per la gestione di prenotazioni e tutti i servizi si sfrutterà l’esperienza nell’uso della rete che stiamo facendo adesso, in clausura. Si coinvolgeranno le imprese e gli enti locali, per esempio il Politecnico e le aziende sanitarie che potranno fornire algoritmi di gestione e movimentazione, le aziende della moda per l’abbigliamento delle maschere che avranno mansioni più “creative”.

E cos’è che accadrà nei teatri?

Io faccio teatro da quando avevo quattordici anni: da cinquant’anni sento ripetere che le prove sono molto più appassionanti dello spettacolo. I maestri del novecento ci hanno insegnato che quello che c’è dietro alla rappresentazione è prezioso quanto lo spettacolo stesso. È l’occasione buona per fare il salto, per realizzare il sogno del Living Theatre e di Grotowski, di Copeau e Paolo Grassi che volevano il teatro come servizio sociale, come la metropolitana e l’acqua potabile. Portiamo in scena tutto: le prove, le letture dei testi, l’allenamento degli attori, l’allestimento delle luci e dei suoni. Nel lavoro quotidiano della scuola per attori del Teatro Stabile di Torino, nel training, nelle lezioni dei maestri c’è tensione, c’è cultura, c’è scoperta comune, c’è tanta bellezza. Smettiamola di tenercela per noi. Da quando lavoro con disabili, studenti, con immigrati, con gente comune, vivo momenti di teatro straordinari. Il teatro, più che creazione di forme è creazione di relazioni tra le persone. Prendiamo tutto il coraggio che abbiamo accumulato in questo isolamento e portiamo al Carignano tutto quello che c’è dietro allo spettacolo, tutti i giorni, per tutto il giorno. E anche certe notti.

Questa rivoluzione richiede una grande collaborazione tra gli artisti, i tecnici, gli organizzatori, fino alle maschere, che dovranno ridefinire i propri ruoli, ampliando le loro competenze all’arte, alla pedagogia, alla cura della persona. Il che comporta una redistribuzione radicale di paghe e retribuzioni, più equa. Servirà meno marketing e più complicità tra artisti e spettatori. Gli attori rinunceranno a un po’ di vanità in favore della comprensione. I manager rinunceranno a un po’ della loro sufficienza efficientistica in favore della solidarietà. L’obiettivo sarà la partecipazione comune alla creazione dell’evento teatro. Cogliamo l’occasione per trasformare finalmente i teatri da luoghi esclusivi in spazi d’inclusione. Cogliamo l’occasione per dare un futuro a questo straordinario patrimonio che sono i nostri teatri.

Gabriele Vacis
28 aprile 2020
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2 COMMENTS

  1. La proposta di Gabriele Vacis è assolutamente condivisibile e lungimirante.
    Se uno spettatore finisse “Nel bel mezzo di un training attoriale” (è già un titolo) sarebbe sconvolto, tramortito, emozionato, sorpreso,incuriosito. E poi avrebbe voglia di toccare quei momenti di estrema libertà e libera espressione che l’attore/attrice si concede per esercizio, per prassi. E il pubblico potrebbe sperimentare, condividere, provare ad entrare nella cornice del training, delle prove. Il teatro diventerebbe un’esperienza totale,. Carmelo Bene diceva che la metà dello spettacolo lo fanno gli spettatori. Forse questa è l’occasione per avvicinare il pubblico al sistema teatro, fatto di profonda umanità. Ci tengo a precisare che non sto parlando del teatrino, dei recitanti, e del teatro accademico. Mi riferisco a quel mondo teatrale che si mette in discussione, che manipola, rischia, sorprende.

    Alla proposta di Vacis si può aggiungere la possibilità di uscire dal teatro in quanto edificio/contenitore. Va ripensato, per le prossime settimane o mesi, nuovi modi di mettere in scena. Spettacoli rivisitati, con attori/attrici microfonati in spazi aperti dove il distanziamento sia assicurato. Le produzioni dovranno essere messe nelle condizioni economiche (fus ed extra fus) di poter realizzare eventi diffusi, in posti non convenzionali. Senza intervento, se non economico e autorizzativo, di Mibact, Comuni e Regioni. Dio ce ne scampi da qualsiasi loro ingerenza di indirizzo o programmatica.

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