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E il circo? Il divertimento è un bluff

Una riflessione sullo stato attuale del circo, a partire da alcune considerazioni nate in seguito all’evento Stream Circus, beffarda risposta alle difficoltà di sopravvivenza di quest’arte poco considerata durante il momento attuale

Una delle immagini che scorrevano in diretta: platee, palchi, foyer, camerini vuoti

Un grande evento era previsto per domenica scorsa, 10 maggio: una campagna pubblicitaria diffusa ha raggiunto più di un migliaio di utenti segnalando l’avvento dello Stream Circus, il più grande spettacolo al mondo di circo contemporaneo On Line. Una grafica accattivante, ventitré compagnie, attive in tutta Europa, in programma. Infine, un grande bluff. Il pubblico (una platea virtuale di medie dimensioni) si è trovato di fronte alla diretta streaming di un teatro all’italiana, torinese, vuoto. Dalla platea all’ingresso, dal palcoscenico al retropalco e al foyer. “Il palco disabitato lascia il posto al pubblico”, che prende, così, parte attiva all’evento, ora spaesato, ora felice di non assistere davvero a perfomance in streaming.

«Uno spettacolo fantasma per una categoria fantasma. La nostra è stata un’azione comune per prendere parte, con lo specifico del nostro linguaggio, al dibattito in corso sulle sorti dello spettacolo dal vivo. È un modo per dire che ci siamo anche noi e per protestare pacificamente contro i possibili “netflix” dello spettacolo e per preservare le prerogative del nostro mestiere», mi dicono Erika Salamone e Leonardo Cristiani, gli organizzatori dell’iniziativa.

Il circo di per sé, più del teatro forse, ha una propria storia relativa alla fruizione a distanza, soprattutto per quanto riguarda la televisione. Nell’immaginario collettivo di più una generazione, il circo, forse prima ancora del tendone che arriva in città (evento sempre più raro), è rappresentato dai programmi televisivi legati a realtà grandiose quali il Cirque du Soleil. Ciò non è vero per quanto riguarda il circo contemporaneo né, tanto meno, per il teatro e il circo di strada: se questi ultimi vivono dinamiche proprie sia dal punto di vista dell’interazione sia da quello economico, il circo contemporaneo nasce dall’istanza di allontanarsi dalla spettacolarità fine a sé stessa, dal sensazionale, per guadagnare una prerogativa di tipo artistico. Rielabora, con un linguaggio corporeo codificato, alcuni elementi propri delle arti performative: la costruzione drammaturgica innanzi tutto, ma anche gli spazi e i tempi del teatro, così come il tipo di relazione che il palcoscenico (e non la pista) instaura tra performer e spettatore.

Le componenti del rischio e del coraggio che caratterizzano il performer nel numero circense contraddistinguono l’instaurarsi di una relazione non solo emozionale ed empatica, ma fortemente chimica: in gioco è l’adrenalina, la tensione che si risolve in sollievo, tutte componenti che sovraespongono lo spettatore nei confronti di una visione partecipata. La declinazione teatrale e contemporanea della pratica circense aggiunge a questo tipo di interazione anche la necessità della compresenza ai fini della costruzione semantica e narrativa dell’evento, a questo punto teatrale, che viene presentato. «Dove il pubblico non c’è, il circo non c’è», leggiamo nel manifesto. Il circo contemporaneo, sembra, ancora meno. E poi c’è la strada: il luogo di un lento, sapiente e tuttavia strategico conquistare, la capacità di stravolgere lo spazio d’altri e di intercettare il pubblico sul percorso della sua quotidianità; in quanto tale è impensabile da riconvertire in un altro ambiente poiché esso contiene nella propria definizione il luogo in cui si esercita. 

La discussione, in Italia, sulla categorizzazione dei generi di spettacolo, è lunga e irrisolta tra chi ne sostiene l’utilità e chi invoca un ambito generico di “teatro e basta”. Sembrano, in questo momento, entrambe portate all’estremo della loro criticità, così come entrambe imprescindibili. Da una parte la necessità di ristabilire un ambito condiviso in grado di generare un movimento e una risposta “di categoria”, dall’altra il dovere, legato alla difficoltà del momento attuale, di delineare nettamente i bisogni specifici legati alle pratiche. Come il teatro infanzia e il teatro “per adulti” necessitano, ora, di considerazioni ah hoc, così le diverse pratiche del performativo insistono su una serie di bisogni differenziati e nei confronti dei quali il rango amministrativo e governativo sta dimostrando grande ignoranza, elemento imprescindibile della pratica circense (e che la unisce a doppio filo al mondo della danza) è quello dell’allenamento atletico. Una specificità che pone questi linguaggi in un limbo sottile tra  disciplina artistica e atletica, e che contribuisce ad acuire il dibattito su termini quali “intrattenimento” e “mestiere”, e in particolare sulla concezione statale e pubblica relativa allo sport e all’arte. Se, infatti, è prevista la riapertura degli allenamenti singoli e a squadre, come è possibile che non ci si ponga la stessa problematica rispetto a danzatori e circensi che fondano sull’allenamento atletico la propria attività artistica? Senza considerare, per altro, in termini di praticità, che ragionare sulle modalità con cui riattivare gli ambiti del teatro e della performatività diffuse e di strada, potrebbe di gran lunga precedere la più complessa e differenziata analisi sulla riapertura di un grande teatro all’italiana.

E poi infine, ma forse in primis, c’è il pubblico: la necessità di perseverare e di incentivare l’alfabetizzazione nei confronti delle pratiche performative, nei confronti del ruolo stesso dello spettatore e la necessità di non confondere ciò che è streaming da ciò che è live (e qui la grande e curiosa contraddizione che risiede nel termine “live”). In questo il circo ha, forse, qualche arma in più del teatro, in quanto storicamente si rivolge innanzi tutto all’oggetto famiglia e vive di una relativamente scarsa interazione con gli operatori di settore. Tante famiglie, questo si aspettavano Erika e Leonardo domenica scorsa, connesse alla diretta. E così è stato: «Ho promesso ai miei nipoti leoni e clown». Dove sono i clown? Che fine hanno fatto? Dov’è lo spettacolo? Ventitre nomi in calce a questa silenziosa protesta, che attirano gli spettatori in un gioco di magia e di sparizione. Dopo iniziali momenti di incomprensione, l’operazione del gruppo Stream Circus è stata compresa e accolta anche da chi, davvero, sperava in qualche numero affascinante con cui potersi svagare. E, nel corso della diretta, sono piovute suggestioni affascinanti. «Ho come la sensazione che a questo punto della performance la dinamica si sia ribaltata, e i performer (casuali) siamo diventati noi», si legge a un certo punto tra i commenti della diretta.

Eh sì. Perché il teatro è vuoto. Non solo il palcoscenico, non solo le quinte. È vuota la platea, è vuoto il foyer ed è vuoto il botteghino. Perché quel teatro non lo riempiono solo gli artisti, non solo i tecnici e le maschere, non solo i giornalisti. 

Le immagini del teatro immobile, silenzioso, si susseguono, si ripetono. Fanno male. È un silenzio di attesa, di attesa ora febbrile, ora sconsolata; le pesanti tende del sipario sospirano, sospirano le poltrone abbandonate. Quel teatro siamo tutti, lo spettacolo siamo tutti.

Angela Forti

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STREAM CIRCUS
domenica 10 maggio 2020
con Fabbrica C, My!Laika/Side Kunst Cirque, Circo El Grito, La Sbrindola, Cie Circoncentrique, Kolektiv Lapso Cirk/K-P project, La Ninni (Erika Salamone), Fabio Saccomani, Beppe CompagniautonomaTenenti, Maicol GATTO (by Matteo Galbusera), BrigataTotem Circus show, Piergiorgio Milano, Emilia Tau & Leo.Cristiani, Marica Marinoni, Marcos Masetti, Agostina Recinella, Giuseppe Vetti, Ava Hangar, Nino Wassmer, Francesca Mari Juggling, Ugo Sanchez Jr.,Laura Esposito (Lalla), JORIK C’è

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Angela Forti
Angela Forti
Angela Forti, di La Spezia, 1998. Nel 2021 si laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo presso La Sapienza Università di Roma, con un percorso di studi incentrato sulle arti performative contemporanee. Frequenta il master in Innovation and Organization of Culture and the Arts all’università di Bologna. Nel 2019 consegue il diploma Animateria, corso di formazione per operatore esperto nelle tecniche e nei linguaggi del teatro di figura. Studia pianoforte e teoria musicale, prima al Conservatorio G. Puccini di La Spezia, poi al Santa Cecilia di Roma. Inizia a occuparsi di critica musicale per il Conservatorio Puccini, con il Maestro Giovanni Tasso; all'università inizia il percorso nella critica teatrale con i laboratori tenuti da Sergio Lo Gatto e Simone Nebbia e scrivendo, poi, per le riviste Paneacquaculture, Le Nottole di Minerva, Animatazine, La Falena. Scrive per Teatro e Critica da luglio 2019. Fa parte della compagnia Hombre Collettivo, che si occupa di teatro visuale e teatro d’oggetti/di figura (Casa Nostra 2021, Alle Armi 2023).

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