Da Monaco, le giornate della TANZ PLATTFORM DEUTSCHLAND 2020, organizzata da Joint Adventures e diretta da Walter Heun. Un resoconto
Tra il maleficio e il motto caustico, May you live in interesting times è espressione di origine incerta, invalsa nell’uso della lingua inglese come proverbio di derivazione cinese, tratta da contesti diplomatici. Se ne trova occorrenza in una lettera degli anni ‘30 del precedente secolo, per mano di un anglosassone che riferisce di averlo appreso e lo riutilizza per descrivere l’età che gli è contemporanea. L’augurio di vivere tempi interessanti in quanto forieri di imprevisti e pericoli era rivolto al nemico, di contro al neutro auspicio di attraversare momenti di bonomia e pace. L’espressione era stata, tra l’altro, utilizzata dalla scorsa Biennale d’Arte di Venezia, curata da Ralph Rugoff, per evidenziare la capacità dell’arte di attraversare e significare momenti complessi, ma anche la sua impossibilità di esercitare forze di radicale contrasto, rispetto a alcune minacce del reale. Sono certamente tempi sconquassati quelli attuali, in cui, a partire dalla Cina irrompe e si spande su tutto il pianeta l’inaudito che costringe a restringere le pratiche, ricollocare le esistenze e i modi dell’abitare.
Soltanto alcune settimane fa il portato, il respiro, il pericolo non erano così netti, i confini europei ancora permeabili e ci trovavamo a Monaco, alla TANZ PLATTFORM DEUTSCHLAND 2020, organizzata da Joint Adventures e diretta da Walter Heun. Nell’arco di oltre un anno la giuria – composta da Hoenne Dohrmann (tanzmainz), Gurur Ertem, (sociologa e curatrice), Ingrida Gerbutavičiūtė (giornalista e curatice), Walter Heun (Joint Adventures) e Anna Mülter (curatrice e dramaturg) – ha visionato un totale di 558 performance, operando una selezione che rispettasse almeno due dei tre criteri enucleati: residenza lavorativa, sviluppo dell’opera o contributo sostanziale alla scena della danza tedesca. L’esito della cernita ha articolato all’interno di questa vetrina una proposta di quindici performance in cinque giorni, in una molteplicità di spazi scenici differenti, lungo la città di Monaco.
Gli oltre 500 operatori provenienti da 45 paesi diversi sono stati guidati, attraverso traiettorie ben definite, in un programma di incontri, talk ma soprattutto performance, da cui emerge un quadro estremamente variegato e fertile della situazione della danza in Germania. Proviamo a riassumere, attraverso i tratti di alcuni spettacoli, questa sfaccettata eterogeneità.
Nella sede scenica di Muffathalle – ex centrale elettrica riconvertita in spazio polifunzionale, dedicato alle arti del contemporaneo e alle culture urbane – Alexis e Paulo Fernàndez (della compagnia La Macana) accolgono l’ingresso degli spettatori, affiancati in una corsa nel proscenio. Pink Unicorns si apre così: un uomo e un ragazzo, padre e figlio, con pochi abiti addosso, che corrono paralleli alla platea. Sulla scena troneggiano mobili dei grossi gonfiabili di plastica colorati, di varia fattura; sul fondale appaiono delle scritte. Lo spettacolo è composto di dialoghi e danze, scaturite dall’incontro di cifre, linguaggi e qualità di movimento. La Macana restituisce il senso di affettuosa estraneità tra padre e figlio, adulto e cucciolo di uomo, entrambi alle prese con l’ambigua soglia in cui le trasformazioni smettono di avvenire sotto lo sguardo dell’altro, impegnati nel tentativo di comprendersi, di scambiarsi i linguaggi. L’unicorno rosa nel telefono del teenager è metafora iconica di quell’irriducibile solco di opacità nei rapporti genitoriali, che si risolve scenicamente nella condivisione complice di un pezzo di danza-teatro genuino e giocoso, irrorato di un’energia maschile che non si arresta in una mascolinità stereotipata.
Nella parte nord-ovest della città, dove c’era un maneggio, sorge Utopia – A happening place, uno spazio gestito da un hotel pop-up, che ospita eventi culturali di varia natura. Qui, segnaliamo lo spettacolo ATARA – for you, who has not yet found the one della coreografa Ruth Shemesh, – di Tel Aviv, residente a Colonia. Atara in lingua yiddish significa corona, l’ornamento che si pone al di sopra del rotolo della Torah, a simboleggiare la regalità della Legge divina. Lo spettacolo è agito da due donne e da un uomo con vesti femminili, che fanno esacerbare e implodere la gestualità attraverso cui l’ortodossia ebraica conduce le donne entro un collocamento sociale – pubblico e privato – frammisto di ritualità, aneliti, repressioni. Lungo un quadrato bianco le tre figure articolano simmetrie coreografiche, intonano canti ebraici, incorporano immagini in movimento. Si compone un quadro che, in dialogo serrato con l’autorità, ne mette in discussione il nomos, senza condanne, alla ricerca di una tensione senziente con il trascendente. Kammer 2 è una delle sale della Kammerspiele di Monaco, teatro municipale che produce – ha un ensemble composto di volti noti e emergenti – e ospita una programmazione che cerca di restituire uno sguardo estetico innovativo, cosmopolita, con affondi socio-politici. Qui abbiamo visto Rasp your soul, performance di Kat Válastur, coreografa greca attiva a Berlino, che pone al centro della sua ricerca lo scandaglio delle possibilità comunicative del corpo umano, nell’impatto con le condizioni tecnologiche, ambientali e politiche che incontra. In questo solo la coreografa – in collaborazione con il performer Enrico Ticconi e l’artista visuale Leon Eixenberger – prosegue nell’indagine sviluppando un ambiente in cui il corpo viene investito e informato di un tappeto di forze dinamiche, riverberate e rimodulate a loro volta dall’azione live. Questo confronto tra l’umano e il tecnologico, l’artificiale e l’organico muove verso ibridazioni di forme che sfuggono alle gabbie di genere, per transitare verso una complessità magmatica, tanto irridente quanto libera.
La TANZPLATTFORM di Monaco mostra una scena tedesca in grado di trarre ricchezza dalle tante presenze non indigene, capace di investire sul processo e il prodotto artistico con ampio dispiegamento di mezzi da parte delle istituzioni pubbliche, oltre che una cospicua presenza di investitori privati a supportare la ricerca. Rispetto alla proposta artistica si apprezza l’attenzione alla pluralità di strumenti della danza contemporanea – dagli approcci più formali a quelli popolari, finanche didattici – che muove in direzione di questioni sociali e politiche, insinuando la possibilità di creare e abitare modelli inclusivi.
Sono interessanti quei tempi – e luoghi, contesti – in cui si sottrae al rigore di forme consolidate il monopolio della ricerca, per poter indugiare nomadi verso potenzialità espressive che mettano in discussione o re-istituiscano pratiche creative e produttive.
Giulia Muroni
Performance: Enrico Ticconi
Stage design, sculptures: Leon Eixenberger
Lighting design, objects: Martin Beeretz
Sound design, music: Bryan Eubanks
Further sound: Kat Válastur
Costume: Kat Válastur
Production management (tour): Hannes Frey (HAU Hebbel am Ufer)
Touring & distribution: Nicole Schuchardt (HAU Hebbel am Ufer)
Production: Kat Válastur
Coproduction: HAU Hebbel am Ufer, Onassis Cultural Foundation, Theater Freiburg, Kunstencentrum STUK Leuven, Stichting Châtel sur Place Amsterdam
Support: Berliner Senatsverwaltung für Kultur und Europa, NATIONALES PERFORMANCE NETZ (NPN) Koproduktionsförderung Tanz aus Mitteln der Beauftragten der Bundesregierung für Kultur und Medien
Further support: TATWERK | Performative Forschung, Uferstudios, Tanzfabrik Berlin, ada Studio
PINK UNICORNS
Interpretation: Alexis Fernández, Paulo Fernández
Lighting design: Afonso Castro
Stage design: Tilo Schreieck
Production manager: Caterina Varela
Production: LaMacana
Coproduction: AGADIC, Theater im Pumpenhaus Münster, Theater Bremen
Creation, performance: Hella Immler, Tsipora Nir, Florian Patschovsky
Composition, sound design: Simon Bauer
Dramaturgy: Matthias Quabbe
Mentoring: Anne Kersting
Video, stage, lighting design: Ronni Shendar
Costume: Marie Siekmann
Production assistence: Valerie Witt
Financial dramaturgy: Béla Bisom
Production management: Sabina Stücker
Special thanks to: Hilla Shemesh Rathaus, Florian Egermann.
Production: Reut Shemesh
Coproduction: K3 | Tanzplan Hamburg, tanzhaus nrw
Support: Kulturamt der Stadt Köln, Kunststiftung NRW, Stiftung Zurückgeben, KunstSalon Stiftung / Step Up und RheinEnergie Stiftung Kultur, Hamburgische Kulturstiftung
Further support: tanzfaktur köln, iDAS NRW, Machol Shalem Jerusalem