TDV13 Teatri di Vetro è la rassegna che dal 6 al 22 dicembre 2019 presenterà alla città di Roma e per la tredicesima edizione una proposta plurale: quattro sezioni per dialogare con la creazione contemporanea e ingaggiare spazi e contesti territoriali. Composizioni è una di queste, in cui la pratica si apre alla relazione partecipativa. Contenuto realizzato in mediapartnership
La relazione con l’altro in uno spazio altro e lontano dal centro desitua la pratica e la spinge al contatto in grado di determinare una scrittura di insieme. Questa è Composizioni, una delle quattro sezioni della programmazione prismatica di Teatri di Vetro tredicesima edizione e fase ulteriore, prosecuzione naturale, del lavoro iniziato nel mese di settembre a Tuscania con Trasmissioni per riflettere sui poli della creazione e della trasmissione, appunto, di una pratica. Interrogarsi attorno alle modalità di un insegnamento – in cui docente e discente vengono ricompresi all’interno di una dinamica non più verticale ma orizzontale che li pone allo stesso livello, e l’uno è insegnante dell’altro – permette di tracciare una direttrice d’azione finalizzata a creare dei «campi di gioco e di sperimentazione con-posti», in cui l’artista è teso a trasformare il processo di creazione in un laboratorio attraversabile dall’esterno, dall’altro.
Queste Composizioni sono dunque spazi predisposti dagli artisti, campi creativi da performare, aperti agli spettatori. La caratteristica partecipativa di questi dispositivi è messa alla prova nelle sue potenzialità relazionali, nel creare un spazio non più circoscritto, in cui l’artista si fa tramite della propria biografia ponendola in contatto con le biografie altrui. Un patto sinergico basato sul rispetto delle regole affinché si possa arrivare a decostruirle, comporle e poi trasmetterle. Dove? Al Teatro Lido di Ostia. TdV13 inizia da fuori, si decentra in questa fase del cartellone per poi farsi centro, al Teatro India. Tre gruppi di lavoro che in questa settimana (9 – 15 dicembre) lavoreranno sul territorio e per il territorio guidati dagli artisti Paola Bianchi, Chiara Frigo e il collettivo di lavoro Qui e Ora costituito da Francesca Albanese, Silvia Bandini, Silvia Gribaudi, Matteo Maffesanti e Laura Valli.
Se la pratica è composizione che include, se la pratica necessita della sua comunicazione e interlocuzione, questa non può dunque prescindere dall’altro: Esti azione coreografica con danzanti non professionisti porta già nel titolo la forma della terza persona dell’indicativo del verbo essere in greco antico, ἐστί. Il laboratorio della coreografa Paola Bianchi si presenta come una «dichiarazione di esistenza» e l’esistenza, lo sappiamo, è di per sé politica. Postura è il termine cardine della pratica di Bianchi scelto proprio nell’accezione di “come si sta” all’interno di un perimetro relazionale e performativo che nel caso di Esti intende la parola come veicolo descrittivo di un movimento; pronunciare il movimento, dire di esso, per poter guidare la ricerca auscultando il proprio corpo attraverso la parola che si fa dunque atto di scrittura. La coreografia è un’azione che coinvolge danzanti, non danzatori, che non appartengono alla sfera del professionismo ma che agiscono la danza. Pratica laboratoriale già sperimentata dalla coreografa in diversi contesti con giovani danzatori, ragazzi del liceo, persone affette da Parkinson e non vedenti, parte e approdo del progetto ELP condotto da circa due anni e incentrato sulla «parola e la danza attraverso la trasmissione di archivi di posture» escludendo il corpo del maestro come modello e riferimento.
La sala da ballo diventa un «contenitore della memoria», con Ballroom di Chiara Frigo i partecipanti di diverse generazioni vengono coinvolti in un’esperienza collettiva ed emotiva nella quale, traendo l’immaginario dal film Le Bal di Ettore Scola, si ricrea un momento danzante all’interno del quale ognuno porterà come materiale di indagine la propria biografia e la propria presenza sarà un gesto di ricostruzione di un tempo passato. L’empatia creata nel contatto reciproco, dal passato giungerà poi ad ibridarsi con elementi pop del tempo presente richiamando alcune modalità dello speed dating. Le sedie predisposte intorno alla sala saranno il punto di osservazione di questo habitat da esplorare avendo a disposizione come strumento privilegiato di indagine la propria intimità.
Qui e Ora Residenza Teatrale, diretta da Silvia Gribaudi e Matteo Maffesanti, con la collaborazione drammaturgica di Marta Dalla Via, ripensa la nuova produzione #TRE grazie alla dimensione partecipativa di #TRE iconalab aprendo la ricerca al coinvolgimento esterno affinché possa trovare nuove e diverse risposte alla domanda «ma quanto vale un essere umano?» Quesito investigato tramite i concetti di icona, successo e valore e come il corpo di ognuno si relaziona ad essi. Somiglianza o riluttanza, icone famose alle quali tendere o persone comuni assurte ad icone? Biografie incorporate che si confrontano con la storia personale e quella mitica e che concorrono ad allargare il processo delineato da Gribaudi attorno al corpo del performer e attorno a quello dello spettatore.
Come ciò che viene trasmesso si compone insieme, sedimentandosi in seno a un processo di insegnamento volto all’ascolto relazionale e partecipativo? Se dunque «il coinvolgimento non è strumentale ma interno ai processi di creazione che senza quelle incursioni dall’esterno sarebbero più poveri e manchevoli», Composizioni si presenta allora come tempo in cui l’artista che prende parte alla programmazione di Teatri di Vetro si incarica della responsabilità di aderire reciprocamente a un’idea di curatela progettuale, a investire e a mettere in discussione le proprie energie in un orizzonte che è generativo perché primariamente ricettivo.
Redazione