HomeArticoliCristiana Morganti. Cinque giri di vite

Cristiana Morganti. Cinque giri di vite

Cristiana Morganti presenta Another round for five in prima mondiale al Teatro San Ferdinando di Napoli per Quartieri di Vita. Recensione

Foto Claudia Kempf

Una sigaretta fumata assieme, confessioni quotidiane, ricordi dal passato, una rissa di strada, l’abbraccio di ricongiungimento, una seduta di psicoterapia. Il tutto non da soli, non in due, non in tre: in cinque. Cinque sedie in circolo, cinque punte di una stella, la cui bisettrice non raggiunge propriamente l’altro ma si trova tra due vertici, mai in una perfetta comprensione, ma forse verso un compromesso.

Cristiana Morganti guida cinque magnifici danzatori all’interno del suo Another round for five, prodotto dal Funaro con Fondazione Campania dei Festival e presentato in prima mondiale al Teatro San Ferdinando di Napoli nell’ambito del Festival Quartieri di vita, che (allargando la propria mission centrata su formazione e teatro sociale) ha dedicato a Pina Bausch la prima parte di programmazione. Della coreografa madre del teatrodanza Morganti è stata danzatrice storica, dalla quale ha tratto sicuramente parte della propria visione e pratica artistica – si pensi al suo primo spettacolo Moving with Pina, nato proprio dal desiderio di narrare, mostrare e spiegare «alcuni principi del lavoro con Pina» come dichiara in questa intervista, o ancora nel più recente Jessica and me – ma appare riduttivo parlarne soltanto in termini di filiazione.

Foto Claudia Kempf

Certamente, l’occhio esterno non potrà non riconoscere modalità creative – come la composizione su improvvisazioni a partire dall’elaborazione di dati biografici ed emozionali, l’utilizzo della parola associata al movimento coreutico – o la forza narrativa delle immagini coreografiche. Ma, soprattutto, la qualità e l’autonomia dello spettacolo si costruiscono nella struttura, nella pulizia del gesto e nella capacità di far emergere le peculiarità anche umane dei cinque coesi interpreti: Maria Giovanna Delle Donne, Anna Fingerhuth, Justine Lebas, Antonio Montanile, Damiaan Veens, in un incrocio tra lingue che non pesa alla comprensione delle storie e degli aneddoti, ma che sicuramente trova il proprio apice nello scavo coreografico. Quello che si compone davanti agli occhi rapiti degli spettatori, nella scena disegnata dalle luci di Jacopo Pantani, è una costruzione che si avvita su se stessa, componendo nella prima metà dello spettacolo una serie di scene poi spesso riprese su varianti d’azione o di ritmo. Macchina unica che continuamente si disfa e si ricompone, che mostra rabbia, forza, piedi che martellano a terra, gesti morbidi, jazz (come quello che spesso accompagna le immagini, editato da Bernd Kirchhoefer) che si tramuta all’improvviso, pulsa il cambio di atteggiamento, come un intervallo musicale verso una quarta diminuita, in levare, dissonante eppure perfettamente in grado di mantenere il proprio senso. Pulsa il cambio in battere, sugli accenti di What a feeling che fa coppia con Vivaldi, scivola sull’incalzare dell’arabesque, nel gioco dello schiaffo della mano, nella corsa che è fuga dal gruppo o ricerca degli altri, nel racconto del primo amore o nella richiesta di scuse che puntualmente vengono disattese… Come le relazioni con l’altro, vittime di buone intenzioni, salvate anche da quelle disattese, mai perfettamente combacianti con il cammino previsto ma, come bisettrici, in mezzo tra l’idea e la sua attuazione.

Foto Claudia Kempf

Se l’indagine da cui questo spettacolo prende le mosse è a partire dal cerchio inteso come circolo metaforico (spesso più vizioso che virtuoso), è proprio il titolo a suggerire la componente potenzialmente ripetibile all’infinito e sempre sottilmente diversa: un altro giro per quei cinque, che si provano continuamente, che sono vittime del caos, della ripetitività da cui non ci si può esimere, eppure sono ancora lì a fumare, a fare l’amore, a chiacchierare, a farsi male nel ricordare e a rifiutarsi di dimenticare, ancora a terra a quattro zampe, ancora abbracciati, ancora, sempre ancora a rincorrere la vita.

Viviana Raciti

Visto al Teatro San Ferdinando, Napoli – dicembre 2019

ANOTHER ROUND FOR FIVE

regia e coreografia Cristiana Morganti
interpreti  Maria Giovanna Delle Donne, Anna Fingerhuth, Justine Lebas, Antonio Montanile, Damiaan Veens
collaborazione artistica Kenji Takagi
disegno luci Jacopo Pantani
assistenti di prova Anna Wehsarg / Elena Copelli
editing musiche Bernd Kirchhoefer 
direttore tecnico Simone Mancini
produzione il Funaro Pistoia con Fondazione Campania dei Festival, in coproduzione con  TPE  – Teatro Piemonte Europa, Teatro Metastasio di Prato, Associazione Teatrale Pistoiese, Teatro Stabile del Veneto Carlo Goldoni e MA scène nationale – Pays de Montbéliard

Dal 23 al 26 gennaio 2020 a Torino (Teatro Astra), il 29 gennaio a Pistoia (Teatro Manzoni), il 21 febbraio a Reggio Emilia (Teatro Ariosto)

Telegram

Iscriviti gratuitamente al nostro canale Telegram per ricevere articoli come questo

Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Pubblica i tuoi comunicati

Il tuo comunicato su Teatro e Critica e sui nostri social

ULTIMI ARTICOLI

Nell’architettura di vetro di Williams/Latella

Lo zoo di vetro di Tennessee Williams diretto da Antonio Latella per la produzione greca di di Technichoros e Teatro d’arte Technis. Visto al teatro...