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Familie Flöz. Nel trasformismo di Teatro Delusio

Recensione. Familie Flöz arriva a Roma con Teatro Delusio. Visto al Teatro Sala Umberto

Foto: Pierre Borasci
Festival Noorderzon Groningen 2005
Familie Flöz – Teatro Delusio
www.floez.net

C’è un vestito, un’angelica camicia da notte bianca con una testa, è subito riconoscibile una delle tipiche maschere di Familie Flöz, ma in questo caso i tratti sono più giovani e leggeri; una sorta di spaesamento ma anche di indomita tranquillità nel volto. Uno dei performer lo porta al centro del palco, verso il proscenio, gli altri due lentamente infilano gli avambracci nelle maniche dando vita agli arti superiori mentre il pupazzo mostra un impeccabile stupore. È forse questo uno dei momenti più alti (tornerà nel finale) di Teatro Delusio, opera che la compagnia tedesca diretta da Michael Vogel (autore insieme a Paco González, Björn Leese, Hajo Schüler) sta portando in giro per l’Europa e in questo periodo in Italia (fino al 17 di novembre al Teatro Sala Umberto).

Foto Gabriele Zucca

Chi è quel giovinetto dal volto senza peccato che con il suo inchino dà il via allo spettacolo vero e proprio? È impersonificazione egli stesso del teatro e delle sue meraviglie? Incarna forse il mistero del palcoscenico? Oppure è una sorta di bambino interiore al quale gli artisti tedeschi ci chiedono di dar retta pur di mollare per qualche minuto le sovrastrutture culturali che ci impedirebbero di goderci lo spettacolo?

Il pubblico arriva alla spicciolata, ma premia il debutto con risate, applausi a scena aperta e qualche frase di stupore sussurrata eppure incontenibile nel commento delle performance superlative; stupore con il quale possiamo supporre che molti spettatori vedano per la prima volta i Familie Flöz. Invece, il Sala Umberto li li ha già ospitati: vennero qui già qualche anno fa con lo spettacolo Hotel Paradiso.

Foto Gabriele Zucca

Una delle attività più frequentate dagli spettatori di fronte alle prodezze dei tre performer trasformisti è quella di capire in quanti fossero a vestire le decine di personaggi. Perché se è chiaro che durante l’incipit – nel quale Andres Angulo, Johannes Stubenvoll e Thomas van Ouwerkerk fanno finta di sistemare gli ultimi pezzi di scenografa a volto scoperto – contiamo tre interpreti, poi però alcuni cambi velocissimi potrebbero far pensare a un quarto elemento.

Foto Eckard Jonalik

C’è d’altronde una trama esilissima: è il dietro le quinte ad essere raccontato (con tanto di scenografia inversa): qui tre tecnici pasticcioni incrociano la propria giornata lavorativa con attori, cantanti, ballerine, musicisti, protagonisti di un’opera lirica. Ma, appunto, è una drammaturgia senza snodi che ne possano modificare l’andamento; è, più che altro, un paesaggio narrativo statico, nel quale – al netto di qualche gag decisamente démodé, come quella sul ballerino gay – affiora un lavoro fisico di altissimo livello. I Familie Flöz disegnano il teatro di figura sul corpo degli attori, imponendo alla propria azione teatrale la rinuncia totale alla parola. Dopo qualche minuto dall’inizio una bambina seduta in platea chiede spiegazioni alla madre: «…ma non parlano?». Non ne hanno bisogno e anzi proprio quel silenzio (che è stato pure un trampolino per l’internazionalità) permette allo spettatore di concentrarsi sui corpi: sulle qualità mimetiche e verosimiglianti del movimento, su quella grazia con la quale i tre si fanno moltitudine caratteriale cercando nel corpo i connotati fisici ed emotivi delle maschere.

Foto Pierre Borrasci

Come per James Thierrée qualche settimana fa, siamo di fronte a un esempio di intrattenimento giocato su un piano artistico altissimo, nel quale la grande tradizione viene utilizzata per divertire e stupire. Non è un caso infatti, che il meccanismo sia per certi versi simile a quello circense: il talento non sta in pericolosi esercizi, ma nel trovare quei piccoli tratti in grado di farci credere che di fronte abbiamo una giovane danzatrice o un vecchio violinista, e anche questo è un numero di bravura, un’acrobazia dell’anima.

Andrea Pocosgnich

Roma, Teatro Sala Umberto, 5-17 novembre 2019

TEATRO DELUSIO
UN’OPERA DI FAMILIE FLÖZ
di Paco González, Björn Leese, Hajo Schüler e Michael Vogel

con Andres Angulo, Johannes Stubenvoll, Thomas van Ouwerkerk
Musica Dirk Schröder | Maschere Hajo Schüler | Costumi Eliseu R. Weide | Disegno luci Reinhard Hubert
Direttore di produzione Gianni Bettucci | Assistente di produzione Dana Schmidt
Regia di MICHAEL VOGEL
Produzione di Familie Flöz, Arena Berlin e Theaterhaus Stuttgart

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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