Recensione del Don Giovanni di Mozart e Da Ponte diretto da Graham Vick al Teatro dell’Opera di Roma
È iniziato tutto a scuola, una scuola di amore e seduzione per adolescenti, che nel Così fan tutte (2016) imparano il gioco dei maschi e delle femmine. Gli adolescenti sono poi diventati giovani uomini e giovani donne nelle Nozze di Figaro (2018), in lotta uno con l’altro nella scalata sociale dalla classe proletaria a quella borghese. E poi?
Per il regista sessantacinquenne inglese si tratta della sesta produzione del Don Giovanni, l’ultima delle quali presentata proprio in Italia nel 2014, frutto di una coproduzione dei Teatri del Circuito Lirico Lombardo e altri quattro teatri italiani (Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, Teatro dell’Aquila di Fermo, Teatro Verdi di Bolzano, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia). Ma se allora a far discutere furono i contenuti espliciti, la violenza, il sesso, la droga e la sfrenata modernità, la stessa cosa non si può dire di questo allestimento. Lo spettatore viene catapultato fuori dall’immaginario vickiano al quale si è faticosamente abituato, per trovarsi di fronte a una regia essenziale, costruita su pochissimi simboli, in qualche caso dogmatici, punto di arrivo di un processo di astrazione compiuto negli anni dal regista, che culmina oggi in una visione beckettiana.
Il pubblico entra in sala e si trova sulle nuvole. Due gigantesche nuvole di cartone sospese riempiono il palco. Stampato su di esse il titolo completo dell’opera: “Don Giovanni o sia il dissoluto punito”. Non sono però bianche nuvole rassicuranti, ma grigie: il colore che ci accompagnerà per tutto lo spettacolo. No appena queste verranno alzate, si alzano compare un Leporello (Vito Priante) con l’ombrello aperto, per ripararsi dalla pioggia (che cade fantozzianamente solo sulla testa), mentre il piacente Don Giovanni (Alessio Arduini) a petto nudo, rincorre una Donna Anna (Maria Grazia Schiavo) in versione casalinga disperata, pigiama e calzettoni, che gli inveisce contro: la prima di una serie di donne con cui non riuscirà a concludere niente. Il Commendatore (Antonio Di Matteo) entra in scena con un deambulatore, un povero vecchio che il protagonista non fatica a uccidere: Don Giovann, d’altronde, è superiore a tutto, può tutto. E in un attimo, mentre Donna Elvira (Salome Jicia), qui letteralmente una suora (anch’essa grigia) è pronta a dirgliene quattro, il protagonista osserva la scena beatamente appollaiato dal suo albero, un albero nero, morto, che rimarrà sempre presente in scena.
Si tratta di un Don Giovanni completamente imborghesito, un annoiato english man con completo grigio da ufficio e ombrello nero, che si aggira per il palco senza troppa voglia, interessato più all’affermazione di potere e all’inganno, all’atto di seduzione più che alle donne in senso stretto. La versione grigia, consumata del personaggio mozartiano, reso piatto, senza colori, brutalmente, volutamente banale: un “sociopatico” come afferma lo stesso Vick in un’intervista rilasciata al Messaggero. Stessa fine spetta a Leporello che, identico al suo padrone nell’abbigliamento, sembra essere il prodotto perfetto dell’omologazione imitativa, emulazione di un atteggiamento arrogante di superiorità del moderno businessman. Il servo diventa la controfigura del padrone e così facendo i caratteri dei due personaggi si uniformano: una scelta registica ben precisa, che corre però il rischio non valorizzare gli aspetti che differenziano i due personaggi, come quelli diabolici di Don Giovani e di quelli prettamente comici di Leporello (e infatti si perde completamente l’effetto comico dell’inganno di Donna Elvira con lo scambio d’abiti dei due).
Fatte salve queste licenze, la recitazione dei cantati è diretta con grande maestria, le relazioni umane tra i personaggi sono largamente esplorate, con grande attenzione per quelle dei comprimari: giacché Masetto (Emanuele Cordaro) non è uno stupidotto al quale si possa portare facilmente via la moglie Zerlina (Marianne Croux), ma una vittima del “padrone” Don Giovanni, al quale si vorrebbe ribellare. Anche il rapporto Donna Anna – Don Ottavio (Juan Francisco Gatell) viene valorizzato dalla regia. Donna Anna è una donna rotta, senza aspettative, mal vestita e spettinata. Per lei Don Giovanni è una “botta di vita”, una pazzia che può portarla il più lontano possibile dalla sua vita ordinaria, tanto che una volta perduta l’occasione si getta tra le braccia di Don Ottavio, per lei una figura unicamente paterna (lo si vede bene nell’atteggiamento, come pure nell’abbigliamento), per poi darsi sul finale al vagabondaggio. Grande cura è infine riservata alle scene di insieme, ai finali primo e secondo, gli unici due momenti (i più fischiati) nei quali la bomba del teatro dell’assurdo esplode davvero. La festa a casa di Don Giovanni è il momento di sfogo delle pulsioni umane, sessuali ma non solo (gli astanti si gettano in terra, si muovono sul palco come impazziti) e la stesso discorso vale per il finale, quando, dopo la morte di Don Giovanni tutti gli altri personaggi si sentono liberi di lasciarsi andare agli atti più impulsivi e lascivi (persino la Donna Elvira suora si concede un momento saffico con Zerlina).
Questo Don Giovanni è il perfetto capro espiatorio: nessuno di noi ha l’impressione che sia veramente colpevole, ma qualcuno dovrà pur essere punito per i mali del mondo, no? E Don Giovanni si presta anche a questo, con la stessa noncuranza che ha dimostrato sin dall’inizio, non temendo nemmeno “la statura di Dio”. Non sarà il Commendatore infatti a giudicarlo, ma il Creatore in persona, prima nel cimitero in forma del figlio (sulla nuvola grigia viene riprodotta la Sacra Sindone) e poi nel finale parlando per mezzo del Commendatore. Ma proprio perché per Vick si tratta di un personaggio tutto sommato innocuo, non stupisce che il giudizio sia “ridicolo”: il gigantesco dito che viene puntato su Don Giovanni è sì quello di Dio (il Dio di Michelangelo nella creazione della Cappella Sistina), ma è di cartone, tanto che Don Giovanni, stufo di essere accusato, lo stacca. Non si posiziona nella fossa che il Commendatore ha provveduto a scavargli durante la scena del cimitero, ma si limita a uscire di scena, irritato per essere stato interrotto sul più bello, intento a godersi le donne e il buon vino: “sostegno e gloria d’umanità!”. E così come è iniziata, l’opera finisce: con un Don Giovanni arrampicato su un albero secco, morto, che ora ci sembra proprio l’albero della creazione, quello del frutto proibito, pronto a ricominciare il ciclo del giudizio e della morale, ripetuto sempre uguale, nei secoli.
Se la regia ha destato polemiche e scalpore nel pubblico romano, altrettanto non si può affermare per l’ottima performance musicale, che ha visto applauditissimi il direttore francese Jérémie Rhorer e l’intero cast. Il primo porta avanti un’idea settecentesca del Don Giovanni, sempre in bilico tra i due secoli, con una direzione asciutta e rapida, intensa nella parte iniziale e in quella finale, ma non particolarmente espressiva nella parte centrale. Largamente apprezzate dal pubblico in sala le performance di Maria Grazia Schiavo, Alessio Arduini e di Juan Francisco Gatell, che non perdono un colpo sia dal punto di vista musicale che da quello della recitazione, guadagnandosi più di un applauso a scena aperta.
Flavia Forestieri
Ottobre 2019, Teatro Costanzi, Roma
Don Giovanni
Musica Wolfgang Amadeus Mozart
Dramma giocoso in due atti
Libretto di Lorenzo Da Ponte
Prima rappresentazione
Praga, Teatro degli Stati, 29 ottobre 1787
Durata: 2h 50′ circa – I atto 1h 20 – intervallo 30′ – II atto 1 h
DIRETTORE Jérémie Rhorer
REGIA Graham Vick
MAESTRO DEL CORO Roberto Gabbiani
SCENE Samal Blak
COSTUMI Anna Bonomelli
MOVIMENTI COREOGRAFICI Ron Howell
LUCI Giuseppe Di Iorio
PRINCIPALI INTERPRETI
DON GIOVANNI Alessio Arduini / Riccardo Fassi 28 settembre, 2, 4, 6 ottobre
LEPORELLO Vito Priante / Guido Loconsolo 28 settembre, 2, 4, 6 ottobre
MASETTO Emanuele Cordaro / Andrii Ganchuk * 28 settembre, 2, 4, 6 ottobre
IL COMMENDATORE Antonio Di Matteo
DON OTTAVIO Juan Francisco Gatell / Anicio Zorzi Giustiniani 28 settembre, 2, 4, 6 ottobre
DONNA ANNA Maria Grazia Schiavo / Valentina Varriale ** 28 settembre, 2, 4, 6 ottobre
DONNA ELVIRA Salome Jicia / Gioia Crepaldi 28 settembre, 2, 4, 6 ottobre
ZERLINA Marianne Croux / Rafaela Albuquerque * 28 settembre, 2, 4 ottobre
* dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
** diplomata “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma
con sovratitoli in italiano e inglese