A Cagliari, va in scena la quinta edizione di Love Sharing. Festival di teatro e cultura nonviolenta, organizzato dalla Compagnia Theandric. L’intervista alla direttrice artistica Maria Virginia Siriu. Contenuto pubblicato in mediapartnership
Love Sharing è fin dalle intenzioni, un “Festival internazionale interamente dedicato alla promozione della cultura della Nonviolenza attraverso le diverse arti performative (teatro, arti visive, musica), la ricerca scientifica, le pratiche politiche, sociali e i laboratori”. Quali sono state le spinte che vi hanno mosso?
Il punto di vista nonviolento attraverso cui affrontare realtà e il lavoro artistico, è diventato un’esigenza che si sviluppata negli anni all’interno del percorso di Theandric, e parte da una nostra riflessione sul teatro politico, ma anche da un volume fondamentale come quello di Gandhi, Antiche come le montagne, si spinge in una dimensione storica come quella attuale attraverso concetti capaci di sradicare degli schemi che sono ancora fortemente radicati. In questa prospettiva, le chiavi da cui guardare il lavoro artistico sono molto destabilizzanti e quindi molto creative.
Ci siamo confrontati con questo tipo di approccio in molti progetti che facessero interloquire aspetti sociali e artistici e cinque anni fa abbiamo sentito di restituire la complessità ricchezza di questo processo che inizia prima e va oltre lo spazio scenico.
Per questa quinta edizione il tema centrale è fondato su un’idea plurale di famiglie e comunità: come avete articolato la creazione dell’intero programma?
Alla base di Love Sharing ci sono dei bandi internazionali che rivolgiamo agli artisti delle diverse discipline. Il primo step è quello di vedere quali sono gli input che arrivano, quale sia lo stato della ricerca nel mondo. Dopodiché, il cartellone comprende oltre agli eventi dal vivo anche una mostra di arti visive, quest’anno intitolata “Stati di famiglia”, all’interno della quale sei artisti propongo diverse tipologie di famiglie e diversi equilibri che si creano tra queste e l’individuo o tra queste e la società. Ci sono anche diversi incontri collaterali che sostengono diverse tematiche emerse durante gli spettacoli, poi un laboratorio di formazione teatrale, quest’anno condotto da Tom Walker del Living Theatre, che incarna una particolare identità di comunità anarchica, poi, a chiusura festival, una camminata meditativa e una visita guidata al sito archeologico di Tuvixeddu di Cagliari, dove si parlerà della vita delle famiglie di quel periodo.
Ogni giornata offrirà dunque diverse esperienze artistiche e diversi percorsi.
Il 17, presso il Teatro Adriano, aprirà il festival Vladimir Luxuria, che presenterà la sua esperienza di attivista e drammaturga. Abbiamo scelto la sua figura come testimonial dell’edizione di quest’anno perché attraverso di lei possiamo vedere come si possano superare diversi schemi rigidi per realizzare se stessi. In fondo questa è la domanda che si cela dietro le diverse proposte: come le diverse forme di famiglia e di comunità riescono ad affermare la identificazione dell’individuo, quanto queste forme riescono a garantire la libera affermazione del singolo? Come le misuriamo, come le recepiamo? Attraverso la prospettiva Nonviolenta vediamo come queste diverse forme riescano a garantire e a promuovere la libertà di ciascuno.
Il 18 ci sarà una nostra produzione Duennas, che presenta una figura molto radicata nella comunità tradizionale sarda, levatrice, accabadora e quindi accusata di stregoneria, ed è stato per noi un modo per parlare della nostra identità attraverso video, physical theatre e musica.
Il 19, presso il centro polivalente Ex Art, ci sarà un documentario di Vincenzo Ligios, Le stagioni di Nughedu, che racconta di una comunità che si sta spopolando tra l’oristanese e il nuorese, preceduta da una conferenza dell’Università di Cagliari, tenuta dal prof. Antonello Podda e altri studiosi da molte parti di Italia, sulle nuove forme di social housing, per affrontare e proporre soluzioni rispetto allo spopolamento delle comunità rurali.
Il 21 ancora cinema presso la Cineteca Sarda, con l’altro documentario in programma diretto da Roberto Minervini, Ferma il tuo cuore in affanno, che affronta l’evoluzione della protagonista Sara che si scontra con la famiglia e la comunità molto religiosa e molto cattolica.
Il 22 presenteremo invece un concerto composto da diverse artiste provenienti da Cuba, Cecoslovacchia e Italia, che proporranno brani musicali e narrazioni di figure femminili protagoniste dell’opera e colpite da violenza, quali Desdemona, Euridice, Carmen.
Il 23 invece uno spettacolo di danza-performance: la compagnia israeliana Tami Dance, indagherà il tema della privacy tra individualità e resto della società. Legato a questo spettacolo ci sarà un incontro presentato all’interno di Ex Art, che ci farà soffermare sui Kibbutz, una forma tradizionale di comunità israeliana in cui, chi ne fa parte, condivide delle regole abbastanza precise, per quanto riguarda lavoro, proprietà e vita quotidiana.
Il 24 è interamente focalizzato sugli incontri, dedicati all’Africa e in particolare a un fenomeno della zona subsahariana dove le Chiese del Risveglio sfruttano la voglia di religiosità e riscatto per avvicinare le comunità del luogo. A seguire ci sarà un incontro con il direttore della Rivista Azione Nonviolenta, che dal 1964 è l’organo del Movimento Nonviolento Italiano, all’interno del quale si metterà in evidenza come questo punto di vista possa contribuire alla creazione di comunità aperte e non marcate da chiusura ed egoismo.
Il 25, infine, la Compagnia ligure Scena Madre, presenta Tre, uno spettacolo con attori adolescenti che interpretano due genitori e un figlio e mettono in scena gli equilibri, le dispute e i dialoghi tra le loro personalità e quello che la società impone loro di essere. Subito dopo ci sarà un approfondimento sul tema che coinvolge famiglie comunità accoglienza e rete, condotto da Diletta Mureddu, dell’associazione Associazione Donna CIGL e del movimento Se Non Ora Quando, la quale presenterà un excursus sulle diverse forme di famiglia, da quella multietnica a quella arcobaleno, assieme alle altre associazioni che si occupano di queste tematiche.
Inoltre, ci saranno anche dei momenti dedicati alle scuole, per le quali verranno riproposti sia due degli spettacoli presentati in serale, Duennas e Tre, ma anche un progetto specificatamente rivolto alle scuole da parte della compagnia Progetto GG dell’Emilia-Romagna, Valentina vuole, che nasce a partire da una lunga ricerca fatta tra i bambini e presenta il loro immaginario su rapporto con le regole degli adulti e le soluzioni che loro escogitano.
Le arti, oltre che per il loro valore artistico vengono viste qui anche come strumento di riflessione e divulgazione di valori sociali e umani; che tipo di risposta avete dagli spettatori?
Proprio l’anno scorso avevo avuto modo di notare come lo spettatore di Love Sharing sia molto curioso, che in genere è anche spesso coinvolto in prima persona. Poi sono pubblici diversi e questo ci fa molto piacere. Credo che come Festival abbiamo recepito un’esigenza che era già presente, dando a questi spettatori, molto attenti, di avere dei luoghi e degli spazi dove trovare una possibilità di ascolto diverso, mettersi in gioco ed esprimersi, una possibilità che altrimenti non ci sarebbe stata.
Forse, per la complessità della nostra società non è così semplice stabilire che ruolo abbia il teatro, ma sicuramente è un bene che esca dai propri sentieri usuali. L’arte può essere vista come strumentale, ma per Love Sharing tutto parte da un’idea che è prima estetica e quindi etica, mi verrebbe da dire che andiamo nella direzione di una dimensione platonica dell’essere e dello stare bene, la massima espressione individuale e sociale dell’umanità. Anche questo rapporto tra arti-persone-politica-società è importante che vada verso la bellezza e pervada le nostre vite anche nel quotidiano.
Mathma Gandhi, Martin Luther King, Danilo Dolci, Aldo Capitini: alcune personalità che nel secolo scorso hanno ragionato e agito a partire dai principi della nonviolenza. A quali di questi Love Sharing è più vicina? Se doveste scegliere una icona attuale a chi pensereste?
È vicina un po’ a tutte, perché la nostra idea è legata a tutta quella riflessione che va da va da Gandhi in poi, sebbene si tratti di una tradizione che a volte non è riuscita a valicare determinate cerchie ristrette. Penso che pochi oggi conoscano Aldo Capitini, che è stato il fondatore qui in Italia della rivista Azione Nonviolenta, e di cui presenteremo gli ultimi numeri durate il festival. Però Gandhi è sicuramente stato il punto di riferimento per tutte queste personalità, in quanto figura di riferimento per il livello di interazione che ha saputo mettere tra la sua ricerca personale e la pratica. Non esiste un teoria che non possa essere messa in pratica, è valida solo se funziona. La visione olistica dell’uomo che Gandhi incarna, forse, per me, è rimasta insuperata.
Redazione