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Marco Martinelli, Nel nome di Dante. Sul padre, sul poeta

Quinta di copertina. Nel Nome di Dante – Diventare grandi con la Divina Commedia è il volume scritto da Marco Martinelli ed edito da Ponte alle Grazie (per Adriano Salani Editore) sulla figura del poeta fiorentino in un parallelo non solo metaforico con la figura del padre Vincenzo. Recensione

Foto Marianna Masselli

«Un caffè al volo, e arrivo a Medicina quarto piano. Mi accoglie una dottoressa […] Mi parla in piedi, con gentilezza. Il pensiero si fa strada prima che lei me lo dica apertamente: Vincenzo è…no, non può essere, continua ad ascoltare […] Sarà durato un minuto, il monologo della dottoressa, a me è sembrato un istante infinito, sospeso nel vuoto». Una sequenza realissima, scolpita come solo può essere il lascito di un momento decisivo nella mente, l’orma dell’allontanamento senza appello di un padre da un figlio, una dipartita materiale e materica, concretissima eppure così trascesa, transazionale: completamente emotiva, completamente carnale.

Così, dalla fine, si può iniziare il resoconto della lettura di Nel nome di Dante-Diventare grandi con la Divina Commedia di Marco Martinelli. Lettura che assume nel procedere del racconto e della restituzione un carattere personale che più o meno volontariamente si desume dalla personalità della scrittura. Il regista ravennate,  guida del Teatro delle Albe con Ermanna Montanari, è reduce dall’allestimento del Purgatorio, seguito dopo due anni a quello dell’Inferno all’interno di un progetto quadriennale, destinato a concludersi con il Paradiso nel 2021. Cuce in poco più di una dozzina di capitoletti un itinerario identitario di riferimenti che vive nel bilico tra la figura del poeta per eccellenza e quella del padre Vincenzo, che con le sue storie mattutine e le sue battute sembra aver introdotto Martinelli alla definizione di immaginari e di immagini, ma anche e soprattutto alla coltivazione della curiosità, a valicare i limiti dell’ignoto, ad alimentare una certa rettitudine e tenacia nell’applicazione per commutarla in vocazione a se stesso, agli altri.

Un alternarsi ragionato la cui fluidità spontanea (a volte non lontana da una forma diaristica) si riferisce più volte direttamente al lettore, annientando la distanza comunicativa con lo scopo di toccarlo quasi letteralmente. I cenni alla vita e all’opera di Dante danno conto anche del quadro storico-politico da una angolazione soggettiva che tenga conto dell’uomo e delle sue vicende (l’amore reale o metaforico per Beatrice, il matrimonio, i figli, la morte) tanto quanto dell’impegno civile (la contrapposizione tra Guelfi e Ghibellini, tra Bianchi e Neri, l’esilio), del poeta, del compositore della Commedia, dell’intellettuale e delle sue opere (Vita Nova, De Vulgari Eloquentia, Convivio, Divina Commedia). La costruzione argomentativa riferita al fiorentino rifiuta, ovviamente dato il contesto, di ergersi a sguardo scientifico e/o di assumere toni saggistici o accademici senza tuttavia mancare di accennare per quanto possibile ad approfondimenti filologici e critici.

Allo stesso modo il delinearsi della figura paterna, dietro cui si staglia come uno sfondo nemmeno troppo opaco il resto dell’universo famigliare, passa in rassegna e restituisce il rapporto, la relazione padre-figlio, il sedimentarsi dell’ordinarietà del quotidiano che si fa ricordo, l’abitudine, il ri-conoscimento che si converte per traslazione, quindi l’elaborazione della perdita, la metabolizzazione dell’anima attraverso la memoria. Ma, come per il poeta, il profilo di Vincenzo è pure un viatico utile a passare in rassegna, con pennellate veloci ma non gratuite, alcuni elementi della storia contemporanea del nostro paese: dal clima del dopoguerra all’insorgere delle prime contestazioni extraparlamentari, dalla DC alla caduta del muro di Berlino, dal delitto Moro a Tangentopoli.

Come a dire che in fondo tutti si è figli di qualcuno o di qualcosa che vive dentro e oltre il respiro. Perché non c’è arte né poesia, non c’è passione né dolore né amore che accettino davvero il confino del tempo, che si arrendano per annientamento a una fine se non per cominciare dal principio.
«Mio padre aveva un modo tutto suo di svegliarmi. Entrava silenzioso nella stanza, si sedeva accanto a me, sui bordi del letto, e cominciava a raccontare. Era la sua voce, sottile e amorevole a svegliarmi. E le storie sempre diverse […]».

Marianna Masselli

NEL NOME DI DANTE – DIVENTARE GRANDI CON LA DIVINA COMMEDIA
di Marco Martinelli
edizione Adriano Salani Editore
anno 2019
pp.155
ISBN 978-88-6833-532-8
prezzo 14€

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Marianna Masselli
Marianna Masselli
Marianna Masselli, cresciuta in Puglia, terminato dopo anni lo studio del pianoforte e conseguita la maturità classica, si trasferisce a Roma per coltivare l’interesse e gli studi teatrali. Qui ha modo di frequentare diversi seminari e partecipare a progetti collaterali all’avanzamento del percorso accademico. Consegue la laurea magistrale con una tesi sullo spettacolo Ci ragiono e canto (di Dario Fo e Nuovo Canzoniere Italiano) e sul teatro politico degli anni '60 e ’70. Dal luglio del 2012 scrive e collabora in qualità di redattrice con la testata di informazione e approfondimento «Teatro e Critica». Negli ultimi anni ha avuto modo di prendere parte e confrontarsi con ulteriori esperienze o realtà redazionali (v. «Quaderni del Teatro di Roma», «La tempesta», foglio quotidiano della Biennale Teatro 2013).

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