Cosa c’è nelle radici di un paese? Kanata sulla scena del Napoli Teatro Festival 2019 per la regia di Robert Lepage, con gli attori del Théâtre du Soleil. Recensione
Lingua francese. Con sovratitoli in italiano. O nella lingua del paese in cui la replica va in scena. A leggerla così, non è che uno spettacolo tra gli altri, di quelli che il circuito internazionale porta sulle migliori piazze d’Europa. E invece dentro Kanata Épisode I – La Controverse, diretto da Robert Lepage con gli attori del Théâtre du Soleil – in prima nazionale al Teatro Politeama per il Napoli Teatro Festival 2019 – una semplice informazione tecnica di fruizione appare determinante per avvicinare l’intima necessità del lavoro, per dirsi consci di una storia divenuta, per farsi parte di una storia in divenire. Perché la lingua, ossia la relazione tra l’espressione più pura, immediata dell’uomo e l’interazione con l’altro, è il nucleo attorno a cui si fonda – o si affonda – una comunità; la lingua, nell’organizzazione della vita sociale, è la chiave dell’appartenenza: si è parte se si possiede lo stesso codice di comunicazione, ma allo stesso tempo è il veicolo attraverso cui entrare a contatto con chi si riconosce in un diverso codice espressivo.
Il sontuoso impianto scenico costruito da Robert Lepage è una rapida successione di scenari, continuamente trasformati da interni a esterni, replicando cioè tutti i luoghi di cui una comunità si compone: la casa, la strada, gli uffici pubblici; i piani della scena sono a volte duplicati in orizzontale, così da creare una fruizione prospettica adatta anche a costruire una dislocazione spaziale e far accadere momenti della vicenda in una coesistenza di tempo; a colpire è soprattutto una scelta geometrica lineare, molto definita, attraverso cui ospitare le occasioni della vicenda, agita da personaggi ricchi di sfumature che dipingono la condizione molto chiara in cui vive oggi un Canada leso, ferito, nelle viscere della sua società.
È una storia intensa, fatta soprattutto di donne, e certo non per caso, perché da esse dipende il lascito endemico di un gruppo umano: la natività. E se donne giovani vivono il pericolo della droga e della vita in strada, altre cercano di metterle a riparo costruendo attorno a loro una possibilità di vita prima invisibile, altre ancora pagano una colpa storica eccessiva per aver messo al mondo figli indigeni e meticci, altre vivono una metamorfosi emotiva proprio attraverso il contatto con un sottomondo dapprima ignorato. E sarà proprio in questo contatto sensibile, trattato da Lepage con tocco delicato e mai lacrimevole, che la vicenda vivrà un progressivo ammaestramento, quando dalla dispersione e dalla disperazione di dolori inarrivabili, dalla brutalità di violenze senza rimedio, la relazione tra queste donne – pur nella difficoltà – riesce a costruire un nuovo, piccolo angolo di civiltà. E lo farà per mezzo dell’arte che, a caro prezzo di una battaglia per farsi accettare, accoglie su di sé quel testamento della memoria e lo perpetua, rende figura viva il corpo dilaniato delle tante donne morte.
Irochese è la popolazione dei nativi, quelli che la colonizzazione – altresì detta civilizzazione – ha pian piano lavato via come si fa con la lenta erosione dei terreni. Nella loro lingua Kanata sta a indicare “villaggio” o “paese”, dalla loro lingua il Canada segnato da una spartizione tra culture straniere e dominanti ha preso – e poi trasfigurato – il nome. Nelle radici è dunque sempre viva, la linfa dei morenti. E proprio da questo assunto, tradotto nella forma di un dolore continuo e lancinante, si matura l’idea drammaturgica di Michel Nadeau, il quale sceglie di narrare con particolare audacia la contemporaneità periferica dei reietti, attraverso cui però intravedere, pur nel disagio di un arroccamento talvolta inaccessibile, il segno di una possibile condivisione, il futuro della civiltà globale.
Simone Nebbia
Teatro Politeama, Napoli – Napoli Teatro Festival – Giugno 2019
KANATA ÉPISODE I – LA CONTROVERSE
Con gli attori del Théâtre du Soleil Shaghayegh Beheshti, Vincent Mangado, Sylvain Jailloux, Omid Rawendah, Ghulam Reza Rajabi, Taher Baig, Aref Bahunar, Martial Jacques, Seear Kohi, Shafiq Kohi, Duccio Bellugi-Vannuccini, Sayed Ahmad Hashimi, Frédérique Voruz, Andrea Marchant, Astrid Grant o Judit Jancso, Jean-Sébastien Merle, Ana Dosse, Miguel Nogueira, Saboor Dilawar, Alice Milléquant, Agustin Letelier, Samir Abdul Jabbar Saed, Arman Saribekyan, Ya-Hui Liang, Nirupama Nityanandan, Camille Grandville, Aline Borsari o Marie-Jasmine Cocito, Man Waï Fok, Dominique Jambert, Sébastien Brottet-Michel o Maixence Bauduin, Eve Doe Bruce, Maurice Durozier
Regia Robert Lepage
Drammaturgia Michel Nadeau
Direzione artistica Steve Blanchet
Scenografia e accessori Ariane Sauvé con Benjamin Bottinelli, David Buizard, Martin Claude, Pascal Gallepe, Kaveh Kishipour, Etienne Lemasson con l’aiuto di Naweed Kohi, Thomas Verhaag, Clément Vernerey, Roland Zimmermann pitture e patine Elena Antsiferova, Xevi Ribas con l’aiuto di Sylvie Le Vessier, Lola Seiler, Mylène Meignier
Luci Lucie Bazzo con Geoffroy Adragna, Lila Meynard
Musica Ludovic Bonnier
Suono Yann Lemêtre, Thérèse Spirli
Immagini e proiezioni Pedro Pires con Etienne Frayssinet, Antoine J. Chami, Thomas Lampis, Vincent Sanjivy Costumi Marie-Hélène Bouvet, Nathalie Thomas, Annie Tran
Aiuto regia Lucile Cocito
Traduttrice sottotitoli Lucia Leonardi
Operatrice sottotitoli Suzana Thomaz
Produzione Théâtre du Soleil e Le Festival d’Automne à Paris
In coproduzione con Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia spettacolo programmato in collaborazione con La Francia in Scena
La francia in scena, stagione artistica dell’Institut Français Italia, è realizzata su iniziativa dell’Ambasciata di Francia in Italia, con il sostegno dell’Institut Français e della Fondazione Nuovi Mecenati
prima nazionale