L’ospite. Una questione privata è il testo scritto da Oscar De Summa per la regia di Ciro Masella, anche attore insieme a Aleksandros Memetaj. Recensione.
Aleggia una paura sottile, come un basso continuo che accompagna e stuzzica una reazione offensiva, gratuita e pronta a inveire alla prima occorrenza. L’impulso all’attacco costituisce una fin troppo quotidiana abitudine, le relazioni sembrano sempre sul punto di saltare, mutando forma e invertendo la civile consuetudine. L’ospite – Una questione privata è un pulp grottesco scritto dal drammaturgo, attore e regista pugliese Oscar De Summa e consegnato all’attore Ciro Masella (qui anche regista), in scena con Aleksandros Memetaj. Prodotto da Pupi e Fresedde – Centro Nazionale di produzione teatrale, è stato presentato nella stagione 2019 del Teatro Argot Studio di Roma, compiendo un’ulteriore passo in un processo creativo iniziato più di un anno fa e supportato da Catalyst, Giallomare e dal Centro di Residenza della Toscana (Armunia Castiglioncello – CapoTrave/Kilowatt Sansepolcro).
Durante una conversazione telefonica, registrata poco prima di iniziare le prove per le nuove repliche, finiamo sin da subito a parlare dello stupore di entrambi gli attori di fronte alla reazione di alcuni spettatori: un’angoscia tale da spingere questi ultimi addirittura a tornare a casa per controllare se nessun “ospite” avesse oltraggiato alla propria intimità. «Non era proprio questo il nostro intento, è stato a dir poco un trauma percepire che molti, invece di coglierne il lato comico, si soffermassero solo sulla paura». Una sensibilità percettiva che, seguendo l’andamento del testo di De Summa, muta l’effetto da familiare a perturbante: il pubblico è testimone di un fatto la cui trattazione drammaturgica si apre a destabilizzanti imprevisti di senso e di ruolo dei protagonisti.
Sul palco sono disposti ordinatamente camicie, pantaloni, oggetti casalinghi, una lampada, calzini: l’interno di una casa si dispiega a terra come se questi oggetti scenici rappresentassero seriali tracce di una violazione; privati della loro intrinseca materialità, essi sono investiti di una carica iconica ascrivibile a quella dell’intimità di cui fanno, o facevano, parte. Due lampadine sul fondale scuro illuminano entrambi i volti del ladro (Memetaj), giovane immigrato albanese, e del proprietario di casa (Masella), un borghese uomo di famiglia, sposato, con figli e con un lavoro che è causa di frustrazione repressa.
Lo straniero ha invaso un territorio che non gli appartiene, ha sfondato quel nido interiore che ci scherma dall’esterno e ora ne pagherà le conseguenze. Stuck in the Middle With You è il celebre brano degli Stealers Wheel cantato dal sadico Mr Blonde ne Le iene, pulp movie dei primi anni Novanta firmato da Quentin Tarantino, ora citato da Masella mentre si appresta a voler torturare l’invasore dopo averlo legato a una sedia. Un’indicazione questa che colloca ulteriormente lo spettacolo all’interno di una cornice avantpop, dalla narrazione screziata di humour nero che fa ondeggiare le gambe, che si compiace del riso sardonico e, in taluni casi come confermato dagli attori, della risata fragorosa e isterica.
Dimensioni temporali si incrociano come un montaggio alternato in cui si individuano momenti distinti: un prologo, chiamato da Masella e Memetaj «bolla», in cui entrambi sono illuminati nell’oscurità da una lampadina e dialogano tra loro scambiandosi battute dirette e ciniche su ciò che andranno di lì a poco a compiere come attori; momento questo che possiede una durata molto diluita attraverso battute minimali, silenzi densi, come a voler abituare lo spettatore alla concitazione che seguirà. La parte centrale è invece costituita da scene articolate attraverso dialoghi sadico-ironici avvenuti dentro la casa, che si alternano a un “terzo tempo” del racconto corrispondente ai colloqui svoltisi in caserma, tra “sequestratore” e detective e tra agente e questore. Da un punto di vista strutturale, spostare la scena della tortura verso il finale renderebbe funzionale il climax drammaturgico senza anticiparlo.
Questo spettacolo è stato «una palestra», afferma Memetaj, proprio per il grado di prossimità esplosiva costruito insieme a Masella, il quale ha ribadito come entrambi abbiano lavorato sulla fiducia: «Lui sin dall’inizio si mette nelle mie mani, anche se queste mani sono armate». La relazione tra i due è dunque articolata su di un pattern dialogico in cui all’offesa dell’uno risponde quella dell’altro, conducendo così lo spettatore a considerare sempre più labili i confini tra la vittima e il carnefice. Il riso inquieto muta nell’indefinitezza della paura: quei due altro non sono che proiezioni dello stesso stato d’animo, epigoni di un profondo senso di inquietudine che cambia di segno nel momento in cui lo spettatore si riconosce come un voyeur che gode, a distanza, di una sevizia procurata.
Come due personaggi beckettiani che aspettano il proprio finale di partita in cui l’uno prevaricherà l’altro, Ciro Masella e Aleksandros Memetaj danno prova di una notevole stratificazione del processo, costituita da quei passaggi che hanno plasmato la drammaturgia adattandola alle diverse impostazioni interpretative di entrambi, ponendo sullo stesso piano la maturità istrionica e pervasiva di Masella e l’intraprendenza umile e capace di Memetaj. Il testo di De Summa, seppur consegnato a Masella in lettura all’incirca due anni fa, si nutre della pericolosa contemporaneità nella quale siamo coinvolti. Da che cosa siamo spaventati? Da «una paura che ci portiamo dentro sempre», quel cane che abbaia e che se disturbato, stavolta, morde.
Lucia Medri
Teatro Argot Studio, Roma – maggio 2019
L’OSPITE – una questione privata
di Oscar De Summa
con Ciro Masella e Aleksandros Memetaj
spazio scenico Federico Biancalani
regia Ciro Masella
con il sostegno di Catalyst, Giallomare e del Centro di Residenza della Toscana (Armunia Castiglioncello – CapoTrave/Kilowatt Sansepolcro)