L’equilibrio è davvero l’intima scelta dell’uomo? Eins Zwei Drei sulla scena del Napoli Teatro Festival 2019 per la regia di Martin Zimmermann. Recensione
C’è sempre un amico da portare a teatro. Ma non di quelli che tanto sarebbero andati lo stesso, con cui ci si dà appuntamento lì perché già sono del posto, no, uno di quelli che sarebbero stati altrove e tutto sommato il teatro non è tra le loro abituali occupazioni. E allora l’esperimento comincia poco prima, quando voi che il teatro lo frequentate dovete convincere il suddetto amico che si tratta di una cosa divertente, che parlano poco e c’è tanto movimento, magari un po’ di danza, non ci si annoia mai con questi spettacoli di registi stranieri, dai fidati, cose così. Ma, certo, una parte di noi stenta a credere davvero in ciò che dice, cercando giusto di perorare vigliaccamente il bisogno di avere compagnia, piuttosto che il suo effettivo stato di piacere. E invece capita poi che l’amico, dopo essersi guardato molto attorno per farsi un’idea della “gente di teatro”, seduto sulla poltrona di fianco non la smetta un attimo di ridere, di godere ogni minuto della performance, accettando il gioco e la possibilità di potersi perdere nell’immagine, ossia di tornare, per poco, un bambino. Questo è accaduto, tra le poltrone del Teatro Mercadante di Napoli, dove lo svizzero Martin Zimmermann ha messo in scena il suo Eins Zwei Drei, per il Napoli Teatro Festival 2019.
E non è il solo, l’amico, giacché la platea intera non trattiene la forza trascinante che emerge dal palco; Zimmermann dispone tre personaggi in una struttura scenica bilanciata, ma che si avverte sarà sconvolta nell’arco dello spettacolo: siamo in un museo, presentato da quello che ne è l’istrionico direttore (Tarek Halaby) attraverso una codifica di regole prestabilite, una definizione della condotta civile che rende il luogo asettico, paradossalmente non umano. Ma è attraverso la relazione, prima di tutto con il sottoposto (Dimitri Jourde), che il potere fa emergere con violenza il vero carattere umano; la differenza mette a nudo la depravazione dell’equilibrio, quel vecchio ma sempre utile assunto secondo cui la libertà dell’uno inizia là dove finisce la libertà dell’altro. Ed è allora che l’equilibrio sarà turbato, letteralmente rotto da un terzo componente (Romeu Runa) che emerge dal sotterraneo, spacca le assi del palco come una pianta di radici potenti e su quello stesso palco si impone visivamente, per effetto della propria inarrivabile vanità.
L’organicità tra l’idea e la realizzazione è sorprendente, proprio per la difficoltà di rendere questo passaggio tra ordine e caos sotto forma di grande circo acrobatico – esteso per l’intero palco sia in altezza che in larghezza – che sembra perdere il filo di un discorso e invece con tenacia lo mantiene; il merito è certo di una visione scenica composita e mai davvero sovrabbondante, così come del robusto assetto della musica (di Colin Vallon, al pianoforte e alla batteria) che segue e rincorre ogni azione, ma soprattutto della qualità dei performer cui si deve una completezza straordinaria: corpo, voce, movimento, gesto, presenza, carattere, non una componente manca in questi attori in grado di distruggere l’immagine tenendola saldamente per le mani.
Quale mondo emerge dal museo di Zimmermann? La dimensione caotica spezza l’armonia apparente dell’ordine, l’uomo definisce una misura che lui per primo non sa rispettare, meglio ancora cerca di comprimere la propria vocazione a espandersi oltre i margini, finché non esplode per propria stessa costrizione. Ecco allora che, se dal museo si intravede il doppio fondo della nostra società contemporanea, non è difficile scorgere la profondità della nostra sfera oscura in relazione con l’edificio della convenzione. Zimmermann, con una evidente attitudine poetica, si fa portatore – sano, forse, ma certo un po’ folle – della volontà di trasformazione sociale, secondo una foggia più coerente all’intima necessità umana. E se quell’amico, uscendo da teatro, tra le prime cose dirà “Io forse non so cosa ho visto, però mi sono tanto divertito”, allora forse la relazione tra il palco e la platea è ancora un veicolo efficace di condivisione, il teatro nelle sue più variegate forme è di nuovo apertamente un atto di presenza dell’individuo nella società.
Simone Nebbia
Teatro Mercadante, Napoli – Napoli Teatro Festival – Giugno 2019
EINS ZWEI DREI
IDEAZIONE, REGIA, COREOGRAFIA E COSTUMI MARTIN ZIMMERMANN
CO-CREATO E INTERPRETATO DA TAREK HALABY, DIMITRI JOURDE, ROMEU RUNA, COLIN VALLON MUSICHECOLIN VALLON
DRAMMATURGIA SABINE GEISTLICH
SCENOGRAFIA MARTIN ZIMMERMANN, SIMEON MEIER
SVILUPPO E COORDINAZIONE TECNICA INGO GROHER
SUONO ANDY NERESHEIMER
LUCI JÉRÔME BUECHE
COLLABORAZIONE ARTISTICA EUGÉNIE REBETEZ
ASSISTENTE ALLA REGIA SARAH BÜCHEL I
DEAZIONE SCENICA ROGER STUDER
COSTRUZIONE SCENE INGO GROHER ATELIERS DU THÉÂTRE VIDYLAUSANNE
PITTURE MICHÈLE REBETEZ-MARTIN
REALIZZAZIONE COSTUMI KATHARINA BALDAUF, DORIS MAZZELLA
DIRETTORE DI SCENA ROGER STUDER, JAN OLISLAGERS
DIREZIONE LUCI JÉRÔME BUECHE, SARAH BÜCHEL
DIREZIONE SUONO ANDY NERESHEIMER, FRANCK BOURGOIN
AMMINISTRATORE TECNICO SARAH BÜCHEL
COMUNICAZIONE MZ ATELIER
AMMINISTRAZIONE CONNY HEEB
ORGANIZZATORE DI PRODUZIONE ALAIN VUIGNIER
DISTRIBUZIONE INTERNAZIONALE CLAIRE BÉJANIN
PRODUZIONE MZ ATELIER
COPRODUZIONE BIENNALE DE LA DANSE DE LYON 2018, KASERNE BASEL, LE VOLCAN, SCÈNE NATIONALE DU HAVRE, LES 2 SCÈNES, SCÈNE NATIONALE DE BESANÇON, LES THÉÂTRES DE LA VILLE DE LUXEMBOURG, MAILLON, THÉÂTRE DE STRASBOURG – SCÈNE EUROPÉENNE, MAISON DE LA CULTURE DE BOURGES / SCÈNE NATIONALE, SCÈNE NATIONALE DU SUD-AQUITAIN, NEBIA – BIEL / BIENNE, THÉÂTRE DE LA VILLE, PARIS, THEATER CASINO ZUG, THEATER CHUR, THÉÂTRE VIDY-LAUSANNE, ZÜRCHER THEATER SPEKTAKEL
CON IL SUPPORTO DI ERNST GÖHNER FOUNDATION, CULTURAL FUNDS – SOCIÉTÉ SUISSE DES AUTEURS (SSA), STANLEY THOMAS JOHNSON FOUNDATION, CORYMBO FOUNDATION
SI RINGRAZIA IG ROTE FABRIK, THEATER NEUMARKT, ZÜRICH
PROVE FINALI IN THÉÂTRE VIDY-LAUSANNE
Martin Zimmermann è supportato economicamente da Culture Department City of Zurich, Department of Culture Canton Zurich and Pro Helvetia – Swiss Arts Council. Martin Zimmermann è artista associato delTanzhaus Zürich
prima nazionale