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ZUT nella Memory Box. Residenze artistiche tra passato e futuro

Memory Box è lo spettacolo diretto da Emiliano Pergolari e prodotto da ZUT, residenza artistica umbra, inserita dal 2018 nel progetto C.U.R.A. Una riflessione.

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«La costruzione di un organismo multiforme che esalti le differenze dei singoli soggetti in modo da ampliare lo sguardo sul complesso mondo della creazione artistica e che permetta una crescita costante attraverso un continuo confronto tra i soggetti interni e il mondo esterno», questi tra gli obiettivi fissati per il nuovo triennio 2018-2020 dal progetto C.U.R.A., acronimo di Centro Umbro di Residenze Artistiche che riunisce insieme cinque realtà regionali: Indisciplinarte srl di Terni, LaMama Umbria International di Spoleto, Ge.Ci.Te di Foligno (ZUT), Associazione Centro teatrale umbro di Gubbio, Associazione Micro Teatro Terre Marique di Perugia. Dopo averne seguito i progetti nello scorso triennio, tenendo anche conto di mancanze e lacune del sistema che hanno comportato la messa in difficoltà lo scorso luglio del Terni Festival, torniamo a fare il punto sui prossimi campi di azione della rete. Linee di intervento che interesseranno gli ambiti relativi alla multidisplinarietà, all’internazionalizzazione delle pratiche, alle azioni di scouting, al rapporto tra arte, performance e nuove tecnologie, alla formazione del pubblico e al coinvolgimento delle comunità locali.

Incontro con gli spettatori

Seppur nell’azione congiunta che procede e si esplica capillarmente attraverso un calendario fitto di attività, spettacoli, confronti e scambi, la peculiarità del progetto C.U.R.A. risiede nella precipua autonomia artistica di ciascun soggetto coinvolto. Se da una parte l’aggiornamento costante delle pratiche e l’attenzione ai processi rientra nella “fisiologia delle residenze” determinandone la naturale, ma non scontata, attività, dall’altra a fare davvero la differenza è di certo il mantenimento di tale costanza, la quale diventa punto di riferimento per le realtà extraregionali. Il consolidamento di una dimensione residenziale atta a programmare, promuovere, formare e restituire attenzione e sostegno a tali pratiche è, soprattutto in questo determinato periodo storico, il quid in grado di favorire riconoscibilità di azione sul territorio e altrove, determinando consequenziali avvicinamenti, incontri e scambi di punti di vista. I processi – prima confinati in una dimensione di tempo e spazio separata dalla programmazione e distribuzione teatrale tout court – sembra stiano integrandosi con maggiore incidenza all’interno delle direzioni degli Stabili ponendosi in dialogo non più, e non solo, con gli operatori e con gli addetti di settore ma anche con gli spettatori, abbonati e non, e con la comunità di riferimento nella quale il teatro/struttura opera.

Memory Box. Foto di Simone Telari

In seno agli appuntamenti diluiti nel triennio e alle attività programmate ad ampio raggio alcune delle quali in attesa di definirsi, lo spazio ZUT di Foligno (vincitore del progetto C.U.R.A. nel 2018) diretto da Michele Bandini ed Emiliano Pergolari ha presentato la sua ultima produzione, Memory Box, per la regia di Pergolari con gli attori David Rinaldini e Matteo Ciccioli.
Il pubblico è disposto direttamente sul palcoscenico a occupare rispettivamente i tre lati della scena, al centro della quale troviamo una scatola realizzata con velatini quasi impercettibili, al cui interno e annebbiato da una leggera foschia, intravediamo un dondolo. In alto, al di sopra della memory box, uno schermo. Pergolari include lo spettatore in un dispositivo che riproduce – attraverso la presenza scenica e il corpo dei due attori da un lato, la rarefazione dell’immagine video dall’altro – i meccanismi mnemonici. La voice off esterna e sovrastante i due personaggi guida e illustra i processi mnemonici accompagnati in scena da movimenti di entrata, uscita, e attraversamento della scatola. L’incidenza del ricordo come anche il tentativo della sua rimozione, la giustapposizione onirica di fatti avvenuti e l’indolenza della loro riemersione compongono un tessuto drammaturgico che come eco sembra far risuonare la registrazione de L’ultimo nastro di Krapp, l’ineluttabilità del ricordo di Dondolo e la necessità dell’ascolto ripetuto in Improvviso dell’Ohio.

Memory Box. Foto di Simone Telari

Nonostante la preminenza, Samuel Beckett, autore di questi ultimi tre titoli, è tuttavia solo una delle tante fonti citate, impressionate o anche soltanto interpretate che compongono la drammaturgia scenica: la vastità della tematica e il suo carattere universale comporta inevitabilmente il riferimento multidisciplinare a numerose e disparate creazioni che spaziano dal teatro, al cinema (come non pensare ai film Memento di Christopher Nolan e Eternal Sunshine of the Spotless Mind di Michel Gondry), alla videoarte. Seppure la scrittura proceda fluida adattandosi all’andamento incoerente e imprevedibile del pensiero e rispettandone ellissi e salti temporali; sembra mancare al testo un affondo più incisivo, un segno più netto da tracciare nel potenziale del tema trattato. Lo spettatore resta dunque a guardare la memory box che ha di fronte come fosse appunto un oggetto artistico efficace, a empatizzare intellettualmente tanto con la vittima (David Rinaldini, responsabile della sezione Re: play di ZUT dedicata alla musica e attore autodidatta, umile nella recitazione spontanea e grezza ma equilibrata nei toni) che con il carnefice (Matteo Ciccioli, stentoreo il tono di voce, carismatica, rigorosa e formalizzata la gestualità), ma non riesce tuttavia ad essere attraversato da una scrittura autoriale più decisiva.

Memory Box. Foto di Simone Telari

Lavoro questo da potersi considerare nell’ottica di un’ulteriore sfida alla sperimentazione e alla volontà di mettersi in gioco di ZUT e dei suoi direttori artistici, e probabilmente ascrivibile a una sorta di ritorno a una volontà registica, al momento accantonata rispetto alle altre priorità. Essere parte di un progetto come CURA, del resto, dal punto di vista di Pergolari e Bandini, rappresenta «l’occasione per strutturare il lavoro in maniera più consolidata, dandogli forza e rilievo all’interno di un contesto più ampio; ragionando su una progettualità a larga scala (non solo regionale) senza dimenticare di essere ancora più incisivi sul territorio di appartenenza. Ci auspichiamo di pesare di più a livello di politica culturale, sempre che tutti insieme si riesca a mantenere un’unità, una forza e una coerenza di fondo – assolutamente non facile da preservare».
Accanto a queste considerazioni inseriremmo inoltre la necessità di ciascuna realtà residenziale di andare oltre la dimensione in parallelo rispetto alle logiche degli Stabili e, difendendo la propria autonomia e specificità, di essere messe in grado innanzitutto di pianificare delle strategie progettuali che rendano sempre più prossimi e quindi riconoscibili i processi artistici, il loro tempo, la relativa fruizione e il modo in cui essi vengono comunicati. I paradigmi di azione teatrale stanno mutando considerevolmente e ci auspichiamo che, considerati gli ultimi trascorsi, non vengano abbandonati da Stato e Regioni.

Lucia Medri

MEMORY BOX

regia Emiliano Pergolari
con David Rinaldini, Matteo Ciccioli
scene e luci a cura di Emiliano Pergolari, David Rinaldini
progetto video a cura di Matteo Ciccioli, Emiliano Pergolari
produzione Coop. Ge. Ci. Te.(ZUT), Associazione ZoeTeatro

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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