Claudio Morici e Ivan Talarico presentano lo spettacolo Freschibuffi e altre trasmigrazioni dell’anima in un’unica serata all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Recensione.
Stabilire il livello di affermazione di un artista di teatro, oggi più di ieri, non è cosa determinata da una costante, da un giudizio di merito categorico e inequivocabile. Le variabili che influiscono sono tra le più disparate e col tempo hanno finito per confondersi, per farsi più labili: il pubblico, il grado di ricerca e di sperimentazione, il teatro che accoglie gli spettacoli, la produzione che li sostiene, le alzate di sipario…
L’altezza del soffitto, ad esempio, può fare la differenza e avere un impatto notevole nel percorso artistico. Anche il soffitto è, per giunta, una variabile, e quello della sala Goffredo Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica di Roma è, per così dire, una variabile significativa. Con leggerezza scanzonata, lo hanno dichiarato lo scorso venerdì sera Claudio Morici e Ivan Talarico registrando il tutto esaurito con lo spettacolo Freschibuffi e altre trasmigrazioni dell’anima, accolto in data secca nella struttura di via de Coubertin.
Anche il soffitto del Nuovo Cinema Palazzo è importante per altezza e, nonostante Morici e Talarico continuino ad animarlo politicamente e stabilmente attraverso le serate di Sgombro – insieme a Daniele Parisi, Davide Grillo, Gioia Salvatori, Nano Egidio – sanno bene che doversi spostare dalla periferia dove sono cresciuti artisticamente per arrivare “al centro”, dovendo reggere il confronto con altri spettatori, è prova assai significativa. Per dimostrare che cosa? Innanzitutto che – come successo lo scorso aprile con il concerto del cantautore Lucio Leoni – le scelte della Fondazione Auditorium Parco della Musica guidata dal presidente Aurelio Regina si stanno aprendo sempre più all’”underground” romano e che la contaminazione non è solo dedita alla sfera internazionale, ma cerca di porsi in dialogo col territorio, portando la “caciara” dei locali di San Lorenzo nel rispettoso tempio di Renzo Piano. Il cui soffitto è talmente alto da poter solo immaginare l’eventualità di poterci fare uno spettacolo al di sotto.
Arguta trovata è stata quella dei due artisti di scrivere uno spettacolo futuribile, in cui si richiede al direttore dell’Auditorium di poter essere ospitati attraverso una lunga sequela di email caduta nell’oblio di una casella di posta satura di richieste disattese. Del resto Freschibuffi e altre trasmigrazioni dell’anima sarebbe potuto costare troppo: percentuali su percentuali avrebbero gravato sul guadagno della serata, spese accessorie lo avrebbero ridotto, autorizzazioni burocratiche impedito…
L’intelligente drammaturgia a due voci, chitarra e leggio con accompagnamento al pianoforte, il consolidato amalgama che tiene insieme i due artisti per complementarietà e, allo stesso tempo, bipolarismo scenico, costruiscono una stratificazione di anni attraverso la quale riconosciamo quelle trasmigrazioni tra il paradosso e il nonsense musicale e attorale che vanno ben oltre il teatro canzone: i “freschibuffi” non hanno appartenenza, non c’è etichetta a determinarli, possono essere tutto e assumere qualsiasi funzione. Il palco diviso a metà dimostra scenicamente da un lato il qui e ora della performance e dall’altro l’«auditorium mentale», pensato sulle poltrone rosse e non agito. La parola usata, sia nei reading di Morici che nelle canzoni di Talarico, è riconosciuta e familiare, come lo sono anche le incomprensioni, le paturnie quotidiane, gli accidenti d’amore e le turbe romanesche.
I significati inciampano, vibrano, si pizzicano nelle corde della chitarra di Ivan e si schiaffano con strafottenza nel mento all’insù di Claudio, si dichiarano maldestramente in terza persona, ricadono nello sbattere fragoroso di coperchi di pentole per poi avventarsi in invettive pungenti. Ribaltando il punto di vista, Morici immagina un mondo dove sono gli uomini vittime delle donne, specchio rivelatore che affronta con mordace sarcasmo e senza alcuna retorica una questione rispetto alla quale l’ironia e la comicità, se non abilmente dosate, rischierebbero altrimenti di risultare offensive.
Quanto costa l’affermazione? Un intero platea e un intero galleria, un intero che è già dimezzato, lo dicevamo prima, e che arriverà in minima parte agli artisti stessi. La sincerità è per Morici e Talarico un vizio di forma, è la consapevolezza di sapere bene che cosa dire, come dirlo e a chi. Ma non sono i soli a parlare: dietro al loro «auditorium mentale» e nel racconto dei mitologici pranzi a tre euro alla Tana Sarda di San Lorenzo c’è tutta una generazione di artisti che per carisma, dedizione, costanza e tenacia ha dovuto imparare a porsi in dialogo con gli spazi romani e l’ha fatto prima di tutto attraverso il gesto politico. Del resto, ridere in questa città non è mai stato così serio.
Lucia Medri
Auditorium Parco della Musica, Roma – gennaio 2019
FRESCHIBUFFI E ALTRE TRASMIGRAZIONI DELL’ANIMA
il nuovo reading con canzoni di Morici & Talarico
foto: Lucrezia Testa Iannilli
grafica: Marco Quintavalle
light design: Andrea Tocchio