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Almost, Maine. L’amore e la filosofia da panchina

Almost, Maine scritto dall’attore e sceneggiatore americano John Cariani è andato in scena al Teatro De’ Servi nell’adattamento della Compagnia Indipendente dei Giovani Umbri diretta da Samuele Chiovoloni. Recensione.

foto ufficio stampa

«È amore, ma non abbastanza», recita la sinossi di Almost, Maine. John Cariani, sceneggiatore e anche attore statunitense (molti lo ricorderanno nella serie Law and Order), è autore di questa «real romantic comedy», come recita il sottotitolo, articolata in undici brevi scene che compongono lo spettacolo, con debutto nel 2004 e record di incassi al botteghino del Portland Stage Comedy di Portland, in Maine, appunto. Una scrittura leggera, a planare sui palchi dell’Off Broadway, senza velleità moralizzanti o ambizioni patetiche, diretta e ironica quanto basta per essere pungolati lì dove batte (ancora?) il cuore.

Nella seconda settimana di inizio anno, in un altrettanto freddo gennaio, quando si torna alla frenesia degli impegni dopo l’apparente stasi del tepore natalizio, quel venerdì sera di mezzo inverno di Cariani è arrivato a Roma nell’allestimento della Compagnia Indipendente dei Giovani Umbri, tradotto da Jacopo Costantini e diretto da Samuele Chiovoloni. Se qualcuno si sta chiedendo che fine abbia fatto il Teatro dell’Orologio, questa è l’occasione per parlarne: abbandonati gli spazi di via de’ Filippini, la direzione artistica del “multisala off” romano incontra quella del Teatro De’ Servi per presentare il cartellone 2018/2019: «una stagione amichevole» con un calendario che alterna spettacoli di «campioni» e «fuoriclasse».
Prodotta dal Progetto Goldstein (nelle persone di Leonardo Ferrari Carissimi, Fabio Morgan, Anna Favella e Alessandra Muschella) e da La Bilancia Produzioni, la versione italiana di Almost, Maine è un progetto attorno al quale si sono strette, sostenendolo, molte realtà del teatro indipendente, quel sistema periferico e vivacissimo che è stato portato all’attenzione della critica e del pubblico soprattutto dopo gli ultimi Premi Ubu.

Lo spettacolo di Samuele Chiovoloni (regista già incontrato nel precedente Combustibili) ha ricevuto il sostegno di Verdecoprente residenze artistiche e Corsia of Centro di Creazione Contemporanea, due fertili realtà umbre. La prima è diretta da Roberto Giannini e Rossella Viti la cui sede è immersa nella provincia di Terni, la seconda invece è una residenza multipla che anima il capoluogo umbro riunendo attorno a sé un gruppo di compagnie teatrali di Perugia. A livello nazionale, Almost, Maine ha vinto la borsa di produzione Anna Pancirolli e contestualmente la menzione assegnata dagli allievi delle scuole di Milano come miglior spettacolo; da Mamimò Giovani Direzioni è stato selezionato per l’edizione 2017, ed è finalista a Giovani realtà del Teatro presso l’Accademia Nico Pepe di Udine.

foto ufficio stampa

Un lavoro onesto e senza sbavature, preciso e ordinato nell’azione drammaturgica volta a rispettare una linearità narrativa che inanella uno dietro l’altro quelli che sembrano dei veri e propri sketch, cinque bozzetti (rispetto alle undici scene dell’originale) di umili esistenze rese compulsive dalla nevrosi amorosa. Nonostante alcuni calchi nella recitazione rischino di rendere la caratterizzazione in alcuni momenti un po’ troppo tendente alla caricatura; i quattro interpreti Giulia Trippetta, Silvia Zora, Ludovico Rohl e Jacopo Costantini dispiegano – davanti a una platea quasi gremita e al terzo giorno di replica – una recitazione scaltra nel destreggiarsi nei serrati tempi scenici e colorata da un’interpretazione versatile, che si muove sicura tra l’ironia acuta dei giochi di parole e l’invettiva beffarda verso lo stereotipo. Una sorta di filosofia “da panchina” à la Woody Allen, con quell’equilibrata sferzata di cinismo che stuzzica la coscienza senza complessarla, strappando allo spettatore una risata a denti stretti: una virgola sul volto, una pausa, che pur manifesta lascia celate le nostre fragilità.
La regia di Chiovoloni si struttura, piana, in una progressione drammaturgica che fa dialogare tra loro le cinque scene con una serie di minimi rimandi tra l’una e l’altra attraverso una curiosa scrittura a matrioska: una scena contiene l’altra ma ciascuna è costruita per essere di per sé autonoma. Organico anche l’allestimento scenico che, nel palco vuoto e riempito solo di oggetti funzionali all’azione (tavola e ferro da stiro, sacchi colorati), si riempie e si diversifica grazie ai colori sgargianti degli abiti indossati dagli interpreti.

foto Luca D’Agostino / Phocus Agency

In quello stato di ottundimento emotivo trasposto in musica nelle note di These days cantate da Nico, anche ex voce romanticamente ribelle di The Velvet Undergroud, si ripensa a quell’assenza di definizione che tuttavia strenuamente tende, e tende ancora, verso qualcosa o qualcuno, alla ricerca di un centro, e alla sua perdita. «Va’ via, torna!». Di nuovo e ancora, «Dai, su, provaci!». Farà male, non importa. Giochiamo ad affidarci allo sconvolgimento, alla pienezza dell’incoerente emozione traditrice, che lascerà la presa e ci farà tornare lucidi e razionali: bisogna pur difendersi, alla fine.
Stai qui, per sempre? Chissà. O, quasi.

Lucia Medri

Teatro De’ Servi, Roma – gennaio 2019

ALMOST, MAINE
di John Cariani
traduzione Jacopo Costantini
regia Samuele Chiovoloni
con Giulia Trippetta, Silvia Zora, Ludovico Rohl e Jacopo Costantini
Un progetto di Compagnia Indipendente dei Giovani Umbri
produzione Progetto Goldstein e La Bilancia Produzioni
Con il sostegno di Verdecoprente residenze artistiche e Corsia Of centro di creazione contemporanea

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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