Eleonora Danco con dEVERSIVO torna al Teatro India all’interno di una trilogia dedicata all’artista romana. Recensione
Ci sono artisti in grado di plasmare lo strumento secondo le proprie urgenze, a tal punto da farlo scomparire: chi conosce il lavoro di Eleonora Danco è cosciente di essere spettatore di un flusso poetico che esonderebbe qualsiasi settorialità; appartiene a quella schiera di artisti che, volenti o nolenti, si pongono fuori dalla Storia, lontano dall’evoluzione dei linguaggi. Contenuto e forma nel loro caso non possono che coincidere, perché la seconda è una sorta di Dna, un codice inscritto nella mente e nelle fibre muscolari.
Nel caso di Eleonora Danco il teatro passa attraverso una scrittura ipertrofica che è una sorta di mappatura autobiografica, ma allo stesso tempo un divenire poetico senza freni. Non è scrittura drammatica, non si basa su un dialogo (come certi monologhi in cui l’autore dà parola e maschera a diversi personaggi), non c’è plot e dunque non ci sono snodi narrativi, c’è una donna che cerca di abitare un mondo che non ha indulgenza per la sua incapacità di assecondarlo.
Danco è autrice sempre della stessa opera, come se ogni spettacolo o film (un paio di anni fa ha diretto N-Capace) fosse una tappa, una porzione di qualcosa di più grande, inarrivabile e che ha profondamente a che fare con la vita stessa nella sua complessità.
Autobiografismo e invenzione si intrecciano in questo ultimo dEVERSIVO visto al Teatro India (messo in scena per la seconda volta in una corposa trilogia con Nessuno ci guarda e Donna n°4): i contorni sfumati di una Roma pigra, assopita, disordinata, sporca, tenebrosa, caduca e marcescente si compongono nelle facce di chi la attraversa, spiriti senza volto che incontrano un altro spirito. Eleonora Danco è Caronte in una città di morte. I luoghi storici, i nomi delle vie e delle piazze celebri si accostano, come entità tautologiche, immuni al cambiamento, a un paesaggio umano che non merita redenzione.
L’afflizione dell’artista squattrinata è una corsa poetica nel fango, nella quale l’ironia sembra essere l’unica salvezza insieme alla necessità di fermare quel paesaggio decomposto in un lirismo destrutturato. Le immagini si compongono attraverso le parole alle quali l’autrice/performer imprime quella musicalità ormai tipica: la sua non è una stand-up comedy, ma neanche un reading, perché tutto è memorizzato, impresso in una partitura precisa.
Le case abitate, l’affitto da pagare, i soldi con cui mettere insieme il pranzo e la ricarica del telefono; si mescolano i periodi cronologici: il passato potrebbe accadere domani, la fame potrebbe tornare.
Si muove nello spazio, tra luci e buio, lancia una sedia o la usa per sedersi e dare voce a quel produttore dalla prosa retorica o quell’altro impresario teatrale che si vanta delle conquiste del proprio teatro privato cercandole uno spazio in cartellone con l’imperativo di riempire la sala. Con un accenno di napoletano lascia comparire un tipo “importante” con il quale prende accordi verbali per un grande spettacolo all’aperto che poi non si farà. È un panorama teatrale desolante quello raccontato, con caricature dai tratti forti, chi conosce la carriera dell’artista romana e l’ambiente potrebbe riconoscere alcune figure: tutti si distruggono a vicenda, tutti promettono, ognuno vuole riempire la platea e nessuno sembra avere un pensiero artistico, la profondità per uno scambio sincero.
L’ironia non basta, non basta più a indorare la pillola di una solitudine evidente, prima che la sconfitta possa sciogliersi nell’abbraccio del pubblico.
«E se non viene pubblico?
Può succedere…
Un’inondazione, un caldo torrido imprevisto, la morte di qualcuno,
un attentato, qualsiasi cosa io devo pagare!».
Andrea Pocosgnich
dal 27 novembre al 2 dicembre 2018, Teatro India, Roma
dEVERSIVO
scritto diretto ed interpretato da Eleonora Danco
musiche scelte da Marco Tecce
disegno luci Eleonora Danco
assistente alla regia Maria Stella Casella
comunicazione Lorenza Accardo
grazie a Benedetta Boggio
Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale