Not Not Not Not Not Enough Oxygen. A Trend, la rassegna sulla scena inglese ideata e diretta a Roma da Rodolfo di Giammarco, abbiamo viso un testo di Caryl Churchill allestito con la regia di Giorgina Pi. Recensione.
Bisogna ammettere che se il teatro italiano ora ha fatto definitiva e approfondita conoscenza con la drammaturgia britannica di Caryl Churchill è proprio grazie all’impegno di Bluemotion, gruppo teatrale che ha sede all’Angelo Mai di Roma (sì proprio quel luogo più volte sotto sgombero) e che ora vede il proprio nome in lizza per un paio di premi Ubu associati a Settimo Cielo (candidato come miglior testo straniero e miglior progetto sonoro), prodotto con il Teatro di Roma su una drammaturgia di Churchill.
Giorgina Pi riesce ad abitare con naturalezza le righe di cui si compongono i drammi dell’autrice londinese, ne fa emergere la voce netta, chiara, ne evidenzia l’impulso politico. D’altronde, la forza di questa drammaturga sta proprio nell’ambizione di creare storie in cui si muovono personaggi che abbiano a che fare con temi politici senza piegarsi però al mero didattismo: sono famiglie fotografate tra mutamenti storici, parenti che si distruggono interrogandosi sui destini etici della vita e della società, sono uomini e donne alle prese con stigma sociali, di genere, con cambiamenti politici o ambientali spesso epocali.
Not Not Not Not Not Enough Oxygen è stato prodotto nel 1971, quando Caryl Churchill aveva 31 anni, era sposata da 10 anni e aveva due bambini; nasceva come radio dramma per l’emittente di Stato, la BBC. Non è un caso che in quegli anni la culla dei primi partiti ambientalisti d’Europa fosse proprio l’Inghilterra, perché, come si può facilmente dedurre dal titolo, la questione relativa alla qualità dell’aria e dell’ambiente che ci circonda non era secondaria. Giorgina Pi aveva già portato questo testo negli spazi sonori di Rai Radio Tre lo scorso anno, ora ne ha misurato una formulazione teatrale all’intero della programmazione di Trend, la storica rassegna diretta da Rodolfo di Giammarco, che porta al Teatro Belli di Roma, fino al 22 dicembre, alcune tra le più interessanti proposte della scrittura teatrale d’Oltremanica.
La genesi sonora del racconto ritrova rappresentazione e strumento in alcuni microfoni sistemati sul palco: uno pende dalla graticcia, un altro è su un’asta di fronte all’unico, ulteriore, complemento di arredo scenico, una sedia. La occupa un uomo, di spalle per almeno metà del tempo; vediamo la sua schiena e ci aggrappiamo alla voce roca, profonda con cui Marco Spiga anima il personaggio sessantenne. Alla sua sinistra il microfono sospeso è invece puntato sulle labbra di Aglaia Mora, anche lei splendida tra gli effetti di cui si carica la vocalità amplificata, alla ricerca di un piano di astrazione che renda il personaggio quasi trasparente, entità evanescente e bidimensionale; donna ancora giovane e innamorata di quell’uomo molto più grande di lei.
Vivono in ambienti piccolissimi, case che sono cubicoli da far pensare alle chambre de bonne parigine o ai veri e propri loculi di Hong Kong. Fuori è l’apocalisse: aria malata, ad altissima concentrazione di anidride carbonica in grado di ammalare alla prima esalazione e impedire la visuale, scontri e gruppi di ribelli non ben identificati. La casa è un sogno dentro a un parco verde, l’ossigeno costa caro e si spruzza come un deodorante.
Le distopie sono solide quando intercettano le paure dell’uomo nonostante l’avvicendarsi dei decenni: Churchill aveva ambientato questa pièce nel 2010 immaginando una crisi globale dell’ambiente; non siamo a quel livello (da acquistare l’ossigeno spray), ma i cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti. E poi c’è il quadro politico-sociale, le disuguaglianze sempre più nette e la moda del momento: fuggire e donare tutti i propri averi. Manca l’ossigeno e con esso la possibilità di una vita felice; come spesso avviene nella scrittura di Churchill (Caffettiera Blu ne è un esempio in questo senso) tali mancanze si riflettono sul linguaggio, che qui si spezza, si dilata in ripetizioni e in micro ellissi, nelle quali particelle verbali e preposizioni cadono di tanto in tanto, come minuscoli sassi in un pozzo. Nella società impazzita immaginata dall’autrice, in cui non si può avere un figlio senza permesso, c’è un fronte di liberazione da qualsiasi ricchezza: alcuni abbandonano tutto e scappano fino a morire di indigenza, è quello che ha fatto la moglie di Mick e ora anche il figlio (Xhulio Petushi), atteso dal padre e dalla sua amante come una benedizione, come colui che potrà liberarli dalla prigionia del grattacielo senza ossigeno in cui vivono. Il ragazzo, talmente giovane da non aver mai visto gli uccelli prima della loro estinzione, è un cantante famoso e i due hanno intenzione di farsi regalare una somma di denaro per cambiare vita, finché non scoprono che il giovane invece è venuto solo per salutare il genitore prima di andarsene per sempre.
Ci sono dei sodalizi che quando nascono determinano un destino diverso per chi a quella relazione partecipa; in teatro accade spesso tra chi scrive, chi sta in scena o chi dirige. È commovente notare come alcune volte queste relazioni determinino un nuovo percorso almeno per uno dei due protagonisti. Non sappiamo neanche se, e quante volte, Giorgina Pi abbia incontrato Caryl Churchill, quante volte si siano scritte o parlate, eppure la scrittrice londinese di 81 anni ha in effetti impresso un ritmo nuovo e vitale alle creazioni della regista romana.
Andrea Pocosgnich
Teatro Belli Roma, Trend. Nuove frontiere della scena britannica – novembre 2018
NOT NOT NOT NOT NOT
ENOUGH OXYGEN
di Caryl Churchill
con Aglaia Mora, Xhulio Petushi, Marco Spiga
ambiente sonoro Valerio Vigliar
luci Andrea Gallo
consulenza ai costumi Gianluca Falaschi
direzione tecnica Giuseppe Tancorre
assistente di produzione Livia Mastrodonato
regia Giorgina Pi
traduzione Paola Bono
produzione Angelo Mai/ Bluemotion/ 369gradi
in collaborazione con Sardegna Teatro
uno spettacolo di Bluemotion