A Parigi per il Festival d’Automne, al Théâtre de la Bastille abbiamo visto Sopro (Soffio) di Tiago Rodrigues. Recensione
A Parigi, sull’undicesimo arrondissement, in rue de la Roquette – a poche centinaia di metri dall’Opéra – sorge il Théâtre de la Bastille, spazio consacrato al teatro e alla danza contemporanea, nonché una delle sedi del Festival d’Automne, cartellone che – dal 1972 – coagula teatro, musica, danza, arti plastiche. Questa quarantottesima edizione anima più di quaranta luoghi a Parigi, per una durata di oltre tre mesi. Tra i nomi: Jan Fabre, Milo Rau, Anne Teresa de Keersmaeker – con un focus dedicato – e ancora Julien Gosselin, Noé Soulier, Laetitia Dorsch, Silvia Costa, Saburo Teshigawara e molti altri. Non manca Tiago Rodrigues, direttore del Teatro Nacional D. Maria II di Lisbona, con ben due lavori By Heart (visto nel 2016 a Short Theatre) e Sopro, in scena fino al 2 dicembre.
Se in By Heart il dispositivo consiste nell’atto di squadernare un testo e farlo imparare a memoria da un nugolo di spettatori, in Sopro – che abbiamo visto in questo importante contesto parigino – il regista espone l’osceno del teatro, ossia quel che resta fuori dalla scena, in questo caso appena ai margini. Attraverso sentieri creativi originali e inediti, in entrambi i casi si tratta di encomi del teatro, elogi vitali e testimonianze pulsanti, rivendicazioni di esistenza.
Il regista e direttore del teatro nazionale della capitale portoghese fin dall’esordio del proprio incarico propone a Cristina Vidal – professione suggeritrice del teatro – di andare in scena, così da mettere luce con uno spettacolo sulla fibra poetica e misteriosa di una professione in ombra, ignota ai più ma densa di una sapienza raffinata, summa di un’artigianalità teatrale lontana dai riconoscimenti. Si tratta tuttavia di un mestiere per sua stessa natura celato agli occhi del pubblico, parallelo ai fasti del palcoscenico; perciò Vidal oppone un netto diniego alla proposta. Resistenza che però crolla di fronte a un compromesso espressivo: sul palco Cristina non avrebbe fatto null’altro che il proprio lavoro di sussurrare le battute, senza mai prendere la parola.
Sopro apre su una scena abbacinante, incorniciata da una montatura che non include quinte, ma una cornice verticale di tre pareti, composta di tendaggi morbidi, su un suolo intervallato con regolarità da ciuffi di piante e da alcuni oggetti d’arredamento. Qui Vidal accoglie il pubblico, occhiali sul naso e testo in mano, per poi confondersi con l’oscurità, lasciando in balia dell’eco di folate di vento – come a sottolineare la centralità di quel soffio (Sopro in portoghese) che dà il titolo alla pièce.
Si avvicendano i dialoghi e le biografie di professionisti del teatro e i loro personaggi: la regista che si innamora dell’attore incapace di imparare a memoria la propria parte, la ragazzina che assiste al primo spettacolo, la diagnosi nefasta alla regista a pochi giorni dalla prima, la vanagloria del direttore che tenta di convincere una suggeritrice a andare in scena – ironico ritratto deformato di sé a opera di Rodrigues. Cristina Vidal si avvicina a tutti con discrezione, insuffla le battute, è presenza costante e onnisciente.
La stratificazione testuale si compone di un mosaico di aneddoti dalla vita teatrale, ma anche di inserzioni tratte da Cechov – l’anziano Fis de Il giardino dei ciliegi – così come l’Arpagone di Molière, la Berenice di Racine e dialoghi di Antonio Patricio. L’uso impertinente della letteratura si può annoverare tra le cifre del regista portoghese, che è solito intrecciare ordini di discorso, piani narrativi, lingue e registri, in una commistione di performatività metalinguistica, in grado di omaggiare il teatro, vivificandolo, senza resa al suo disfacimento.
Attraverso un processo metonimico la figura del suggeritore parla del teatro, che è in rovina, in punto di morte; ha un’esistenza vulnerabile, ma che si può difendere – sembra indicare Rodrigues – con il mormorio del dubbio, l’incertezza dell’asserire, la fragilità di ciò che non compare ma che sceglie di vivere. Sopro rispecchia un teatro radicato nell’idea di scrittura scenica con e per gli attori, efficacemente in grado di ribadire l’intento di vivere attraverso un’articolazione sapiente dei meccanismi teatrali, in grado di rinvenire con semplicità e ironia la poesia del reale, nella sua immediata capacità trasformativa. «Restare in vita – scrive il regista – è scelta assai concreta, tanto quanto il gusto vivace di una zuppa di legumi».
Giulia Muroni
Festival d’Automne, Parigi – novembre 2018
Sopro
regia e testo Tiago Rodrigues
con Beatriz Brás, Cristina Vidal, Isabel Abreu, João Pedro Vaz, Sofia Dias, Vítor Roriz
scene e luci Thomas Walgrave
costumi Aldina Jesus
suono Pedro Costa