Al Festival Oriente Occidente, Salvo Lombardo ha presentato “Excelsior” ispirato al kolossal di fine Ottocento a cura di Luigi Manzotti, Romualdo Marenco e Alfredo Edel, ma anche al suo revival del 1967. Recensione.
Per avvicinarsi a un’opera del passato con l’intento di succhiarne lo spirito e di restituirne, sia pure con ardire critico, l’essenza, è del tutto necessario possedere per quell’opera un’autentica – e aggiungiamo – smisurata, passione. Quando poi si tratta di un cult-ballet come Excelsior – ovvero dell'”azione coreografica, storica, allegorica, fantastica” in 6 parti ed 11 quadri di Luigi Manzotti (coreografo), Romualdo Marenco (musicista) e Alfredo Edel (scenografo-costumista), al debutto l’11 gennaio 1881 (in concomitanza con il primo, milanesissimo, Expo), sul traballante palcoscenico del Teatro alla Scala, ingombro di 508 comparse più i protagonisti importanti e meno e gli animali vivi – le affinità elettive e i sussulti d’amore (o d’odio, fa lo stesso: l’odio è forma réversible d’amour) debbono duplicarsi, e non solo perché di Excelsior, ormai da tempo, se ne annoverano due.
Come è forse noto, oltre al Gran Ballo “monstre” del 1881, custodito nel magnifico album con la disposizione coreografica del Manzotti a cura di Giovanni Cammarano e nei 14 minuti rimasti del film comunque en plein air di Luca Comerio (1913), è tuttora vivo nel repertorio del Teatro alla Scala l’Excelsior 2 (1967/1974) di Ugo Dell’Ara, vivace coreografo accademico, Filippo Crivelli, regista di teatro e rivista, Fiorenzo Carpi, revisore delle musiche del Marenco e Guido Coltellacci, autore di scene e costumi ispirati a Edel. Entrambi, in diversi modi, sono balletti frutto di cocente necessità espressiva.
Oggi abbiamo un ennesimo fautore di Excelsior: è il coraggioso Salvo Lombardo, coreografo residente al festival Oriente Occidente per la stagione in corso, e ospite del suo debutto. Con la sua compagnia Chiasma, Lombardo, assieme a Fabrizio Alviti (musiche) e a un gran numero di video-maker (Daniele Spanò, Luca Brinchi, Isabella Gaffè, Filippo Berta) ha provato a tuffarsi in quel rave delle bisavole, in quel fortunato episodio di compartecipazione collettiva alla creazione di stereotipie (la razionale lotta tra Bene e Male, l’idolatria del Progresso, la vanagloria nazionalista, e in nuce europeista, il colonialismo visto come panacea di popoli extra-europei, oppressi e selvaggi) che fu l’Excelsior 1.
Super-opera transgenerazionale come poche altre, fenomeno di massa e di natura impresariale, milanese e piccolo-borghese, tutto teso a rinverdire la magnificenza degli spettacoli barocchi e la grande scuola della scenografia teatrale italiana, più che a esaltare le conquiste del balletto tardo-romantico e sinfonico imperante in Russia, Excelsior 1 fu capace di depistare la tradizione scaligera per anticipare con i suoi meccanismi a orologeria e a “caleidoscopio”, dai mille intrecciati effetti geometrici, quel genere nuovo che si chiamò rivista, musical anglosassone, con scale alla Wanda Osiris, e persino le coreografie acquatiche (piramidi umane e appunto giochi d’acqua) nel cinema di Busby Berkley. Su tutto ciò esiste una copiosa letteratura storico-critica anche a nostra cura e soprattutto un magnifico saggio di Giovanni Morelli dal titolo Entre le poire et le fromage: l’Arca di Manzotti, più gli scritti di Stéphane Mallarmé estimatore di Excelsior a Parigi dove fu costruito un apposito teatro per accoglierlo. Tale fenomeno-collaudo di un genere nuovo resistette cinquant’anni, con vari rifacimenti e ricostruttori (sino al 1931) e si guadagnò un numero di recite nel mondo (oltre 300 solo a Parigi) mai superate da nessun altro evento coreutico italiano. Dubitiamo che ciò possa accadere al terzo Excelsior: coreograficamente freddo e fragile, salvo nei due eloquenti filmati d’inizio e fine.
Nel primo – su schermo in fondo-palco – dopo la declamazione manzottiana «sulla titanica lotta sostenuta dal Progresso contro il Regresso» (rubata all’Excelsior 2, Manzotti la rivolse solo per iscritto agli spettatori), una concitata sequenza di immagini illustra quanto la nostra società occidentale e pantagruelica sia incolta, di superficie, in totale soggezione mediatica, violenta e in guerra ma applaudendo i campioni del football… Nel secondo filmato, su schermo invece fatto scendere sul proscenio dell’Auditorium Melotti di Rovereto, si assiste alla famelica lotta di due lupi feroci: sbraneranno il nostro povero tricolore in un ambiente di natura, di sicuro metafora di quel mondo selvaggio per nulla aiutato dalle superpotenze europee ed extra-europee, anzi sfruttato, depredato dei suoi petroli e averi, eccetera eccetera. Qui funziona anche l’azione scenica: ovvero la nudità di tutti i protagonisti – sette principali e sette interpreti femminili selezionate da Lombardo in un apposito workshop – prima fermi e poi accatastati in una montagna morta o viva, ma che comunque ritorna ab ovo, alle origini della civiltà.
Tra i due video viaggiano, a lato di semplici tubi al neon, e cantano, si dimenano, corrono e formano catene personaggi in magliette e pants odierni o in crinoline. Una danzatrice sfoggia la croce che in Excelsior 1 e 2 è il segno distintivo del personaggio La Civiltà; un’altra ostenta la scritta «Barbie», e una terza «Odile», forse metaforica crasi che fa del malefico Cigno nero (appunto Odile nel Lago dei cigni) l’ipotetico Oscurantismo di Excelsior 1 e 2. Nell’insieme, tuttavia, l’alternarsi dei personaggi anche con pants-bandiera britannica (forse a ricordo del colonialismo inglese, o del successo che Excelsior 1 ottenne pure nella “perfida Albione” in un’epoca in cui Mussolini sbraitava) non porgono al pubblico movimenti, gesti, o combinazioni coreografiche in grado di restituire in forme nuove e con ipotesi personali ciò che del Gran Ballo “monstre” può essere stato digerito per necessità e poi cancellato.
Un’opera contemporanea ispirata a precedenti del passato deve per forza reinventarsi, allontanarsi dai suoi modelli e squarciare nuovi orizzonti di pensiero. La pochezza dell’Excelsior 3 di Lombardo nasce invece, a nostro avviso, da apporti scolastico-accademici friabili quanto fuorviati. Saltelli, braccia alzate come quella della Luce, o pose sul grembo, qualche galop e alcuni can can, troppi bacini al vento, con un’insistenza esotica o sensuale che, tra l’altro, nel razionale, massonico e patriottico Excelsior 1 era totalmente assente – più la celebre posa di chi qui simula La Civiltà in arabesque penchée intenta ad avvolgere un ipotetico Schiavo in segno di riscatto, tratta dal quadro Ottavo (La Cosmopolita) dell’Excelsior 2 –, ne fanno un compitino critico-riassuntivo. Non basta certo la ragazza dal seno denudato su di un asciugamano con l’immagine dell’Africa a dichiarare una presa di distanza dalle utopie fallimentari, ma quanto vivificanti, del verzuratt Manzotti, di umili origini sempre ostentate.
Tra l’altro dubitiamo che il pubblico odierno abbia tanta dimestichezza con i due Excelsior da riconoscerne i segni: la frammentazione gestuale e coreograficamente spenta della pièce di Lombardo potrebbe solo risultare afasica. Alla fine ci tocca di nuovo ammirare la disincantata spigliatezza di Ugo Dell’Ara, tuttora percepibile nelle riprese scaligere dell’Excelsior 2. Investito del non facile incarico di ritornare al Gran Ballo per il XXX Maggio Musicale Fiorentino, il coreografo romano buttò a mare i quaderni di Cammarano, e pure i consigli della suocera Matilde Schwerz, seconda ballerina in una ripresa anni Venti dell’Excelsior 1 per creare, sia pure sulla falsariga del Manzotti, un Excelsior tutto suo. Con l’indispensabile aiuto di Crivelli, nacque un gingillo ironico dal profumo anticato: una di quelle vecchie cose del passato e che non butteremmo mai via, più attento alle aspirazioni ed emozioni della vita di ogni giorno che alla Storia con la s maiuscola. Excelsior 2 prende le distanze da Excelsior 1 in festosa allegria-autonomia.
Oggi sarebbe impossibile. Ma c’era davvero bisogno, pardon necessità, di un Excelsior 3 per raccontare dell’odierno mondo europeo, senza più utopie e in rovina e del nostro tricolore continuamente beffato/sbranato?
Marinella Guatterini
Auditorium Menotti (Festival Oriente Occidente), Rovereto, Settembre 2018
EXCELSIOR
ideazione, coreografia e regia Salvo Lombardo
collaborazione coreografica Daria Greco
consulente culturale Viviana Gravano
musiche Fabrizio Alviti
disegno luci e video Daniele Spanò e Luca Brinchi
contributi filmici Isabella Gaffè
video Homo Homini Lupus Filippo Berta
costumi Chiara Defant
organizzazione Sabrina Chiarelli
responsabili tecnici Loris Giancola e Luca Giovagnoli
danzatori Jaskaran Anand, Cesare Benedetti, Lily Brieu, Lucia Cammalleri, Leonardo Diana, Fabritia D’Intino, Daria Greco
e con i partecipanti al workshop Around Excelsior Alessandra Piano, Alessandra Sparano, Emma Saba, Erika Boschiroli, Eva Campanaro, Silvia Girotti, Veronica Corradini.
coprodotto da Festival Oriente Occidente, Théâtre National de Chaillot, Festival Fabbrica Europa, Romaeuropa Festival, Versiliadanza
con il contributo di MiBACT – Ministero Beni e Attività Culturali e del Turismo
con il supporto di Teatro della Toscana / Pontedera Teatro, ACS Abruzzo
grazie a Residenze coreografiche Lavanderia a Vapore 3.0 / Piemonte dal Vivo