A Short Theatre il regista portoghese Tiago Rodrigues ha presentato in prima nazionale António e Cleópatra, un lavoro complesso sulle polarità della scena.
Chissà se Tiago Rodrigues ha mai pensato di lasciare i sovratitoli del suo António e Cleópatra come cifra stilistica e al tempo stesso esemplificazione drammaturgica della sua opera. Che sia in Italia, Francia, Portogallo o altrove mi sembra che la chiave di questo lavoro sia anche lì: in una didascalia – resa necessaria per porre rimedio a differenze linguistiche – ma che al tempo stesso racconta attraverso il segno i piani stilistici ed ermeneutici dell’opera. Da un lato la parola scritta che traccia i contorni del senso attraverso il segno, dall’altro le parole dette in un tono monocorde che solo raramente si impenna; entrambe aprono la fenomenologia di quest’opera verso nuovi sviluppi.
Antonio e Cleopatra sono figure randagie, personaggi migranti dalla Storia al cinema (pensiamo al noto film di Mankiewicz con Richard Burton ed Elizabeth Taylor), dal teatro (di Shakespeare e non solo) al paesaggio sonoro (la stessa colonna sonora del film firmata da Alex North e che torna anche in questo spettacolo a ricordare che i due protagonisti si iscrivono più nella leggenda che nella Storia).
Antonio e Cleopatra caratteri forti, più semplicemente diremo centrali. Qui a farsi portavoci della loro storia sono i due attori Sofia Dias e Vítor Roris, in uno spettacolo che sbrigativamente alcuni hanno liquidato come brechtiano. E invece bisogna pensare allo “straniamento” come una corrente di risacca che si muove al largo e poi travolge, col suo moto articolato da flussi e reflussi.
Senza non qualche prurito di fondo agli occhi contemporanei, Tiago Rodrigues sistema questo lavoro nel ventre di alcune polarità care al teatro da sempre, ma emerse più ostinatamente ai tempi di Pirandello quando l’invenzione dell’autore si interrogava scopertamente sulle questioni attore/personaggio, scena/controscena. C’erano il sapere dell’attore e l’invenzione dell’autore che rendevano queste polarità focolai pronti ad accendersi quando chi scriveva sapeva alimentarli. Nel lavoro di Rodrigues i due attori paiono invece protagonisti sì, ma solo di una controscena ideata e distillata raffinatamente dal regista/autore che nel disegno del testo e con minuziosi accorgimenti pare invece dominare lui stesso la scena. Questo non significa che l’António e Cleópatra di Rodrigues sia una macchinosa ostinazione da parte dell’autore/regista a voler imporre la propria presenza. Tutt’altro. Lo spazio è segnato da cambi di luce leggeri, condotti in maniera dolce e accomodante; un’istallazione – che ricorda lo Steel Fish di Alexander Calder – viene messa in movimento in maniera quasi impercettibile, piccoli artifici che diventano segno di una presenza che tutto muove a teatro.
L’idea di un regista demiurgo è molto novecentesca, e questo fa storcere il naso a quelli che si vorrebbero già immersi in un altrove temporale, dimentichi delle lezioni pirandelliane ad esempio – non perché rifiutate ma perché convinti di averle ormai interiorizzate. Il Secolo breve a teatro ci dimostra non essere mai tale. Tiago Rodrigues riflette sulla falsità priva di inganno (di cui parlava Waldemar Conrad) e stratifica il problema delle risorse espressive dell’attore spostando l’asse portante del suo lavoro dal nodo attori/personaggi, a quello autore/personaggi/attori (proprio come in Pirandello! Sic!). Rodrigues rifiuta l’identificazione, ecco perché Sofia Dias e Vítor Roris si muovono in quella corrente di risacca che avvicina o porta a largo dall’immedesimazione artefatta. Antonio inspira, Cleopatra espira, ma solo nel mondo mentale dell’autore.
Nel finale, in un vortice sonoro, linguistico e segnico (poiché sempre impera la didascalia) il linguaggio si allontana dall’orizzonte della razionalità, le parole si fondono l’una nell’altra conducendo chi ascolta a esercitare una contorsione del pensiero sempre auspicata per cercare un senso. Che poi è la stessa riflessione che Rodrigues sta portando avanti nel lavoro con gli allievi dell’École des maîtres di quest’anno (la cui dimostrazione aperta dopo l’esordio a Udine è arrivata anche qui a Short Theatre) che ha il titolo evocativo di Pericolo Felice: laddove mi sembra che si vogliano rintracciare la mobilità del senso tra differenze linguistiche che sono allo stesso tempo motore di creatività e oggetto di riflessione per un nuovo teatro europeo.
Tutto questo lavoro, così stratificato, è un vortice che costringe a non essere indolenti, che poi è pericolo mortale da sempre, per il teatro.
Doriana Legge
Short Theatre, Roma – Settembre 2018
ANTÓNIO E CLEÓPATRA
testo Tiago Rodrigues, con citazioni da António e Cleópatra di William Shakespeare
regia Tiago Rodrigues
con Sofia Dias e Vítor Roriz
scenografia Ângela Rocha
costumi Ângela Rocha, Magda Bizarro
disegno di luz Nuno Meira
estratti musicali dalla colonna sonora del film Cleópatra (1963) de Alex North
collaborazione artistica Maria João Serrão, Thomas Walgrave
allestimento del palco Decor Galamba
traduzione inglese Joana Frazão
produzione esecutiva Rita Forjaz
produzione esecutiva nella creazione originale Magda Bizarro, Rita Mendes
produzione TNDM II dalla creazione originale della compagnia Mundo Perfeito
coproduzione Centro Cultural de Belém, Centro Cultural Vila Flor, Temps d’Images
residenza artistica Teatro do Campo Alegre, TNSJ, Alkantara