Riceviamo e pubblichiamo due comunicati con cui Cresco e alcune compagnie pugliesi riflettono criticamente sullo stato dei finanziamenti pubblici, ministeriali, al teatro
UN PAESE CHE (NON) VUOLE CAMBIARE?
C.Re.S.Co. riflette sulla fotografia del Paese dopo le valutazioni Qualitative della Commissione Prosa
Lettera aperta al Ministro Alberto Bonisoli
Gentile Ministro,
Nell’analizzare il nuovo assetto disegnato dalle valutazioni qualitative della Commissione Prosa – relativamente alle istanze presentate a valere sul DM 27/07/17 – C.Re.S.Co – Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea, parte da un dato concreto, relativo alle imprese di produzione di Teatro di Innovazione – Sperimentazione (art. 13 comma 3): a fronte di 71 istanze presentate risultano ammesse solo 5 imprese non già finanziate nel triennio 2015-2017, ovvero circa il 7% del totale, di cui una sola del Sud.
Alla luce di questo dato esemplificativo e pensando agli obiettivi che il Ministero stesso si era posto relativamente al FUS, C.Re.S.Co. non può che porre l’accento su due priorità non risolte: il riequilibrio territoriale e il ricambio generazionale, collegati ad un intaccamento pressoché impercettibile delle vecchie rendite di posizione.
L’innovazione dei linguaggi e la scena contemporanea sembrano essere l’anello più debole di un sistema che non riesce a fare scelte coraggiose, a cui crediamo che solo un’accurata conoscenza dei territori e delle proposte artistiche che essi generano possa dare nuovo slancio.
Considerando che la finalità delle assegnazioni ministeriali non è tanto quella di finanziare le imprese, quanto quella di restituire ai cittadini italiani servizi culturali per i quali hanno pagato le tasse che sono andate a confluire nel FUS, il riequilibrio territoriale appare una priorità assoluta e ci sembra impossibile immaginare che per un altro triennio ci sia una cospicua fascia di cittadini penalizzata a vantaggio di altri.
C’è una Commissione deputata legittimamente a fare delle scelte, ma è necessario che per farle sia messa nelle condizioni di conoscere i territori periferici, collocati al di fuori delle principali direttrici dello spettacolo dal vivo nazionale. Invece, a fronte della parità di valori artistico culturali delle imprese e della qualità dei servizi offerti ai cittadini, alcune aree periferiche del Paese risultano essere state tenute in minore considerazione.
Affermando che la fotografia che oggi emerge per il triennio 2018-20 è ancora molto parziale e lontana dal restituire la vitalità dell’intero comparto, C.Re.S.Co. continua a dichiararsi favorevole all’autonomia del lavoro delle Commissioni e del peso relativo alla dimensione qualitativa nella valutazione dei soggetti, esprimendo pertanto perplessità rispetto alle recenti dichiarazioni del neonato Movimento per lo spettacolo, poiché le priorità del riequilibrio territoriale e del rinnovamento del sistema teatrale non si risolvono chiedendo l’annullamento del lavoro delle Commissioni, che provocherebbe un blocco insostenibile quanto inutile per l’intero comparto senza affrontare il tema di una visione di sistema, che va ben aldilà dei singoli soggetti finanziati o non ammessi.
Considerato tutto questo, C.Re.S.Co. suggerisce:
-
che si difenda il senso della valutazione qualitativa della Commissione attraverso misure atte a metterla nelle condizioni di conoscere allo stesso modo tutti i territori nazionali, ivi compresa la possibilità di retribuzione che le consenta spostamenti e indagini specifiche.
-
Che a beneficio dei soggetti ammessi e alla luce delle esigenze del riequilibrio territoriale esposte, si ripristino già per il 2018 i 9 milioni di euro che una serie di improvvide decisioni del precedente Parlamento ha sottratto al FUS;
-
Che ci si adoperi alla riapertura per il 2019 di una finestra per il finanziamento di nuovi ingressi;
-
che gli uffici del Ministero siano messi in condizione di fare un attento monitoraggio di tutti i soggetti finanziati.
Siamo certi signor Ministro che molto lavoro insieme vada ancora fatto, e le chiediamo un incontro per presentarle i risultati della nostra analisi e le istanze di un coordinamento che, avendo al suo interno tanto realtà ammesse e non ammesse al FUS, rappresenta uno spaccato significativo dell’intero settore dello spettacolo dal vivo nazionale.
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IL COMUNICATO DI ALCUNE IMPRESE PUGLIESI
IL FUS E L’OCCASIONE MANCATA DEL RIEQUILIBRIO TERRITORIALE
La domanda che s’insinua è: le imprese che operano in contesti periferici sono davvero valutate allo stesso modo di chi opera al Centro Nord?
Bottega degli Apocrifi, Compagnia del sole e Factory compagnia transadriatica sono tre compagnie teatrali pugliesi che operano rispettivamente a Manfredonia (Foggia), Bari e Lecce. Caratterizzate da una vocazione artistica specifica e da modelli gestionali differenti, condividono la riconoscibilità della loro qualità artistica sul territorio nazionale, così come condividono la partecipazione attiva al Coordinamento nazionale C.Re.S.Co. di cui sposano ideali e valori fondanti; condividono, infine, per il secondo triennio consecutivo, l’esclusione dal finanziamento ministeriale che, nonostante due ricorsi, ha già penalizzato le tre imprese negli anni 2015-2017.
E questo accade malgrado l’ulteriore crescita artistica e gestionale maturata dal 2015 a oggi, nonostante l’incremento della tournée nazionali e internazionali, malgrado i riconoscimenti ricevuti, malgrado la volontà – tradotta in capacità – di offrire servizi culturali permanenti alle comunità di riferimento.
Com’è possibile? A fronte di una prima analisi delle valutazioni qualitative della Commissione Prosa relativamente alle istanze presentate a valere sul DM 27/07/17, è evidente un generale e sempre più marcato ingessamento del sistema, così come l’assenza di ricambio generazionale e di riequilibrio territoriale, per certo auspicato anche in pubblica sede dallo stesso Direttore generale allo spettacolo dal vivo, dott. Onofrio Cutaia.
L’innovazione dei linguaggi e la scena contemporanea restano tuttavia l’anello più debole di un sistema che non riesce a scrollarsi di dosso rendite di posizione, dimostrando una poco incisiva conoscenza dei territori periferici, collocati al di fuori delle principali direttrici dello spettacolo dal vivo nazionale.
La Puglia ha prodotto 12 istanze a valere sull’art. 13 (comma1 e comma 2), dato dal quale emerge l’oggettiva difficoltà di strutturarsi e di raggiungere i requisiti minimi di accesso al FUS, che hanno visto 3 riconferme di imprese già sostenute nel triennio precedente, 2 nuovi ingressi (meno del 20% delle istanze presentate) e ben 7 soggetti respinti (circa il 60% delle istanze avanzate). E ad oggi l’intera provincia di Foggia, la seconda provincia più grande d’Italia, continua ad essere completamente esclusa dal FUS.
Leggiamo in questo dato – dettato dalla difficoltà di strutturarsi e di raggiungere i requisiti minimi di accesso al FUS – il segnale di una difficoltà oggettiva del fare impresa (culturale) nei territori collocati a sud. E crediamo che questo non rappresenti il fallimento di un’area geografica e nemmeno di una Regione: crediamo sia piuttosto una criticità su cui lo Stato dovrebbe interrogarsi.
Nello scorso triennio Bottega degli Apocrifi, Compagnia del Sole e Factory compagnia transadriatica hanno lavorato per mantenere (spesso superandoli) i parametri minimi di accesso al FUS non solo in termini di giornate recitative ma soprattutto di giornate lavorative, garantendo un’occupazione costante a giovani, donne, operatori distinti da un percorso di qualificazione professionale in costante crescita.
Lo scorso venerdì 20 luglio una rappresentanza delle tre compagnie ha incontrato l’on. Alessandra Carbonaro, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera, e l’on. Michele Nitti, componente della stessa VII Commissione, i quali hanno preso atto delle controdeduzioni delle istanti, rispetto alle criticità emerse nelle fasi istruttorie di valutazione delle domande di accesso ai contributi ministeriali in favore delle imprese dello spettacolo: le commissioni consultive, relative al FUS per il triennio 2018-2020, nominate dal governo uscente, azzerano di fatto imprese di riconosciuto valore, determinando un danno occupazionale per artisti e tecnici.
Le compagnie hanno informato i parlamentari di aver richiesto il riesame delle proprie istanze, dopo aver esperito l’accesso agli atti, in base al Decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, e formalizzato le proprie controdeduzioni che trovano fondamento nel fraintendimento o nelle contrastanti interpretazioni di alcuni criteri di valutazione, e nella disparità del metro di giudizio, che testimonia uno squilibrio valutativo a favore delle regioni del Centro Nord a parità di valore artistico e culturale.
Paventata l’ipotesi di un complessivo ingessamento del sistema in costanza di attività al 2020, le compagnie hanno chiesto ai parlamentari che venga consentita, se non altro e in alternativa, la riapertura di tutte le domande al secondo anno del triennio, attraverso un potenziamento della disponibilità del FUS.
L’auspicio, dunque è che, così come il Ministro ha disposto l’intervento economico suppletivo al FUS 2018, dimostrando attenzione al settore, la stessa attenzione venga ora riservata al riequilibrio territoriale effettivo e al riesame di quei soggetti non ammessi che pure denotano qualità artistica elevata.
I due parlamentari si sono impegnati a porre la questione dinanzi al neoministro per i Beni e le Attività Culturali, Alberto Bonisoli, in modo che sia garantito a tutti il diritto alla programmazione e che la scena italiana continui a far parte attivamente di un patrimonio artistico che rappresenta il nostro Paese, indistintamente in tutte le sue declinazioni regionali e territoriali.
UN PAESE CHE (NON) VUOLE CAMBIARE?
C.Re.S.Co. riflette sulla fotografia del Paese dopo le valutazioni Qualitative della Commissione Prosa
Lettera aperta al Ministro Alberto Bonisoli
Gentile Ministro,
Nell’analizzare il nuovo assetto disegnato dalle valutazioni qualitative della Commissione Prosa – relativamente alle istanze presentate a valere sul DM 27/07/17 – C.Re.S.Co – Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea, parte da un dato concreto, relativo alle imprese di produzione di Teatro di Innovazione – Sperimentazione (art. 13 comma 3): a fronte di 71 istanze presentate risultano ammesse solo 5 imprese non già finanziate nel triennio 2015-2017, ovvero circa il 7% del totale, di cui una sola del Sud.
Alla luce di questo dato esemplificativo e pensando agli obiettivi che il Ministero stesso si era posto relativamente al FUS, C.Re.S.Co. non può che porre l’accento su due priorità non risolte: il riequilibrio territoriale e il ricambio generazionale, collegati ad un intaccamento pressoché impercettibile delle vecchie rendite di posizione.
L’innovazione dei linguaggi e la scena contemporanea sembrano essere l’anello più debole di un sistema che non riesce a fare scelte coraggiose, a cui crediamo che solo un’accurata conoscenza dei territori e delle proposte artistiche che essi generano possa dare nuovo slancio.
Considerando che la finalità delle assegnazioni ministeriali non è tanto quella di finanziare le imprese, quanto quella di restituire ai cittadini italiani servizi culturali per i quali hanno pagato le tasse che sono andate a confluire nel FUS, il riequilibrio territoriale appare una priorità assoluta e ci sembra impossibile immaginare che per un altro triennio ci sia una cospicua fascia di cittadini penalizzata a vantaggio di altri.
C’è una Commissione deputata legittimamente a fare delle scelte, ma è necessario che per farle sia messa nelle condizioni di conoscere i territori periferici, collocati al di fuori delle principali direttrici dello spettacolo dal vivo nazionale. Invece, a fronte della parità di valori artistico culturali delle imprese e della qualità dei servizi offerti ai cittadini, alcune aree periferiche del Paese risultano essere state tenute in minore considerazione.
Affermando che la fotografia che oggi emerge per il triennio 2018-20 è ancora molto parziale e lontana dal restituire la vitalità dell’intero comparto, C.Re.S.Co. continua a dichiararsi favorevole all’autonomia del lavoro delle Commissioni e del peso relativo alla dimensione qualitativa nella valutazione dei soggetti, esprimendo pertanto perplessità rispetto alle recenti dichiarazioni del neonato Movimento per lo spettacolo, poiché le priorità del riequilibrio territoriale e del rinnovamento del sistema teatrale non si risolvono chiedendo l’annullamento del lavoro delle Commissioni, che provocherebbe un blocco insostenibile quanto inutile per l’intero comparto senza affrontare il tema di una visione di sistema, che va ben aldilà dei singoli soggetti finanziati o non ammessi.
Considerato tutto questo, C.Re.S.Co. suggerisce:
-
che si difenda il senso della valutazione qualitativa della Commissione attraverso misure atte a metterla nelle condizioni di conoscere allo stesso modo tutti i territori nazionali, ivi compresa la possibilità di retribuzione che le consenta spostamenti e indagini specifiche.
-
Che a beneficio dei soggetti ammessi e alla luce delle esigenze del riequilibrio territoriale esposte, si ripristino già per il 2018 i 9 milioni di euro che una serie di improvvide decisioni del precedente Parlamento ha sottratto al FUS;
-
Che ci si adoperi alla riapertura per il 2019 di una finestra per il finanziamento di nuovi ingressi;
-
che gli uffici del Ministero siano messi in condizione di fare un attento monitoraggio di tutti i soggetti finanziati.
Siamo certi signor Ministro che molto lavoro insieme vada ancora fatto, e le chiediamo un incontro per presentarle i risultati della nostra analisi e le istanze di un coordinamento che, avendo al suo interno tanto realtà ammesse e non ammesse al FUS, rappresenta uno spaccato significativo dell’intero settore dello spettacolo dal vivo nazionale.
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IL COMUNICATO DI ALCUNE IMPRESE PUGLIESI
IL FUS E L’OCCASIONE MANCATA DEL RIEQUILIBRIO TERRITORIALE
La domanda che s’insinua è: le imprese che operano in contesti periferici sono davvero valutate allo stesso modo di chi opera al Centro Nord?
Bottega degli Apocrifi, Compagnia del sole e Factory compagnia transadriatica sono tre compagnie teatrali pugliesi che operano rispettivamente a Manfredonia (Foggia), Bari e Lecce. Caratterizzate da una vocazione artistica specifica e da modelli gestionali differenti, condividono la riconoscibilità della loro qualità artistica sul territorio nazionale, così come condividono la partecipazione attiva al Coordinamento nazionale C.Re.S.Co. di cui sposano ideali e valori fondanti; condividono, infine, per il secondo triennio consecutivo, l’esclusione dal finanziamento ministeriale che, nonostante due ricorsi, ha già penalizzato le tre imprese negli anni 2015-2017.
E questo accade malgrado l’ulteriore crescita artistica e gestionale maturata dal 2015 a oggi, nonostante l’incremento della tournée nazionali e internazionali, malgrado i riconoscimenti ricevuti, malgrado la volontà – tradotta in capacità – di offrire servizi culturali permanenti alle comunità di riferimento.
Com’è possibile? A fronte di una prima analisi delle valutazioni qualitative della Commissione Prosa relativamente alle istanze presentate a valere sul DM 27/07/17, è evidente un generale e sempre più marcato ingessamento del sistema, così come l’assenza di ricambio generazionale e di riequilibrio territoriale, per certo auspicato anche in pubblica sede dallo stesso Direttore generale allo spettacolo dal vivo, dott. Onofrio Cutaia.
L’innovazione dei linguaggi e la scena contemporanea restano tuttavia l’anello più debole di un sistema che non riesce a scrollarsi di dosso rendite di posizione, dimostrando una poco incisiva conoscenza dei territori periferici, collocati al di fuori delle principali direttrici dello spettacolo dal vivo nazionale.
La Puglia ha prodotto 12 istanze a valere sull’art. 13 (comma1 e comma 2), dato dal quale emerge l’oggettiva difficoltà di strutturarsi e di raggiungere i requisiti minimi di accesso al FUS, che hanno visto 3 riconferme di imprese già sostenute nel triennio precedente, 2 nuovi ingressi (meno del 20% delle istanze presentate) e ben 7 soggetti respinti (circa il 60% delle istanze avanzate). E ad oggi l’intera provincia di Foggia, la seconda provincia più grande d’Italia, continua ad essere completamente esclusa dal FUS.
Leggiamo in questo dato – dettato dalla difficoltà di strutturarsi e di raggiungere i requisiti minimi di accesso al FUS – il segnale di una difficoltà oggettiva del fare impresa (culturale) nei territori collocati a sud. E crediamo che questo non rappresenti il fallimento di un’area geografica e nemmeno di una Regione: crediamo sia piuttosto una criticità su cui lo Stato dovrebbe interrogarsi.
Nello scorso triennio Bottega degli Apocrifi, Compagnia del Sole e Factory compagnia transadriatica hanno lavorato per mantenere (spesso superandoli) i parametri minimi di accesso al FUS non solo in termini di giornate recitative ma soprattutto di giornate lavorative, garantendo un’occupazione costante a giovani, donne, operatori distinti da un percorso di qualificazione professionale in costante crescita.
Lo scorso venerdì 20 luglio una rappresentanza delle tre compagnie ha incontrato l’on. Alessandra Carbonaro, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera, e l’on. Michele Nitti, componente della stessa VII Commissione, i quali hanno preso atto delle controdeduzioni delle istanti, rispetto alle criticità emerse nelle fasi istruttorie di valutazione delle domande di accesso ai contributi ministeriali in favore delle imprese dello spettacolo: le commissioni consultive, relative al FUS per il triennio 2018-2020, nominate dal governo uscente, azzerano di fatto imprese di riconosciuto valore, determinando un danno occupazionale per artisti e tecnici.
Le compagnie hanno informato i parlamentari di aver richiesto il riesame delle proprie istanze, dopo aver esperito l’accesso agli atti, in base al Decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, e formalizzato le proprie controdeduzioni che trovano fondamento nel fraintendimento o nelle contrastanti interpretazioni di alcuni criteri di valutazione, e nella disparità del metro di giudizio, che testimonia uno squilibrio valutativo a favore delle regioni del Centro Nord a parità di valore artistico e culturale.
Paventata l’ipotesi di un complessivo ingessamento del sistema in costanza di attività al 2020, le compagnie hanno chiesto ai parlamentari che venga consentita, se non altro e in alternativa, la riapertura di tutte le domande al secondo anno del triennio, attraverso un potenziamento della disponibilità del FUS.
L’auspicio, dunque è che, così come il Ministro ha disposto l’intervento economico suppletivo al FUS 2018, dimostrando attenzione al settore, la stessa attenzione venga ora riservata al riequilibrio territoriale effettivo e al riesame di quei soggetti non ammessi che pure denotano qualità artistica elevata.
I due parlamentari si sono impegnati a porre la questione dinanzi al neoministro per i Beni e le Attività Culturali, Alberto Bonisoli, in modo che sia garantito a tutti il diritto alla programmazione e che la scena italiana continui a far parte attivamente di un patrimonio artistico che rappresenta il nostro Paese, indistintamente in tutte le sue declinazioni regionali e territoriali.