Da Bolzano Danza 2018, qualche nota su Alessandro Sciarroni, mk, Boris Charmatz e Diego Tortelli (Anticorpi XL).
In un’intervista anni Cinquanta, l’imprescindibile Marcel Duchamp spiega perché nel 1923 decise di chiudere la parentesi dei suoi ben noti Ready Made (il primo La ruota di bicicletta, 1913, il secondo Fontana, l’orinatoio, 1917, eccetera sino al Grande vetro, utilizzato da Merce Cunningham). Tutto il mondo con i suoi oggetti sarebbe infatti diventato un possibile dispensatore di Ready Made. Che noia! Così il dadaista francese, scomparso nel 1968, si dedicò, da professionista, al gioco degli scacchi, altra “operazione estetica” prediletta, in questo caso, per la sua dichiarata assenza «di destinazione sociale».
In un mondo performativo che non fosse (ancora!) così abbarbicato a categorie insormontabili (danza, teatro, arte visiva ecc.) e possiamo aggiungere a larga e ormai pietistica “destinazione sociale”, forse l’importanza di Duchamp oggi risulterebbe di nuovo capitale. Di sicuro lo è per Alessandro Sciarroni, le cui “operazioni coreografiche” da Folk in poi sono quasi tutte forme variate di Ready Made, ovvero “estratti”, più o meno abilmente decontestualizzati, dai preesistenti mondi del folklore, dello sport, del gioco come il goalball, per non vedenti e ipovedenti (in Aurora), e ora pare ancora dal circo, con il futuro Augusto (pièce dedicata al clown bianco che non ride mai). Ebbene, a Bolzano Danza 2018 abbiamo assistito a Don’t be Frightened of Turning the Page, una pièce di cui lo stesso Sciarroni è interprete rotante per poco più di mezz’ora (versione breve della stessa performance di cui, nel 2017, ha scritto Sergio Lo Gatto da Drodesera – Supercontinent). Già nella Biennale Danza 2015, firmata da Virgilio Sieni, ovvero nei venti minuti di Thank You for Your Love, Sciarroni aveva “rubato” la danza dei Sufi, per destinarla a cinque, graziose, danzatrici rotanti sulla musica del Lago dei cigni, rielaborata però all’incontrario!
Meno interessante, se non all’inizio per le sue semplici gocce sonore, la partitura di Don’t be Frightened of Turning the Page, ma così speciale e incantevole il contesto della Felsenkeller di Vadena, a pochi chilometri da Bolzano, da rendere suggestivo il nuovo/vecchio roteare di Sciarroni. In semplice canottiera, pantaloncini al ginocchio, e calze firmate Prada, il performer/inventore dapprima cammina seguendo l’onda rotatoria che ingabbia anche gli spettatori seduti in cerchio, poi, al centro, gira alzando le braccia, non sempre insieme e non sempre alla stessa altezza, portandosi le mani al volto, infilando qua e là un efficace sorriso, per fortuna tutt’altro che rassicurante. La cantina per la conservazione dei vini di Vadena è uno dei luoghi riutilizzati da Bolzano Danza 2018 per le sue performance outdoor, quest’anno scelte da Michele Di Stefano; ed è luogo magico, con la sua roccia scura e umida, le luci cinerine che si alzano di rado.
Anche Veduta>Bolzano di mk appartiene al pacchetto del «guest curator». La performance in loop si è svolta all’interno della Cassa di Risparmio nella centrale Piazza Walther. Dopo aver assistito a una sempre più concitata danza di Biagio Caravano lungo uno dei corridoi della Banca, si passa ad osservare lo stesso danzatore mentre corre giù nella piazza. Un parlato in cuffia ci assicura che lui prenderà la funicolare e poi ritornerà, mentre nel frattempo una danzatrice in piazza (Laura Scarpini) attira l’attenzione non solo di chi sta a guardare dalla prescelta finestra della Banca, ma anche dei passanti. Il parlato in cuffia continua a mentire: ci dice che quel che vediamo è “a” e “di” Marrakech. Possiamo sognare, se non fosse per la dinoccolata Roberta Mosca alle nostre spalle: capace di rituffarci con il suo movimento in un qui e ora che le fantasiose bugie avevano depistato. Giochi nel tempo e sul tempo, nel luogo e sul non-luogo sopra una musica che non si ricorda quanto quella di 10000 Gestes di Boris Charmatz.
Il danzatore e coreografo francese ha infatti preso in blocco il Requiem di Mozart e su questa non secondaria partitura ha creato una pièce dall’esito incerto. Tutto comincia su palco vuoto del Teatro Comunale di Bolzano, con sottili neon che scendono a picco da una parte all’altra della scena. Una danzatrice in gonfio abito rosso si muove morbida e quasi birichina percorrendo in libertà tutto lo spazio. Non notiamo i gesti che fa perché i suoi movimenti non sono gesti. Quando invece gli altri sedici danzatori della pièce si accalcano di botto in proscenio e poi si disperdono per dar vita a una congerie motoria varia come lo sono i loro indescrivibili costumi dai mille colori e dalle mille forme, inclusi indumenti ridotti a slip; allora sì i gesti di mani, braccia, facciali, e altri, ci assalgono come una distorta sinfonia. La “musica” coreografica è infatti talmente affastellata da rendere impossibile seguirne la traiettoria. Eppure ogni danzatore percorre un proprio tragitto “gestuale”, anche con balzi felini e capricci erotici di coppia o solitari. Si formano pure immobili gruppi e gruppetti.
Solo teoricamente il Requiem di Mozart è pertinente al lapalissiano morire del gesto una volta eseguito; purtroppo in questo “cimitero gestuale” si giunge anche a invadere la platea del ricolmo Teatro bolzanino, infilandosi tra le poltrone, sollevando uomini e donne, secondo una pratica che aggiunge solo la retorica del contatto con gli spettatori all’esposizione caoticamente formale dei vivaci ed energici danzatori nell’intero spettacolo. Abbiamo ammirato Charmatz all’inizio della sua carriera e come partner danzante di Anne Teresa De Keersmaeker in quel capolavoro che è Partita 2 (2013), dal sottotitolo Sei solo, forse maliziosamente espunto da Bach, dalla sua stessa denominazione Sei solo a Violino senza basso accompagnato per le tre Sonate e tre Partite del 1720. Ora il danzatore/ coreografo ci lascia ben poco convinti che i suoi “mille gesti”, nel Musée de la Danse di Rennes – residenza nazionale della sua Compagnia – come altrove, possano avere un gran futuro. L’originalità dell’operazione estetica resta confinata nelle promesse del bel titolo.
Infine i quindici minuti di Diego Tortelli nella sezione Anticorpi XL, definita con ottimismo “Nuovi autori”. Il titolo Pasiphae rimanda al mito della sciagurata madre del Minotauro, ma a questa allusione si giunge solo alla fine di un composto terzetto – due danzatrici in calzamaglia bianca, un danzatore dal camicione grigio – attivo sulla musica di Francesco Sacco. L’energia maschile (Giuseppe Morello) e la grazia femminile (Vanessa Loi, Anita Lorusso) si sposano e si respingono in un movimento postmoderno: punte tese, camminamenti, braccia arrotondate, qualche cenno di Contact Dance nei viluppi – non privo di eleganza. È questa, forse, la miglior prova di Tortelli almeno sino ad ora (la brevità aiuta sempre), e sino a che non si giunge all’incoronazione in ginocchio del danzatore Toro o dio. Lo svelamento finale e narrativo sminuisce almeno un po’ il bel mistero dei tre corpi nelle ancillari reverenze muliebri e nel turgore virile, già pronto a scattare in avanti, a perdersi nel proprio egotismo ancor prima di ricevere il privilegio regale.
Marinella Guatterini
DON’T BE FRIGHTENED OF TURNING THE PAGE
Invenzione, performance Alessandro Sciarroni
Drammaturgia Alessandro Sciarroni, Su-Feh Lee
Musica originale Paolo Perisa
10000 GESTES
Coreografia Boris Charmatz
Interpreti Djino Alolo Sabin, Or Avishay, Régis Badel, Jessica Batut, Nadia Beugré, Alina Bilokon, Matthieu Burner, Dimitri Chamblas, Olga Dukhovnaya, Sidonie Duret, Bryana Fritz, Kerem Gelebek, Alexis Hedouin, Rémy Héritier, Mani Mungai, Solène Wachter, Frank Willens
Regia Fabrice Le Fur
Musica Wolfgang Amadeus Mozart
PASIPHAE
Bolzano Danza 2018 – Anticorpi XL
Coreografia Diego Tortelli
Drammaturgia musicale Francesco Sacco
Danzatori Vanessa Loi, Anita Lorusso, Giuseppe Morello