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Young Richard, stand up Hamlet. Giovani e riscritture shakespeariane

Una riflessione a partire da due scritture che prendono le mosse da Amleto e Riccardo III. Era meglio se facevo l’attore e Il giovane Riccardo, due spettacoli del circuito del teatro off romano visti a Inventaria e Dominio Pubblico. Recensioni

Foto Luana Iorillo

Shakespeare è un pianeta accogliente, perennemente in attesa di essere abitato da drammaturghi, registi e attori che abbiano il coraggio di farlo proprio. Le messinscene shakespeariane affollano teatri di tutte le grandezze e tipologie, compreso il circuito del musical che negli ultimi anni ha visto il successo di un adattamento della tragedia di Verona, Romeo e Giulietta – Ama e cambia il mondo.
Spesso il Bardo è anche un punto di partenza per giovani artisti e piccoli teatri. Carmelo Bene aveva 24 anni quando portò in scena il suo primo Amleto; Shakespeare insomma è da sempre un campo di battaglia teatrale e filosofica.

Foto Luana Iorillo

Di recente a Roma, nell’arcipelago del teatro off, sono passate almeno un paio di adattamenti che meritano qualche riflessione; il primo è un Amleto sintetizzato e riscritto sulla presenza scenica di Andrea Onori e visto a Inventaria, il secondo una sorta di spin-off del Riccardo III messo in scena dalla compagnia Les Moustaches a Dominio Pubblico. In entrambi i casi i lavori in questione erano già passati sotto gli archi del Teatro Studio Uno.

Andrea Onori è un autore e interprete trentacinquenne che può contare su una interessante presenza scenica e una scrittura brillante, il suo Era meglio se facevo l’attore incrocia il mito shakespeariano con le quotidiane disavventure del mestiere, amplificando dunque una tematica già molto evidente nella tragedia del Principe di Danimarca: Amleto d’altronde è il prototipo dell’attore, lo dimostra quando recita la sua follia, quando in lui si riconoscono qualità da capocomico nelle celebri battute dedicate alla compagnia di commedianti intenta a mettere in scena la morte del re.
Onori si presenta di fronte al pubblico portando con sé un personaggio che funge da cornice, una sorta di entertainer di origine spagnola attraverso il quale viene introdotta la vicenda e creata una relazione immediata con la platea chiamando anche alcuni spettatori sul palco; qui probabilmente ravvisiamo uno dei punti deboli dello spettacolo che non avrebbe necessità proprio di questa cornice confortevole, responsabile di un ulteriore livello di rappresentazione a una drammaturgia già complessa e stratificata. Onori compone uno spettacolo frantumato nella drammaturgia e nella messinscena, con vuoti e attese, ma con una grande capacità di coinvolgimento e un gusto per la sorpresa e il ribaltamento. C’è l’attore che dopo una lunga gavetta viene finalmente chiamato a lavorare nel ruolo di guardia, c’è Amleto che parla al telefono con il padre, il quale non si presenta in qualità di spettro ritardando lo spettacolo, c’è Orazio rappresentato con una scritta su uno di quei diffusori portatili tanto cari agli artisti di strada, c’è l’attore serio che ricerca nel lirismo drammaturgico l’affondo fatto di anima e corpo nel marcio danese. E poi c’è un’ironia guizzante, intelligente che fortunatamente non è solo parodia.

Foto Michele Greco

Anche quella di Alberto Fumagalli (anche regista e interprete nel ruolo principale) è una riscrittura, ne Il giovane Riccardo il gruppo Les Moustaches (età media under 25) prende a prestito uno dei drammi storici, il Riccardo III per l’appunto. In una scena che è un antro nero, si muovono personaggi altrettanto scuri, nei costumi barocchi con accenni steampunk di Giulio Morini.
La drammaturgia è una sorta di spin-off del celebre dramma di Shakespeare, articolata soprattutto su due direttrici: l’età del protagonista e l’ambientazione. Riccardo è un diciassettenne alle prese con i primi amori e il bullismo attuato dai compagni incapaci di digerire le sue deformità e la sua cultura. Ma è anche un futuro Re che sta per ereditare corona e azienda di famiglia.

E proprio in questo schema emerge il problema più evidente del lavoro: la complessità drammaturgica originaria lascia il posto a una trama da teen movie fin troppo leggibile per lo spettatore, al quale bastano pochi minuti per svelare i meccanismi. Si comprende sin da subito che il male rappresentato dalla figura di Riccardo, totalizzante e lo stesso tempo umano per Shakespeare, qui lascia il posto a un conato vendicativo in grado di ribaltare il segno positivo del giovane innamorato nell’assassinio di Hastings (Antonio Muro) e del compagno di scuola Edward (Loris Farina). La violenza, strumentale al raggiungimento del potere, la cui direttrice è la conquista della corona, è anche spinta vendicativa. Rimane però una sensazione di incompiutezza perché, viste le premesse, allora la drammaturgia avrebbe potuto focalizzarsi ancora più smaccatamente nella tematica adolescenziale abbandonando del tutto i riferimenti elisabettiani. Nella passività dello schema drammaturgico il violento finale sorprende e tenta un salvataggio corrosivo mettendo ancora di più in luce la buona performance di Alice Bertini nel ruolo della madre di Riccardo. Da menzionare anche il lavoro di Fumagalli proprio nel ruolo del protagonista, che unisce alla classica postura fisica del gobbo un discreto lavoro sulla maschera facciale e fonetica.

Foto Michele Greco

Il giovane Riccardo si dilunga in didascalici “a parte”, si muove tra figurine nere che potrebbero sembrare i personaggi di una scacchiera, si intravede una ricerca stilistica che però precipita nella rappresentazione senza avere la forza di divenire illusione barocca.

Per riscrivere Shakespeare ci vuole coraggio? Potrebbe non bastare se mancassero sfrontatezza e maestria. Il critico Harold Bloom, tra i massimi conoscitori di Shakespeare, definiva il drammaturgo come “l’inventore dell’umano”, tanto che nel Canone Occidentale, ponendo Shakespeare al centro della nostra cultura letteraria, afferma: «[…] chiunque siate e ovunque vi troviate, Shakespeare è sempre più avanti, sul piano tanto concettuale quanto immaginario. Vi rende anacronistici perché vi contiene; contenerlo è impossibile».

Ma allora qual è il senso di una riscrittura se non quello di misurare la potenza del mito di fronte al linguaggio? Allora sì, per riscrivere Shakespeare ci vuole il coraggio di sondare gli orizzonti linguistici fino a cogliere la più lontana eco in cui la parola di Amleto reinventa l’essere umano.

Andrea Pocosgnich

Teatro Studio Uno / Teatro India (Dominio Pubblico) – Roma, maggio 2018

Era meglio se facevo l’attore
drammaturgia e regia Andrea Onori
con Andrea Onori
consulenza artistica Mariagrazia Torbidoni

Il giovane Riccardo
di Compagnia Les Moustaches
scritto e diretto da Alberto Fumagalli
con Alice Bertini, Ludovica d’Auria, Antonio Muro, Loris Farina
costumi e scena Giulio Morini
coregia e luci Tommaso Ferrero

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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