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In-box, come funziona il Festival che fa emergere il teatro?

Il progetto In-Box compirà dieci anni l’anno prossimo, ideato da Straligut Teatro all’interno della rassegna TeatrInScatola, è divenuto prima una rete regionale poi nazionale e oggi è un contenitore all’interno del quale si selezionano e promuovono alcune delle esperienze produttive più interessanti della scena emergente italiana.

Foto di Costanza Maremmi

Racchiude il lavoro di un anno per un Festival a Siena (che costituisce la fase finale di selezione) distribuito in quattro giornate da dividere per due; le prime dedicate al teatro per le nuove generazioni – in palio a In-Box Verde 2018 34 repliche offerte da 27 partner per 6 spettacoli finalisti – e le seconde al teatro per adulti di prosa e danza nazionale, il 2018 ha messo in palio 52 repliche per 6 spettacoli selezionati.
Quest’anno a In-Box Dal Vivo sono passate per le rete nazionale 350 proposte in mano a una giuria composta da un esponente di ciascun partner. È opportuno fare una doverosa premessa: non tutti i giurati vedono tutto.
Nella prima fase, la giuria viene suddivisa in dieci gruppi di circa sei giurati e a ogni gruppo viene assegnata una selezione random di 30 – 35 spettacoli. Lavorano in maniera più collegiale possibile, per individuare le proposte più interessanti da portare al secondo turno.
Esistono tutta una serie di strumenti e meccanismi venuti a crearsi negli anni come quello di alcuni “consigli” che ciascun giurato può dare nel corso dell’anno, proposte di qualità ma anche di ripescaggio dal monte di spettacoli scartati. La ratio è che potrebbero esserci, tra i gruppi creati casualmente e assegnati ai giurati, spettacoli di qualità molto bassa o molto alta in concentrazione superiore rispetto agli altri, deve dunque crearsi la possibilità di andare a riselezionare spettacoli in altri gruppi, meccanismo questo, che forse evita di perdere per la strada i lavori più interessanti.

Foto di Costanza Maremmi

La seconda fase di selezione conta trenta spettacoli, è il momento in cui tutti i semifinalisti vengono visionati da ogni giurato. L’incontro porterà a individuare le sei compagnie che verranno invitate a Siena con la possibilità di mettere in scena lo spettacolo integrale. La replica di Siena è pagata con un cachet imposto dalle condizioni di Inbox: 3 le fasce di prezzo (€ 1.000, € 1.200, € 1.400), tarate sulle diverse esigenze delle compagnie e sul numero di artisti e tecnici coinvolti nelle repliche.
Ogni scheda tecnica è garantita ma soprattutto, fin da subito, si costruisce un’occasione: i finalisti vanno in scena di fronte a una platea composta da operatori anche estranei alla giuria, da critici e da un pubblico neutrale che può variare numericamente tra le repliche pomeridiane e serali ma che conta sempre una compagine abbastanza nutrita di non addetti ai lavori, rappresentata in primo luogo da “millennials”, componenti universitari di una giuria popolare guidata da Gherardo Vitali Rosati.

Foto di Costanza Maremmi

I due giorni senesi non sono certo la passerella dei vincitori ma rappresentano in tutto e per tutto l’ultima fase di selezione, quella più delicata, dove l’attenzione alla ricerca drammaturgica, la costruzione del palco scenico, il pensiero che sottende alla messa in scena si conoscono “dal vivo” appunto, privi di ogni espediente derivante dal mezzo video e che può avere più o meno inficiato sul giudizio del giurato. Giurato che, database alla mano, prima e durante la visione dello spettacolo ha a disposizione la scheda tecnica di ogni compagnia, quella artistica, le recensioni e tutto quanto è stato caricato dai concorrenti sul portale Sonar al momento della selezione.
Il criterio di selezionamento “dal vivo” nasce solo nel 2014, ed è automatico che porti con sé il ribaltamento del giudizio o l’eventualità di perdere il proprio ipotetico vincitore per rimpiazzarlo con uno degli altri sei.
Per approfondire il meccanismo sul quale si regge il progetto abbiamo raggiunto telefonicamente Fabrizio Trisciani, uno degli ideatori insieme a Francesco Perrone ed entrambi fondatori della compagnia Straligut Teatro.

Che cos’è considerato da In-Box teatro “emergente”?

Non ne facciamo, né mai ne abbiamo fatto una questione anagrafica. Ci siamo interrogati in questi dieci anni su cosa significhi “emergente” e quale sia la compagnia ideale per Inbox; solo quest’anno potevamo giungere a una soluzione che nient’altro è se non il frutto della sintesi tra ogni edizione. Emergente è quell’artista o quella compagnia che a fronte di una elevata qualità non ha una adeguata visibilità verso pubblico, operatori e critica. Questa dicitura ci permette di poter mantenere e includere quelle proposte di compagnie che per motivi diversi non sono riuscite a emergere in passato, compagnie di assoluto valore e che per fortuna seguendo queste coordinate siamo riusciti a intercettare.
Così accade anche ora, è il caso anche di Giovanni Betto che quarantanovenne arriva a Inbox con pochi anni di attività alle spalle e che però rientra in tutto e per tutto nella definizione di emergente perché magari è confinato in un luogo geografico preciso in cui è riuscito a muoversi ma che altro non è se non un circuito chiuso. Poi, è già complicato emergere da under 35, dunque pensiamo anche agli over, schiacciati tra i giganti del passato e lo spettro d’essere fuori dai vivai artistici.

Foto di Costanza Maremmi

Su Doppiozero, Massimo Marino ha definito lo spettacolo vincitore di quest’anno “ammiccante, che porta lo spettatore in un gioco a scatole cinesi tra realtà e rappresentazione, titillando la corda della comicità, suscitando un’adesione più facile”, avresti mai creduto nel 2009 che un lavoro come quello dei Bahamut avrebbe potuto vincere la IX edizione?

Quando abbiamo iniziato mai avrei immaginato di arrivare a un Inbox così, di avere le attenzioni di tanti operatori e compagnie ma anche la schiera della critica nazionale. Il primo ragionamento è il seguente: bisogna mettere a fuoco l’aspetto della selezione che viene fatta a Siena dai vari giurati, è una scelta non basata solo sulla qualità artistica della proposta ma tiene conto di moltissimi aspetti come la scheda tecnica dello spettacolo, ad esempio; a Siena ogni giurato è libero di scegliere lo spettacolo che ritiene più opportuno da programmare, si parla di vincoli che non rendono possibile o meno lo spettacolo stando ai criteri del singolo operatore.
IT’S APP TO YOU – o del solipsismo non ha vinto le 21 repliche perché è lo spettacolo più ammiccante ma perché è stato ritenuto, in base a tutti i criteri che ti ho accennato, il più soddisfacente. In ogni caso ammesso e non concesso che sia stato programmato perché strizza l’occhio al pubblico, bisogna rimarcare il fatto che tutti gli operatori sono obbligati a riprogrammare e selezionare uno dei sei spettacoli finalisti e in linea di principio all’interno di quei sei non ci sono affatto spettacoli semplici. Infine, contestualizziamo i Bahamut, una compagnia sconosciuta che porta in scena uno spettacolo che certo strapperà una risata nella quale stare comodi, ma che ha proposto una tematica interessante da indagare: è un lavoro che un operatore, senza In-box, non avrebbe preso. In questo si fa promozione verso il teatro emergente.

Viaggiando in questa direzione però, lasciando il progetto alla pura rappresentazione del mercato, si rischia di non individuare più una mediazione tra intrattenimento e ricerca teatrale.

Non è completamente giusto stare col bilancino a fare il conto delle repliche, nel suo complesso In-box ha donato 52 repliche a sei spettacoli, complessivamente quest’anno abbiamo dato visibilità a sei lavori che offrono uno spaccato a dir poco esaustivo di quello che è il teatro emergente italiano. E poi il meccanismo non si esaurisce con le 52 repliche, gli operatori e i partner sono obbligati a vedere e a sapere di una mole vastissima di compagnie e di spettacoli che viceversa non conoscerebbero mai.
Attraverso la sua meccanica e le varie fasi di elaborazione, un numero così alto di repliche dà una grande visibilità agli artisti; diventando semifinalisti e finalisti arrivano a Siena che hanno un pubblico senza precedenti e soprattutto con un indotto creato di repliche estremamente rilevante.
Lo scorso anno per In-Box Verde ho provato a calcolare l’indotto derivato, sono riuscito a contarne almeno 150: la metà quelle ufficiali assegnate durante il concorso e a queste si sono aggiunte le altre come proprio come indotto.
In breve, il giurato si è impegnato per una sua replica quest’anno scegliendo IT’S APP TO YOU – o del solipsismo ma poi ne programmerà anche un altro tra quei sei, uno degli spettacoli semifinalisti che non è stato selezionato ma che ha visto a Siena. E io sono stato in grado di poter contare in maniera precisa tutti i contratti che nascono grazie a questa scintilla.

Foto di Costanza Maremmi.

Quale il correttivo da applicare allora per fugare ogni perplessità?

In-Box non può essere visto analizzando l’esito di ciascun anno, perché quest’ultimo cambia in base a moltissimi fattori, primo fra tutti: gli spettatori che si iscrivono. È curioso vedere come uno spettacolo che è magari alla sua terza partecipazione al concorso (l’esempio è quello del vincitore di In-Box Verde 2018, Et amo forte ancora della compagnia Locanda spettacolo), non era passato neanche alla seconda fase negli anni precedenti. Di anno in anno cambia la composizione dei giurati e questo incide sulle scelte compiute. L’analisi che va fatta su In-Box è un’analisi che deve essere registrata sulla base del dato storico, delle tendenze che esso ha messo in campo.
Guardando la lista degli spettacoli che complessivamente sono stati promossi attraverso il nostro progetto mi sembra chiaro che non ci sia stato nessuno che si è limitato a ricevere una strizzatina d’occhio.
Metti il dito nella piaga, costruendoci negli anni anche noi abbiamo tante domande e legittime, ma sarebbe fondamentale riuscire a raccontare il progetto, è sacrosanto che ci siano perplessità ma se dovessi pensare a un correttivo sarebbe questo: istituire un dialogo e un racconto, per fare luce su questa creatura che è immancabilmente anch’essa il segno del tempo.

Francesca Pierri

Leggi anche: Sempre Domenica. Controcanto racconta i sogni infranti dei nuovi proletari

 

RISULTATI IN-BOX 2018
  • 1 – IT’s App to You. O del solipsismo, Bahamut – 21 repliche
  • 2 – Lo Soffia il Cielo. Un atto d’amore, TrentoSpettacoli – 9 repliche
  • 3 – Nessuna pietà per l’arbitro, Mamimò Teatro Piccolo Orologio – 8 repliche
  • 4 – Neve, Giovanni Betto e PhoebusKartell, Il ServoMuto Teatro – 6 repliche
  • 5 – Desidera, Il Teatro Nel Baule – 2 repliche
RISULTATI IN-BOX VERDE 2018
  • 1 – Et amo forte ancora, Locanda spettacolo – 12 repliche
  • 2 – Mai grande, un papà sopra le righe, Compagnia Arione de Falco – 7 repliche
  • 3 – Valentina vuole, Progetto g.g. – 6 repliche
  • 4 – Vassilissa e la Babaracca, Kuziba teatro – 4 repliche
  • 5 – Parole, parole, parole, Altre tracce – 3 repliche
  • 6 – Posidonia, Teatro di carta – 2 repliche

 

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Francesca Pierri
Francesca Pierri
Laureata in Filologia Classica e Moderna con una tesi magistrale in Letteratura Comparata all'Università degli Studi di Macerata, frequenta il master in Critica Giornalistica con specializzazione in Teatro, Cinema, Televisione e Musica presso l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" a Roma. Ufficio stampa e comunicazione, continua la sua attività redazionale collaborando con la Rai - Radiotelevisione Italiana. Vive a Roma e da gennaio 2017 è redattrice di Teatro e Critica.

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