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“Da quando lei”. Il Tanztheater Wuppertal da Pina Bausch a Dimitris Papaioannou

A cavallo tra la primavera e l’estate del 2018, il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch presenta due nuove creazioni nell’arco di poche settimane. La prima, di cui parliamo nelle nostre pagine, è firmata dal greco Dimitris Papaioannou. Un nuovo inizio per il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch.  

foto di Julian Mommert

Neues Stück I. Seit Sie. Ein Stück von Dimitris Papaioannou [Nuovo pezzo 1. Da quando lei. Un pezzo di Dimitris Papaioannou] è uno spettacolo che interroga l’eredità di Pina Bausch presente nel repertorio della compagnia, nei corpi dei danzatori e negli occhi del pubblico. Nelle stesse settimane, segnaliamo, ha debuttato anche un’altra nuova produzione della compagnia oggi diretta da Adolphe Binder, Neues Stück II. Eine Kreation von Alan Lucien Øyen, che ha debuttato a Wuppertal i primi di giugno per poi continuare la propria tournée a Oslo.

La domanda con cui l’eclettico Dimitris Papaioannou si avvicina alla compagnia del Tanztheater porta il suo segno, riguarda la condivisione e la disponibilità della sua storia – a tratti ambivalente nel suo alternare aperture e chiusure – a donarsi. Da quando lei è un’elegante ricerca di ciò che si può fare “con”, con chi e con quello che c’è, piuttosto che “senza”. La morte è pregata di farsi da parte, dietro di sé le è concesso solo di lasciare un colore, il nero, che domina, interamente e magicamente, lo spettacolo. C’è una sovrapposizione costante, scrive Marinella Guatterini nell’articolo apparso sulle nostre pagine, tra la creazione di Dimitris Papaioannou per il Tanztheater Wuppertal e l’eredità di Pina Bausch. Nella profonda genialità della creazione che ha debuttato lo scorso maggio a Wuppertal per poi partire in tournée verso l’Holland Festival di Amsterdam, trovano posto in egual misura innovazioni, citazioni e omaggi che si fondono in una forma che sa nutrirsi dell’imponente eredità della coreografa senza tuttavia affogarvici dentro. C’è una memoria tridimensionale che viene messa in gioco, il meccanismo dell’empatia e quello della citazione, combinati insieme, innescano un contagio quasi passionale tra passato e presente, un movimento che finalmente sposta la storia del Tanztheater in avanti, lasciandoci la possibilità di apprezzare la matrice originale e la proposta attuale, in un gioco di sensuali trasparenze.

foto di Julian Mommert

Per un attimo, però, la nostra memoria di spettatori deve tornare indietro a un momento chiave del lungo “intermezzo” che dal 2009 al 2018 ha rappresentato il tempo fisiologico di assorbimento del cambiamento portato dalla scomparsa di Bausch. Avevamo assistito, nel 2015, a Neues Stück 2015prima produzione del Tanztheater Wuppertal Pina Bausch orfana di lei. Ricordiamo ancora il peso emotivo di quel mazzo di rose rosse adagiato, da solo, in proscenio, alla fine della première durante gli applausi. Il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch debuttava in una serata triple bill composta da tre lavori molto diversi tra loro firmati rispettivamente da Theo Clinkard, Cecilia Bengolea/François Chaignaud e Tim Etchells. Oggi, a posteriori, queste proposte si comprendono meglio: il desiderio di un rapporto diretto con la tradizione della compagnia risultava chiaro ma incerto, specialmente nella proposta di Etchells; il tentativo di esulare completamente dal passato di Bengolea/Chaignaud appiattiva la specificità del Tanztheater, mentre un’istanza maggiormente votata all’astrazione, quella di Clinkard, non aggiungeva molto al discorso corrente, e un po’ trendy, della danza contemporanea. Mentre rileggiamo quel momento come un passaggio importante e preparatorio che ha contribuito a creare lo spazio necessario alla rinascita creativa di questa compagnia, oggi possiamo dire che giustizia, in un certo senso, è stata fatta. L’eredità Bausch è stata portata a un livello successivo e ulteriore di comprensione: il processo ha qualità alchemiche.

La creazione di Papaioannou sublima l’eredità Bausch attraverso una prospettiva che si potrebbe definire “intertestuale”: la citazione, come scrive Heiner Müller è sì un dialogo con i morti, ma qui la scrittura drammaturgica consente un ritorno del focus creativo sul presente che impartisce ritmi e tempi nuovi alla relazione con il passato. Fautori della messa in opera di queste dinamiche di rinnovamento sono certamente la sapiente e feconda visione creativa dell’artista greco, i danzatori i cui corpi sono vere e proprie miniere di preziose conoscenze incorporate e il pubblico, elemento reagente di questa triangolazione che consente di sovrapporre le diverse dimensioni temporali. Tutt’altro che precario, l’equilibrio raggiunto poggia le proprie basi sul radicamento che il Tanztheater Wuppertal e le coreografie di Pina Bausch hanno avuto, a livello mondiale, soprattutto nei due decenni a cavallo tra gli anni Ottanta e i primi Duemila; la riconoscibilità determina l’ordine dei rapporti tra origine e citazione.

foto di Julian Mommert

Tuttavia, all’interno di questo contesto, diventa importante ma non fondamentale stabilire e padroneggiare la categoria “citazione” per essere travolti dalla bellezza di questo Stück. La messa in prospettiva avviene attraverso una riattivazione del cuore della natura coreografica del Tanztheater Wuppertal che, come oro che viene fuso per forgiare nuovi gioielli, fa sì che il patrimonio coreografico di Pina Bausch si offra al futuro autorizzando contemporaneamente prelievi e tradimenti. La mano di Papaioannou sa muoversi bene, chirurgicamente, tra le pieghe di questa storia, e sembra averne compreso profondamente la natura, la consistenza e il segno. Il suo passaggio sul campo, quella scena forse ancora cinerea per l’assenza della Bausch, non rende dolenti i ricordi e limita il peso dell’assenza mostrandoci gli infiniti modi attraverso cui la sua presenza sarà manifesta, per sempre, nella storia delle arti.

foto di Julian Mommert

Se è possibile definire una continuità coreografica, in Seit Sie, questa è di natura puramente sintattica o “grammaticale”, capace di concedersi al gioco del mero riconoscimento specialmente attraverso alcuni elementi-chiave che hanno popolato l’archivio immaginifico della Bausch: gli abiti eleganti, i giochi e le ironie, i capelli lunghi e le silhouette scultoree dell’eterno femminile, le sedie, l’uso degli elementi naturali in scena (le piante, il cibo, la terra, l’acqua), per citarne solo alcuni.

Negli studi letterari si usa fare riferimento alla citazione come a un elemento prossimo alla traduzione. In questo caso, ancora più calzante è l’immagine di un trapianto d’organi, laddove la chiave di volta è nella capacità di assimilazione e rigetto del nuovo corpus coreografico che fa proprio e infine trasforma, senza mai discreditarla, l’eredità ricevuta. E se esiste un legame tra la citazione e l’eccitazione, possiamo davvero lasciarci travolgere da Seit Sie come da un passaggio, tanto atteso, che dal riposo riporta la compagnia del Tanztheater all’azione, e noi con lei. Torna in mente, infine, l’epitaffio inciso sulla tomba di Pina Bausch: “Mitten wir im Leben sind” [Nel mezzo della vita siamo circondati dalla morte, ndr]ripreso recentemente da Anne Teresa de Keersmaeker come titolo di una sua creazione. Nella notte che stiamo attraversando, ci sembra quasi di intravedere una costellazione.

Gaia Clotilde Chernetich

visto all’Holland Festival di Amsterdam, giugno 2018

Seit Sie. Ein Stück von Dimitris Papaioannou
di Dimitris Papaioannou per il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch
concezione e direzione Dimitris Papaioannou
set design Tina Tzoka
costumi Thanos Papastergiou
light design Fernando Jacon, Stephanos Droussiotis
sound design Thanasis Deligiannis
arrangiamenti musicali Thanasis Deligiannis, Stephanos Droussiotis
consulenza artistica Tina Papanikolaou, Stephanos Droussiotis
danzatori Ruth Amarante, Michael Carter, Silvia Farias Heredia, Ditta Miranda Jasjfi, Scott Jennings, Milan Kampfer, Blanca Noguerol Ramírez, Breanna O’Mara, Franko Schmidt, Azusa Seyama, Ekaterina Shushakova, Julie Anne Stanzak, Oleg Stepanov, Julian Stierle, Michael Strecker, Tsai-Wei Tien, Ophelia Young
direzione artistica Adolphe Binder
direzione delle prove Barbara Kaufmann
scultore Nectarios Dionysatos
collaborazione ai costumi Rike Zöllnerartistic
fotografia Julian Mommert
musiche Christos Constantinou, Richard Wagner, Charles Ives, Johann Sebastian Bach, Aram Khachaturian, Gustav Mahler, Gija Kantscheli, Marika Papagkika, Wayne King, Leo Rapitis, Manos Achalinotopoulos, Sergei Prokofiev, Giuseppe Verdi, Tom Waits
produzione Tanztheater Wuppertal Pina Bausch
coproduzione Théâtre de la Ville / La Villette, Sadler’s Wells, Onassis Cultural Centre-Athens, Holland Festival con il supporto della Kunststiftung NRW

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Gaia Clotilde Chernetich
Gaia Clotilde Chernetich
Gaia Clotilde Chernetich ha ottenuto un dottorato di ricerca europeo presso l’Università di Parma e presso l’Université Côte d’Azur con una tesi sul funzionamento della memoria nella danza contemporanea realizzata grazie alla collaborazione con la Pina Bausch Foundation. Si è laureata in Semiotica delle Arti al corso di laurea in Comunicazione Interculturale e Multimediale dell'Università degli Studi di Pavia prima di proseguire gli studi in Francia. A Parigi ha studiato Teorie e Pratiche del Linguaggio e delle Arti presso l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales e Studi Teatrali presso l'Université Paris3 - La Sorbonne Nouvelle e l'Ecole Normale Supérieure. I suoi studi vertono sulle metodologie della ricerca storica nelle arti, sull’epistemologia e sull'estetica della danza e sulla trasmissione e sul funzionamento della memoria. Oltre a dedicarsi allo studio, lavora come dramaturg di danza e collabora a progetti di formazione e divulgazione delle arti sceniche e della performance con fondazioni, teatri e festival nazionali e internazionali. Dal 2015 fa parte della Springback Academy del network europeo Aerowaves Europe, mentre ha iniziato a collaborare con Teatro e Critica nel 2013.

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