In vista della nuova edizione di Santarcangelo Festival 2018 dal titolo Cuore in gola, abbiamo preso parte all’ultimo appuntamento del progetto Wash Up! curato da cinque adolescenti. Il racconto della serata e una riflessione
Capita spesso di chiederci quale possa essere la visione dei ventenni rispetto alla realtà teatrale che abitiamo quotidianamente: il tessuto di relazioni, il tempo e la ricezione di uno spettacolo, la sua importanza politica e fenomenica, la dimensione dei festival, che ha ben altra durata, fruizione, ed è appunto inclusiva del rituale della festa… I ragazzi e le ragazze attraversano questo mondo – che purtroppo spesso scorre su un binario parallelo rispetto al loro vissuto – forse distrattamente, un po’ in bilico tra gli obblighi burocratici del sistema crediti dell’Alternanza Scuola-Lavoro, le serate o le matinée occasionali a teatro con insegnanti e genitori, e anche, per fortuna, mossi dalla passione. Al di là della conoscenza fattiva di un universo dotato di regole proprie, di protagonisti, di margini di resilienza e difficoltà, l’avvicinarsi al teatro è prima di tutto un gioco serissimo, al cui fascino e in una determinata fase della crescita è difficile restare indifferenti.
In vista della presentazione del cartellone 2018, torniamo indietro alla scorsa estate quando la prima edizione di Santarcangelo Festival diretta da Eva Neklyaeva con la co-curatela artistica di Lisa Gilardino è stata non solo protagonista di un acceso dibattito, ma è riuscita a catalizzare attorno a sé un’attenzione tale da ripercuotersi anche nelle altre rassegne. Gli incontri in una parte o l’altra della geografia festivaliera itinerante tra operatori e artisti sono stati occasione per scambiarsi pareri e opinioni rispetto una nuova direzione che sicuramente, a prescindere dagli schieramenti dei favorevoli o contrari, ha segnato una svolta nell’orizzonte di un’apertura «fluida» di offerta culturale, fruizione e territorialità.
«Non abbiamo lavorato in maniera gerarchica, la mia idea è che il curatore agisca da facilitatore, creando una piattaforma di supporto agli artisti e alle loro opere creando connessioni e offrendo spazio. Questa è la ragione per cui mi piace lavorare nelle performing art, perché il lavoro curatoriale è completo, a differenza delle arti visive»; questo il tono dimostrato dalla direttrice artistica nell’intervista apparsa mesi fa su queste pagine e confermato poi nelle conversazioni avute personalmente in occasione della rassegna invernale dal titolo Wash Up!. Giunto quest’anno alla seconda edizione, il progetto ha visto, a partire dal mese di novembre fino allo scorso aprile, il coinvolgimento da parte della direzione di cinque adolescenti provenienti dalla Non Scuola del Teatro delle Albe come co-curatori artistici della programmazione del Teatro Il Lavatoio di Santarcangelo per una “centrifuga” di appuntamenti tra danza e musica.
Gli eventi programmati sono cresciuti rispetto al primo anno da tre a cinque e rappresentano il frutto del lavoro di cinque ragazzi Simone Silvestri, Enrico Giannini, Sara Succi, Miriam Pichierri e Martina Raggini, tutti di età compresa tra i quindici e i ventiquattro anni. In uno scambio avuto poco prima di prendere parte all’ultimo appuntamento della stagione che vedeva coinvolti il rapper Kento e l’artista performativa Muna Mussie, Eva (Neklyaeva ) e Lisa (Gilardino) hanno ribadito la totale, ma cauta, libertà di affidare a questi ragazzi la gestione di un cartellone di momenti di festa che proponessero l’incontro tra artisti musicali di ultima generazione appartenenti al nuovo fermento nato in seno alla musica rap con artisti provenienti dalle performing arts e gravitanti, appunto, nel mondo teatrale: halfcastle e ?Alos; Game Over Djs e Mara Oscar; Hyst e Strasse; ludovicovan e Chiara Bersani.
I ragazzi coinvolti non solo si sono dimostrati vogliosi e orgogliosi di raccontare durante una chiacchierata informale questa loro azione anticipatrice della rassegna estiva, ma hanno dato prova di aver maturato una consapevolezza specifica del mestiere che dalla pratica laboratoriale e attorale ha abbracciato quella organizzativa e artistica: «Non è stato affatto semplice il passaggio a un approccio diverso, figlio tuttavia di un contagio già avuto dalla passione per la pratica scenica», afferma Martina; «abbiamo dovuto rispondere alla domanda cosa significhi “offerta culturale” e quale sia il confine tra i miei gusti e quelli del pubblico». Il risultato è una serata della durata di circa due ore in cui gli artisti coinvolti presentano un lavoro di sintesi dei rispettivi linguaggi al termine del quale, dopo un breve momento di dibattito/intervista, si finisce col fare festa tutti insieme (operatori, direttori, artisti, amici, compagni di scuola) grazie al dj set e il bar interamente organizzato e gestito dai ragazzi. Gli artisti si conoscono mettendo alla prova il loro grado di interazione, consapevoli dei rischi dovuti anche a inevitabili “attriti” conseguenti a una legittima distanza tra i rispettivi linguaggi alla quale si richiede di essere colmata. Nel caso specifico da noi osservato, il rapper Kento (Francesco “Kento” Carlo, primo rapper a partecipare nel 2016 al Premio Tenco) ha dato prova di saper spiegare con cura la sua poetica militante, la storia del genere al quale ha scelto di appartenere ponendosi in ascolto e in dialogo col segno evasivo e straniante della performer Muna Mussie.
In attesa di partecipare alla prossima edizione del festival dal titolo Cuore in gola articolata sul sentimento della paura che muove dalla e verso la natura dei fenomeni, e dalla terza annualità di Wash Up!, possiamo tracciare due linee convergenti in questa pratica progettuale di coinvolgimento: da un lato che l’idea di “party” precipua di questa nuova direzione sia intesa proprio come «qualcosa di molto specifico qui a Santarcangelo, cioè che il pubblico si mescoli con gli artisti in un’atmosfera di festa» nell’accezione più prossima alla sfera antropologico sociale come momento di ritualità condivisa; dall’altro, che finalmente la visione di un festival discusso nel suo appeal e segno artistico passi attraverso lo sguardo critico di potenziali spettatori e/o lavoratori dello spettacolo dal vivo che non superano i venticinque anni di età.
«Sappiamo di “indorare la pillola” con un’atmosfera di festa, leggera, smaliziata e poco concettuale ma è così che vogliamo parlare ai nostri amici e crediamo che questa possa essere, almeno per il momento poi chissà potremmo anche cambiare idea, la modalità più coerente per avvicinarli a quella che è la nostra passione e che vogliamo diventi il nostro mondo, al quale anche noi possiamo prendere parte».
Lucia Medri
Teatro Il Lavatoio, Santarcangelo di Romagna – aprile 2018