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“Lo chiamiamo festa”. Leonardo Delogu racconta Corale

CORALE 2018/insieme si spostano montagne è un progetto attivo nel comune di Preci che si occupa di “presidiare culturalmente” il territorio per aiutare a ricostruire, attraverso la pratica artistica, una dimensione comunitaria. Nei primi giorni di una lunga residenza estiva, ne abbiamo parlato con Leonardo Delogu, uno degli organizzatori.

Il 24 agosto 2016 la terra ha tremato, mietendo 299 vittime nel centro Italia. Il 26 ottobre una nuova scossa ha generato altri crolli. Il 30 ottobre ci siamo svegliati nel cuore della notte. Nei giorni successivi abbiamo spiato le immagini – facciata intatta, struttura franata – della Basilica di San Benedetto di Norcia, abbiamo seguito mediaticamente le prime tappe dei soccorsi. Poi, come sempre, lo stupore è diventato consapevolezza mentre nelle città distrutte – in un tempo largo, uniforme, poco comprensibile – si continuavano a svolgere le azioni di sgombero, messa in sicurezza, recupero, ricostruzione.
Sono trascorsi due inverni, ci siamo assuefatti alla parola “cratere”, tutto il territorio del Parco dei Sibillini ha cambiato aspetto, la terra martirizzata germoglia, l’atmosfera è aliena.

Corale è un progetto – finanziato da MiBact, Regione Umbria, Teatro Stabile dell’Umbria e Indisciplinarte – che dal novembre 2016 è attivo sul territorio di Preci e che si propone di utilizzare l’arte come strumento di ripristino di uno spazio pubblico partecipato.
Nel corso del 2017 si sono svolte varie azioni preparatorie, poi confluite in un lungo evento estivo, Il primo rito, articolato in attività laboratoriali, esplorazioni del territorio, creazione di un “accampamento artistico” e di oggetti di arredo, bonifica di uno spazio incolto per renderlo un giardino, infiltrazioni nelle feste patronali. Una sorta di «hackeraggio delicato» nelle tradizioni di comunità, un operato che si inserisce nella dimensione carsica e traumatizzata del luogo e in quella, complessa, della collettività che lo anima, contaminandone le pratiche. Tutti i materiali sono raccolti in un sito web che si presenta come un vero e proprio archivio dinamico delle attività svolte, che vuole legare intensamente il racconto testimoniale e creativo a quello per immagini.

L’estate 2018 si dispiega nel segno di una lunga residenza produttiva – partita il 15 maggio, che si concluderà il 25 luglio – che vedrà tre “momenti di intensità”, aperti al pubblico (13/15 giugno, 29-30 giugno/1 luglio, 13/15 luglio). Tra gli artisti coinvolti nel progetto (ospitati in un villaggio temporaneo costruito da Mael Veisse) ci sono Teatro delle Ariette, Mariangela Gualtieri/Teatro Valdoca, Teatro delle Briciole, Gosie Vervollsen e Christina Stadlbauer.
Abbiamo raggiunto al telefono Leonardo Delogu che è coordinatore e membro del gruppo curatoriale, composto da Daria Menichetti, Emiliano Pergolari, Michele Bandini, Mael Veisse, Vincenzo Schino, Marta Bichisao, Angelo Carchidi e Carolina Balucani.

Co-Creation of Rituals for the Earthquake Area. Questo è il sottotitolo di Corale. Parlami del ruolo del “rituale” all’interno del lavoro che state portando avanti.
Per “rituale” vogliamo intendere una dimensione collettiva e di iperattenzione. Nelle settimane successive al sisma ci siamo interrogati sulla possibilità di portare in questi luoghi qualcosa di ulteriore rispetto alle pratiche di ricostruzione fisica, che andasse in direzione della ricostruzione di una comunità. L’arte può sicuramente svolgere questa funzione, si è trattato di capirne il posizionamento, a partire dalla concezione di “ferita”. Il rituale è uno strumento che è affiorato poco a poco: la messa a fuoco del trauma ha preteso un tempo lungo, una nostra permanenza nei luoghi costante e silenziosa.

In quale fasi si è articolato il lavoro di questi diciannove mesi e come si sta svolgendo adesso, che siete all’avvio di una lunga residenza produttiva?
La residenza, appena partita, è solo l’ultimo tassello di un’azione sul territorio che si è svolta in più fasi. A ridosso del terremoto, si è trattato prevalentemente di un’azione di ascolto. Questi luoghi erano come esplosi, e attenzionati dai media, abbiamo impiegato molto tempo a cercare di capire le dinamiche che si stavano creando. Abbiamo scelto di lavorare su Preci, una comunità laterale rispetto a Norcia, oggetto dell’investimento più alto. Grazie ai laboratori abbiamo conosciuto i bambini, abbiamo costruito un giardino e arredamenti per lo spazio pubblico: si è trattato di “inviti ad abitare”, di passi concreti in direzione di una dinamica sociale. La residenza dell’estate scorsa ha ricevuto una risposta molto generosa e ha segnato il primo vero ingresso in comunità, che ci ha permesso di progettare i cinque laboratori invernali (Teatro, Danza, Coro, Bambini e Video) e – invitando anche artisti nazionali e internazionali – di costruire una proposta culturale estiva capace di attrarre persone. Ci sono state varie fasi di adesione: dopo l’entusiasmo iniziale, un lungo momento immersivo, più problematico, in cui siamo venuti contatto con i nervi scoperti di questa popolazione. Allo stesso tempo, però, la messa a disposizione di vari linguaggi ha permesso alle persone di orientarsi sulla base di quello che sentivano più vicino e ha offerto loro una dimensione di espressione ed esposizione, però molto protetta.

Quale credi che sia la specificità di un intervento “performativo”, rispetto ai tanti di sostegno e di cura che possono e potranno essere proposti al territorio?
Ritengo che la qualità corporale di molti dei linguaggi messi in campo ci abbia permesso di incontrare davvero l’urgenza delle persone, pur avendo scelto di non toccare mai in maniera diretta la questione del terremoto. Anche la nostra partecipazione alla vita locale, il nostro lasciarci riconoscere come presenze non di passaggio, rientra a tutti gli effetti in una linea curatoriale, non intellettuale. Dal 15 giugno al 15 luglio sarà visitabile il Museo delle cose splendide, un museo diffuso, sul modello del Museo dell’innocenza di Orhan Pamuk, che raccoglierà oggetti – densi di un significato simbolico, sacrale, magico per i bambini – capaci di agire come grimaldelli, di vincere alcune resistenze emozionali.

Corale mi sembra a tutti gli effetti un cantiere aperto. Qual è il futuro che immaginate per il progetto?
Siamo molto concentrati sulla natura processuale di questo lavoro, perché le fasi si sono sempre aperte con gradualità e consequenzialità. Ci saranno questi tre momenti di restituzione pubblica, nominati rispettivamente separazione, trasformazione, re-integrazione: sono i tre stadi del rito, così come codificati dall’artista e curatrice belga Barbara Raes, che ha accompagnato il progetto. Sarà un grande evento pubblico, davvero partecipato: non lo chiamiamo festival, lo chiamiamo festa.
Dopo l’estate, si tratterà ancora una volta di auto-convocarci a un tavolo di lavoro e di ricostruire tutto, confidando nel sostegno dei nostri finanziatori. Ci rendiamo conto che si tratta di un progetto fuori scala per uno Stabile e di quanto sia diverso da un progetto produttivo classico. Io credo sia un lavoro al quale siamo chiamati ancora per un po’ di tempo, abbiamo un grande desiderio di futuro.

Ilaria Rossini

Programma

13-15 giugno (separazione)
Opening Museo delle cose splendide
Opera, Grandmother – installazione
Teatro delle Briciole, Con la bambola in tasca – spettacolo
Daria Menichetti, Meru – spettacolo
+ concerti/djset /Karaoke/cene/ camminate

29-30 giugno/1 luglio (trasformazione)
Museo delle cose splendide
Zimmerfrei, Familyaffair – installazione
Miss Lola and the pineapples – concerto
Mariangela Gualtieri, Portar bene – lettura nelle case
+ concerti/djset /Karaoke/cene/ camminate

13-15 luglio (re-integrazione)
Skifanoia – concerto
Teatro delle Ariette, Estate.fine – spettacolo
Gosie Vervollsen, Il cielo in una stanza – eating landscape
Christina Staudbauder, Corallina – workshop di kintsugi
+ concerti/djset /Karaoke/cene/ camminate

Gruppo curatoriale: Leonardo Delogu, Daria Menichetti, Emiliano Pergolari, Michele Bandini, Mael Veisse, Vincenzo Schino, Marta Bichisao, Angelo Carchidi, Carolina Balucani

Organizzazione: Francesca Agabiti
Tecnica: Giovanni Marocco
Sostenuto da Mibact, Regione Umbria, Teatro stabile dell’Umbria, Indisciplinarte.

https://coralesite.blog/

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Ilaria Rossini
Ilaria Rossini
Ilaria Rossini ha studiato ‘Letteratura italiana e linguistica’ all’Università degli Studi di Perugia e conseguito il titolo di dottore di ricerca in ‘Comunicazione della letteratura e della tradizione culturale italiana nel mondo’ all’Università per Stranieri di Perugia, con una tesi dedicata alla ricezione di Boccaccio nel Rinascimento francese. È giornalista pubblicista e scrive sulle pagine del Messaggero, occupandosi soprattutto di teatro e di musica classica. Lavora come ufficio stampa e nell’organizzazione di eventi culturali, cura una rubrica di recensioni letterarie sul magazine Umbria Noise e suoi testi sono apparsi in pubblicazioni scientifiche e non. Dal gennaio 2017 scrive sulle pagine di Teatro e Critica.

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