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La Morte che maschera ha? Il Teatro dei Gordi

Sulla morte senza esagerare, del Teatro dei Gordi. Visto al Quarticciolo di Roma. Recensione

Foto Marta Perroni

Ancora una volta mi trovo a scrivere di una compagnia milanese ospitata qui a Roma per una replica di uno spettacolo che meriterebbe un pubblico numeroso e attento. Il sistema del capoluogo lombardo sembra funzionare decisamente meglio del disordinato circuito romano, tanto che spettacoli premiati e in grado di avere un proprio pubblico sui navigli quando arrivano a Roma sono costretti a una manciata striminzita di date. È accaduto al Teatro Quarticciolo la settimana scorsa nella data secca del Teatro dei Gordi che ha registrato il tutto esaurito nel teatro diretto da Veronica Cruciani, sempre attento, nonostante le esigue forze a disposizione, a ciò che accade fuori dalla città.

Quella dei Gordi è una compagnia numerosa che in questo caso si è presentata con quattro dei suoi attori: giovani e diplomati alla Paolo Grassi sono interpreti di un lavoro pregevole per stile ed eleganza di esecuzione. Sulla morte senza esagerare è una piccola parabola delicata e leggermente surreale sulla morte, ma anche una sfida al linguaggio teatrale, alle possibilità evocative di una scena senza l’ausilio della parola; sfida interessante in un momento storico nel quale il teatro sembra incapace di volerne fare a meno. Gli esperimenti dei Gordi, come quelli di Teatropersona o di altri gruppi in grado di lavorare sull’immagine, le increspature di senso che queste possono determinare nella scatola scenica e sulla percezione degli spettatori – si veda in questo senso anche Dispensa Barzotti – fanno ben sperare nel futuro di una tradizione a rischio.

Foto Marta Perroni

In Sulla morte senza esagerare come segno principale del loro fare teatro i Gordi utilizzano  le maschere (opera di Ilaria Ariemme); la volontà di raccontare piccole e grandi relazioni tra i personaggi e la cura per il dettaglio con cui queste relazioni vengono rappresentate ricordano i maestri tedeschi di Familie Flöz: la strada è ancora lunga per gli artisti milanesi prima di potersi avvicinare a quel tipo di traguardo determinato non solo da un’esperienza pluriennale ma anche da possibilità produttive di portata totalmente differente.

Ma il solco è tracciato e Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti, Matteo Vitanza, con la regia di Riccardo Pippa, lo occupano con delicatezza anche quando si tratta di lavorare con un tema come la morte. Lei, appunto, è rappresentata da un omino in pantaloni grigi, camicia e cardigan azzurro, la maschera non poteva essere che quella del teschio. Un impiegatuccio che occupa lo spazio e il tempo che dividono gli umani dalle sofferenze terrene a un possibile aldilà. In questo confine c’è il nostro uomo, che concede alla tradizione iconografica il copricapo nero ma senza vestire mantelli e senza brandire falci, d’altronde è pur sempre un ufficiale preposto. In mezzo al palco una panchina, sulla quale cercherà di riposarsi in attesa della vittima successiva tentando di accendersi un sigaro che ogni volta sistemerà in uno dei buchi aperti, gli occhi, senza riuscire mai ad accenderlo.

Foto Marta Perroni

Da destra entrano uomini e donne in procinto di esalare l’ultimo respiro, c’è un lampione che lampeggia come avvertimento: un uomo un po’ in là con l’età, disegnato in una maschera azzurrognola a indicare la violenza auto perpetrata dalla corda che ha al collo, veste un impermeabile e degli occhialini che lo fanno sembrare un vecchio politico da Prima Repubblica, e entra più volte misurandosi con un tentato suicidio al quale la morte non potrà mai dare il colpo di grazia. L’ufficiale del dolce decesso agisce in modo plateale: suona una campana invisibile, con un gesto delle braccia fa partire l’ultima musica che le orecchie del condannato ascolteranno e, in caso di trapasso, sfila con compostezza e rispetto la maschera dei malcapitati facendoli uscire dal lato opposto dal quale sono entrati. Ma prima è un incontro col mistero, che può diventare anche grottesco e divertente, una sorta di sfida nella quale la morte non agisce fin quando l’altro non si muove verso il teschio: deve esserci l’accettazione della fine e nessuna possibilità ulteriore.

Foto Marta Perroni

In questa sorta di limbo surreale non ci sono croci o altri simboli inquadrabili in un preciso panorama religioso, se non le ali di un angelo che svolge le funzioni di una sorta di tecnico/controllore dell’operato di cui è responsabile l’impiegato. Come un addetto al controllo qualità scruta lo svolgimento e compila schede su un taccuino, sembra irreprensibile finché non si lascia andare in danze sfrenate.

I quattro interpreti – che aspettiamo di rivedere in future occasioni nelle quali sia possibile mettere alla prova la leggerezza del linguaggio con una complessità drammaturgica maggiore – creano da subito una spiccata relazione con il pubblico, prima con semplici sguardi e posture e poi, dopo gli applausi, mettendo a disposizione il loro tempo con un gesto atipico: adagiano le maschere sulla panchina che intanto viene spostata in proscenio; gli spettatori subito si incontrano in un folto gruppo sotto al palco, possono toccare le maschere parlare con gli artisti. E così uno spettacolo sulla morte diviene un momento di incontro, scoperta e grande vitalità.

Andrea Pocosgnich

Teatro Quarticciolo, aprile 2018

SULLA MORTE SENZA ESAGERARE
ideazione e regia Riccardo Pippa
di e con Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti, Matteo Vitanza
scene, maschere e costumi Ilaria Ariemme
disegno luci Giuliano Bottacin
cura del suono Luca De Marinis
organizzazione Camilla Galloni, Monica Giacchetto
co-produzione Teatro dei Gordi – TIEFFE Teatro Milano
con il sostegno di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo – Progetto Next – Laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo – Armunia – Campo Teatrale di Milano – Centro Artistico Il Grattacielo – Centro Teatrale MaMiMò- Mo-wan teatro – Sementerie Artistiche – Concentrica 2016 – Asti Teatro

Selezione Visionari Kilowatt Festival e Artificio Como 2016
Vincitore all’unanimità del Premio alla produzione Scintille 2015
Premio Nazionale Giovani Realtà del Teatro 2015, indetto dall’Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine: spettacolo vincitore del Premio Speciale, Premio Giuria Allievi Nico Pepe e Premio del Pubblico

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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